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Regolamento brevetto unitario europeo: la Corte di Giustizia dà il via alla cooperazione rafforzata tra Stati

 In data 16 aprile 2013 la Corte di Giustizia ha  depositato la sentenza con cui ha rigettato i ricorsi formulati dalla Repubblica Italiana e dal Regno di Spagna contro il regolamento sul brevetto unitario e il regolamento linguistico, dando il via libera ai paesi firmatari della cooperazione rafforzata, alla commissione ed al Consiglio a procedere senza Italia e Spagna, pur prevedendo il trattato di cooperazione la possibilità per i Paesi rimasti fuori di aderire in qualunque momento ancorché nel rispetto di un accordo che tali Paesi non hanno  ritenuto in principio condivisibile e contro il quale si sono battute.

Vediamo quali sono stati i motivi di critica e contestazione addotti dall’Italia e dalla Spagna (i cui ricorsi originariamente indipendenti sono stati poi riuniti dando luogo ad una unica causa) e quali le ragioni di rigetto da parte della Corte.

I motivi di contestazione mossi da Italia e Spagna si possono ricondurre sostanzialmente a  quattro filoni.

Il primo riguarda la competenza ovvero, la carenza di competenza in capo a singoli Stati di poter creare titoli europei per una protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell’Unione. Tale competenza sarebbe invece riservata all’Unione nel suo complesso giacché tali titoli  definirebbero le regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno di cui all’art. 3 paragrafo 1 lett. b) del TFUE per cui è prevista, appunto, una riserva di competenza a favore dell’Unione. Sarebbe, quindi, esclusa una possibilità di cooperazione rafforzata nelle materie di esclusiva competenza dell’Unione, da cui discenderebbe l’illegittimità del provvedimento del Consiglio che ha ratificato l’accordo fra i paesi aderenti al brevetto unitario.

Il parere degli Stati aderenti e del Consiglio, alla base della legittimità del Regolamento approvato,  risiederebbe, invece in una riconduzione della materia della proprietà intellettuale alla disciplina del mercato interno su cui sussiste tra Stati e Unione una competenza concorrente, sicché sarebbe accettabile un accordo di cooperazione rafforzata tra Stati.

La Corte, nel ritenere condivisibile il punto di vista del Consiglio e degli Stati aderenti, ha, invece, chiarito che l’Art. 118 del TFUE (trattato sul funzionamento dell’unione europea) colloca la competenza a creare titoli europei di proprietà intellettuale nell’ambito dell’instaurazione e del  funzionamento del mercato interno, mercato interno per cui, in ragione dell’articolo 4 del  TFUE, sussiste una competenza concorrente fra Stati e Unione. A chiarimento del proprio pensiero la Corte riconosce che le norme in materia di IP sono certamente essenziali per il mantenimento di una concorrenza non falsata sul mercato interno, tuttavia esse non sono “regole di concorrenza” in senso stretto e sfuggono quindi ai lacci dell’art. 3 del TFUE su cui vi è una competenza esclusiva della Corte.

Di conseguenza ne deriva la legittimità, sotto questo profilo, dell’operato degli Stati aderenti, del Consiglio e della Commissione e la competenza del Consiglio ad autorizzare la cooperazione rafforzata.

Tale legittimità di approvazione afferisce, secondo la Corte, anche al regime linguistico, criticato  da Spagna e Italia, giacché il regolamento sul punto sarebbe strettamente discendente, dipendente e sinergico all’Accordo di cooperazione,  e come tale ne seguirebbe le sorti.

Il secondo motivo di contestazione di Italia e Spagna ha, a parere di chi scrive, una certa qual connotazione politica.

Assumono, infatti, Italia e Spagna che la scelta di non proseguire l’iter per un accordo complessivo che vedesse coinvolti tutti Paesi europei, ma di deviare con la sottoscrizione di un Accordo di cooperazione rafforzata che di fatto esclude Italia e Spagna è contrario al principio di ricerca di un’integrazione tra Stati  cui  ogni accordo di cooperazione rafforzata deve, per sua stessa natura, mirare.  In altre parole secondo Italia e Spagna il meccanismo della cooperazione rafforzata sarebbe stato utilizzato nel caso di specie impropriamente, per escludere Italia e Spagna da un negoziato difficile tenuto conto della loro opposizione ad un regime linguistico per loro penalizzante, e per eludere il principio di unanimità. Il fatto che il Trattato FUE preveda sempre all’articolo 118 una base giuridica specifica per la definizione del regime linguistico di un titolo europeo di proprietà intellettuale dimostra come tale aspetto sia al contempo delicato e non secondario. Il fatto che, proprio per escludere una trattativa su questo aspetto, si sia proceduto con un accordo di cooperazione rafforzata concluso e approvato dal Consiglio in tempi rapidi, dimostrerebbe l’uso inappropriato dello strumento anche da parte del Consiglio.

Dal canto loro  gli stati aderenti ed il Consiglio chiariscono di non aver mai precluso o ostacolato la partecipazione di Italia e Spagna  alla cooperazione rafforzata dal che discende che ove esse oggi non ne siano parte é frutto soltanto di una loro scelta e non da motivazioni differenti.

Tale argomentazione ha, essa pure, una valenza di natura politica.

La Corte anche in questo caso aderisce alla posizione del Consiglio affermando che il Trattato prevede la possibilità di una cooperazione rafforzata per l’approvazione della quale, se il Consiglio non dispone diversamente, varranno i voti dei soli Stati aderenti.

Ciò può avvenire  ove si abbia la concreta constatazione che l’unanimità dei consensi non sarebbe raggiunta  in tempi brevi.

Poiché a parere della Corte il Consiglio ha verificato tale circostanza, e effettivamente constatato che  un accordo unanime non sarebbe stato facilmente raggiunto, con un serio pregiudizio del processo di integrazione comunitaria, l’uso della cooperazione rafforzata  tra una parte degli Stati dell’Unione appare legittimo. Peraltro tale accordo non sarebbe neppure in contrasto con la Convenzione sul Brevetto europeo che all’art. 42 prevede la possibilità di un titolo unitario riconosciuto solo tra alcuni Stati per i loro territori.

Non vi sarebbe quindi nessun sviamento di potere ma una scelta legittima, giuridicamente basata su quanto consentito dallo stesso TFUE.

Correlato al secondo motivo  di contestazione di Italia e Spagna è anche il terzo motivo.

A parere di Italia e Spagna l’Unione non avrebbe percorso fino in fondo e con convinzione la strada dell’accordo unanime tra Stati sul regime linguistico del titolo brevettuale unitario. D’altra parte in questo senso propenderebbe il fatto che non è intercorso neppure un periodo di sei mesi tra la proposta del regime linguistico presentata dalla Commissione e la proposta di cooperazione rafforzata.  Pertanto sebbene sia innegabile che Il Consiglio abbia un ampio margine di discrezionalità nel valutare lo stato dei negoziati,  il loro effettivo approfondimento e dunque il fatto che la cooperazione rafforzata sia “l’ultima spiaggia”, è pur vero che in questo caso esso non ha tenuto conto del dato temporale che evidenzia come in realtà al tentativo di accordo unitario sia stato dato poco margine.

Ciò secondo Italia e Spagna costituirebbe una violazione dell’istituto stesso della cooperazione rafforzata.

La Corte anche su questo motivo ritiene la censura non condivisibile.

È evidente, a parere dell’organo di giustizia, che gli interessi dell’Unione ed il processo di integrazione non sarebbero tutelati se ogni tentativo di accordo unitario che non andasse immediatamente a buon fine desse luogo ad una cooperazione rafforzata a scapito della ricerca di un compromesso unitario.

Al contempo però è innegabile come il trattato conferisca al Consiglio la posizione di valutare se gli Stati membri mostrino una volontà di compromesso e siano in condizione di presentare proposte che siano in grado di condurre in tempi ragionevoli ad un accordo unitario. Ove, come nel caso giudicato, il Consiglio rilevi  elementi concordanti che dimostrino come non sia ragionevolmente ipotizzabile il raggiungimento di una normativa per l’Unione nel suo insieme, negare la possibilità di addivenire ad una cooperazione rafforzata tra quegli Stati che intendono perseguirla sarebbe una negazione del principio di integrazione.

Al motivo sopra indicato Italia e Spagna aggiungevano anche una palese violazione del sistema giurisdizionale dell’Unione per aver proceduto il Consiglio ad accettare la cooperazione rafforzata sul titolo unico brevettuale senza determinare contestualmente il regime giurisdizionale applicabile.

A parere della Corte, tuttavia, anche questo argomento non ha pregio. Il Consiglio si sarebbe limitato ad accogliere ed approvare la richiesta di cooperazione rafforzata secondo le linee guida proposte dagli Stati. Starà agli Stati membri, poi, di disciplinare aspetti come la competenza giurisdizionale.

Da ultimo il quarto motivo di contestazione rilevato da Italia e Spagna atteneva ad una pretesa violazione di diversi articoli del TUE e del TFUE.

Italia e Spagna criticavano la convinzione dei Paesi aderenti alla cooperazione da un lato di aver creato un titolo valido nell’Unione e dall’altro di aver così proceduto ad una maggior integrazione. Al contrario per i ricorrenti l’inserimento nell’attuale sistema del Brevetto Europeo di un brevetto unitario nato da una cooperazione rafforzata e dunque non uniforme nell’Unione, sarebbe di ostacolo al meccanismo adottato sino ad oggi e perfettamente funzionante. Ne deriverebbe un conseguente pregiudizio a carico dei due Stati ricorrenti contrario ai principi della cooperazione rafforzata.

Orbene, anche in questo caso la Corte ha ritenuto la posizione assunta dai Paesi aderenti alla cooperazione e dal Consiglio del tutto legittimo e di nessun pregiudizio incombe su Italia e Spagna posto che le stesse possono aderirvi in ogni momento.

A questo punto la situazione per Italia e Spagna è certo delicata, soprattutto perché la norma sul brevetto unitario dovrà essere letta anche alla luce del Trattato sul Tribunale Unico in materia di brevetti a cui l’Europa sta lavorando.

 In data 16 aprile 2013 la Corte di Giustizia ha  depositato la sentenza con cui ha rigettato i ricorsi formulati dalla Repubblica Italiana e dal Regno di Spagna contro il regolamento sul brevetto unitario e il regolamento linguistico, dando il via libera ai paesi firmatari della cooperazione rafforzata, alla commissione ed al Consiglio a procedere senza Italia e Spagna, pur prevedendo il trattato di cooperazione la possibilità per i Paesi rimasti fuori di aderire in qualunque momento ancorché nel rispetto di un accordo che tali Paesi non hanno  ritenuto in principio condivisibile e contro il quale si sono battute.

Vediamo quali sono stati i motivi di critica e contestazione addotti dall’Italia e dalla Spagna (i cui ricorsi originariamente indipendenti sono stati poi riuniti dando luogo ad una unica causa) e quali le ragioni di rigetto da parte della Corte.

I motivi di contestazione mossi da Italia e Spagna si possono ricondurre sostanzialmente a  quattro filoni.

Il primo riguarda la competenza ovvero, la carenza di competenza in capo a singoli Stati di poter creare titoli europei per una protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell’Unione. Tale competenza sarebbe invece riservata all’Unione nel suo complesso giacché tali titoli  definirebbero le regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno di cui all’art. 3 paragrafo 1 lett. b) del TFUE per cui è prevista, appunto, una riserva di competenza a favore dell’Unione. Sarebbe, quindi, esclusa una possibilità di cooperazione rafforzata nelle materie di esclusiva competenza dell’Unione, da cui discenderebbe l’illegittimità del provvedimento del Consiglio che ha ratificato l’accordo fra i paesi aderenti al brevetto unitario.

Il parere degli Stati aderenti e del Consiglio, alla base della legittimità del Regolamento approvato,  risiederebbe, invece in una riconduzione della materia della proprietà intellettuale alla disciplina del mercato interno su cui sussiste tra Stati e Unione una competenza concorrente, sicché sarebbe accettabile un accordo di cooperazione rafforzata tra Stati.

La Corte, nel ritenere condivisibile il punto di vista del Consiglio e degli Stati aderenti, ha, invece, chiarito che l’Art. 118 del TFUE (trattato sul funzionamento dell’unione europea) colloca la competenza a creare titoli europei di proprietà intellettuale nell’ambito dell’instaurazione e del  funzionamento del mercato interno, mercato interno per cui, in ragione dell’articolo 4 del  TFUE, sussiste una competenza concorrente fra Stati e Unione. A chiarimento del proprio pensiero la Corte riconosce che le norme in materia di IP sono certamente essenziali per il mantenimento di una concorrenza non falsata sul mercato interno, tuttavia esse non sono “regole di concorrenza” in senso stretto e sfuggono quindi ai lacci dell’art. 3 del TFUE su cui vi è una competenza esclusiva della Corte.

Di conseguenza ne deriva la legittimità, sotto questo profilo, dell’operato degli Stati aderenti, del Consiglio e della Commissione e la competenza del Consiglio ad autorizzare la cooperazione rafforzata.

Tale legittimità di approvazione afferisce, secondo la Corte, anche al regime linguistico, criticato  da Spagna e Italia, giacché il regolamento sul punto sarebbe strettamente discendente, dipendente e sinergico all’Accordo di cooperazione,  e come tale ne seguirebbe le sorti.

Il secondo motivo di contestazione di Italia e Spagna ha, a parere di chi scrive, una certa qual connotazione politica.

Assumono, infatti, Italia e Spagna che la scelta di non proseguire l’iter per un accordo complessivo che vedesse coinvolti tutti Paesi europei, ma di deviare con la sottoscrizione di un Accordo di cooperazione rafforzata che di fatto esclude Italia e Spagna è contrario al principio di ricerca di un’integrazione tra Stati  cui  ogni accordo di cooperazione rafforzata deve, per sua stessa natura, mirare.  In altre parole secondo Italia e Spagna il meccanismo della cooperazione rafforzata sarebbe stato utilizzato nel caso di specie impropriamente, per escludere Italia e Spagna da un negoziato difficile tenuto conto della loro opposizione ad un regime linguistico per loro penalizzante, e per eludere il principio di unanimità. Il fatto che il Trattato FUE preveda sempre all’articolo 118 una base giuridica specifica per la definizione del regime linguistico di un titolo europeo di proprietà intellettuale dimostra come tale aspetto sia al contempo delicato e non secondario. Il fatto che, proprio per escludere una trattativa su questo aspetto, si sia proceduto con un accordo di cooperazione rafforzata concluso e approvato dal Consiglio in tempi rapidi, dimostrerebbe l’uso inappropriato dello strumento anche da parte del Consiglio.

Dal canto loro  gli stati aderenti ed il Consiglio chiariscono di non aver mai precluso o ostacolato la partecipazione di Italia e Spagna  alla cooperazione rafforzata dal che discende che ove esse oggi non ne siano parte é frutto soltanto di una loro scelta e non da motivazioni differenti.

Tale argomentazione ha, essa pure, una valenza di natura politica.

La Corte anche in questo caso aderisce alla posizione del Consiglio affermando che il Trattato prevede la possibilità di una cooperazione rafforzata per l’approvazione della quale, se il Consiglio non dispone diversamente, varranno i voti dei soli Stati aderenti.

Ciò può avvenire  ove si abbia la concreta constatazione che l’unanimità dei consensi non sarebbe raggiunta  in tempi brevi.

Poiché a parere della Corte il Consiglio ha verificato tale circostanza, e effettivamente constatato che  un accordo unanime non sarebbe stato facilmente raggiunto, con un serio pregiudizio del processo di integrazione comunitaria, l’uso della cooperazione rafforzata  tra una parte degli Stati dell’Unione appare legittimo. Peraltro tale accordo non sarebbe neppure in contrasto con la Convenzione sul Brevetto europeo che all’art. 42 prevede la possibilità di un titolo unitario riconosciuto solo tra alcuni Stati per i loro territori.

Non vi sarebbe quindi nessun sviamento di potere ma una scelta legittima, giuridicamente basata su quanto consentito dallo stesso TFUE.

Correlato al secondo motivo  di contestazione di Italia e Spagna è anche il terzo motivo.

A parere di Italia e Spagna l’Unione non avrebbe percorso fino in fondo e con convinzione la strada dell’accordo unanime tra Stati sul regime linguistico del titolo brevettuale unitario. D’altra parte in questo senso propenderebbe il fatto che non è intercorso neppure un periodo di sei mesi tra la proposta del regime linguistico presentata dalla Commissione e la proposta di cooperazione rafforzata.  Pertanto sebbene sia innegabile che Il Consiglio abbia un ampio margine di discrezionalità nel valutare lo stato dei negoziati,  il loro effettivo approfondimento e dunque il fatto che la cooperazione rafforzata sia “l’ultima spiaggia”, è pur vero che in questo caso esso non ha tenuto conto del dato temporale che evidenzia come in realtà al tentativo di accordo unitario sia stato dato poco margine.

Ciò secondo Italia e Spagna costituirebbe una violazione dell’istituto stesso della cooperazione rafforzata.

La Corte anche su questo motivo ritiene la censura non condivisibile.

È evidente, a parere dell’organo di giustizia, che gli interessi dell’Unione ed il processo di integrazione non sarebbero tutelati se ogni tentativo di accordo unitario che non andasse immediatamente a buon fine desse luogo ad una cooperazione rafforzata a scapito della ricerca di un compromesso unitario.

Al contempo però è innegabile come il trattato conferisca al Consiglio la posizione di valutare se gli Stati membri mostrino una volontà di compromesso e siano in condizione di presentare proposte che siano in grado di condurre in tempi ragionevoli ad un accordo unitario. Ove, come nel caso giudicato, il Consiglio rilevi  elementi concordanti che dimostrino come non sia ragionevolmente ipotizzabile il raggiungimento di una normativa per l’Unione nel suo insieme, negare la possibilità di addivenire ad una cooperazione rafforzata tra quegli Stati che intendono perseguirla sarebbe una negazione del principio di integrazione.

Al motivo sopra indicato Italia e Spagna aggiungevano anche una palese violazione del sistema giurisdizionale dell’Unione per aver proceduto il Consiglio ad accettare la cooperazione rafforzata sul titolo unico brevettuale senza determinare contestualmente il regime giurisdizionale applicabile.

A parere della Corte, tuttavia, anche questo argomento non ha pregio. Il Consiglio si sarebbe limitato ad accogliere ed approvare la richiesta di cooperazione rafforzata secondo le linee guida proposte dagli Stati. Starà agli Stati membri, poi, di disciplinare aspetti come la competenza giurisdizionale.

Da ultimo il quarto motivo di contestazione rilevato da Italia e Spagna atteneva ad una pretesa violazione di diversi articoli del TUE e del TFUE.

Italia e Spagna criticavano la convinzione dei Paesi aderenti alla cooperazione da un lato di aver creato un titolo valido nell’Unione e dall’altro di aver così proceduto ad una maggior integrazione. Al contrario per i ricorrenti l’inserimento nell’attuale sistema del Brevetto Europeo di un brevetto unitario nato da una cooperazione rafforzata e dunque non uniforme nell’Unione, sarebbe di ostacolo al meccanismo adottato sino ad oggi e perfettamente funzionante. Ne deriverebbe un conseguente pregiudizio a carico dei due Stati ricorrenti contrario ai principi della cooperazione rafforzata.

Orbene, anche in questo caso la Corte ha ritenuto la posizione assunta dai Paesi aderenti alla cooperazione e dal Consiglio del tutto legittimo e di nessun pregiudizio incombe su Italia e Spagna posto che le stesse possono aderirvi in ogni momento.

A questo punto la situazione per Italia e Spagna è certo delicata, soprattutto perché la norma sul brevetto unitario dovrà essere letta anche alla luce del Trattato sul Tribunale Unico in materia di brevetti a cui l’Europa sta lavorando.