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Contrasto di giudicati nel processo tributario

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Quinta Civile, Sentenza 12 dicembre 2005, n.27343

La Suprema Corte nella pronuncia in oggetto si occupa del tema del giudicato e più in particolare della problematica vertente il contrasto di giudicati.

Il giudicato è il “fenomeno” per cui una sentenza diviene irrevocabile; più nello specifico si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né al regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per Cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395.

È possibile che due o più sentenze, seppur passate in giudicato, siano tra loro contrastanti anche se disquisiscono della stessa fattispecie. Questo è il fenomeno del contrasto di giudicati, che con la sentenza in oggetto si vuole prevenire.

Infatti, nel caso di specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito che non aveva provveduto sulle istanze dei ricorrenti nell’ambito di una controversia relativa al rimborso di quanto pagato in relazione ad un anno di imposta successivo rispetto ad altro anno di imposta precedente, oggetto di contestazione in altro giudizio.

La Corte evidenzia come, nel caso de quo, “secondo i giudici del merito, non v’è alcun dubbio che ci troviamo in presenza di cause connesse, tanto che dall’esito di una di queste dipende l’esito dell’altra, ma proprio questa connessione è la ragione per la quale non si deve far luogo alla riunione dei procedimenti. La conclusione è evidentemente errata, e non tiene conto della esigenza primaria di ogni sistema processuale di prevenire, per quanto possibile, il conflitto di giudicati”. […]

“Come è noto, accanto ai rimedi per eliminare le situazioni di patologia processuale di contrasto di giudicati ( art. 395 c.p.c., n. 5), l’ordinamento prevede rimedi preventivi che, ricorrendone i presupposti di legge, devono essere adottati. Non basta dire, come invece si legge nella sentenza impugnata, che, ad esempio, "la riunione dei procedimenti costituisce esercizio di facoltà discrezionale, la cui omissione non determina nullità". Tale affermazione, di per sè, confonde il concetto della discrezionalità con quello dell’arbitrio, ignora il diritto delle parti alla motivazione e l’obbligo del giudice di rispettare le regole del processo anche quando non siano previste a pena di nullità”.

Ecco che allora viene evidenziato l’erroneo comportamento della Commissione Tributaria, la quale avrebbe dovuto verificare se sussistevano i presupposti per procedere alla riunione dei processi o alla sospensione di uno dei due, cosa che non ha fatto e che invece deve fare, per evitare il rischio che si concludano in maniera difforme.

La Suprema Corte nella pronuncia in oggetto si occupa del tema del giudicato e più in particolare della problematica vertente il contrasto di giudicati.

Il giudicato è il “fenomeno” per cui una sentenza diviene irrevocabile; più nello specifico si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né al regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per Cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395.

È possibile che due o più sentenze, seppur passate in giudicato, siano tra loro contrastanti anche se disquisiscono della stessa fattispecie. Questo è il fenomeno del contrasto di giudicati, che con la sentenza in oggetto si vuole prevenire.

Infatti, nel caso di specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito che non aveva provveduto sulle istanze dei ricorrenti nell’ambito di una controversia relativa al rimborso di quanto pagato in relazione ad un anno di imposta successivo rispetto ad altro anno di imposta precedente, oggetto di contestazione in altro giudizio.

La Corte evidenzia come, nel caso de quo, “secondo i giudici del merito, non v’è alcun dubbio che ci troviamo in presenza di cause connesse, tanto che dall’esito di una di queste dipende l’esito dell’altra, ma proprio questa connessione è la ragione per la quale non si deve far luogo alla riunione dei procedimenti. La conclusione è evidentemente errata, e non tiene conto della esigenza primaria di ogni sistema processuale di prevenire, per quanto possibile, il conflitto di giudicati”. […]

“Come è noto, accanto ai rimedi per eliminare le situazioni di patologia processuale di contrasto di giudicati ( art. 395 c.p.c., n. 5), l’ordinamento prevede rimedi preventivi che, ricorrendone i presupposti di legge, devono essere adottati. Non basta dire, come invece si legge nella sentenza impugnata, che, ad esempio, "la riunione dei procedimenti costituisce esercizio di facoltà discrezionale, la cui omissione non determina nullità". Tale affermazione, di per sè, confonde il concetto della discrezionalità con quello dell’arbitrio, ignora il diritto delle parti alla motivazione e l’obbligo del giudice di rispettare le regole del processo anche quando non siano previste a pena di nullità”.

Ecco che allora viene evidenziato l’erroneo comportamento della Commissione Tributaria, la quale avrebbe dovuto verificare se sussistevano i presupposti per procedere alla riunione dei processi o alla sospensione di uno dei due, cosa che non ha fatto e che invece deve fare, per evitare il rischio che si concludano in maniera difforme.