x

x

Misure di straordinaria e temporanea gestione dell’impresa per fatti corruttivi

Articolo 32 del Decreto Legge 90/2014
Composition 8, Vassily_Kandinsky, 1923, Guggenheim Museum,_New_York
Composition 8, Vassily_Kandinsky, 1923, Guggenheim Museum,_New_York

Articolo in tre parti

Parte I - Introduzione e presupposti

Indice:

1. L’articolo 32 del Decreto Legge n. 90/2014 

2. Il procedimento amministrativo di applicazione delle misure 

3. I presupposti delle misure: in generale

4. I presupposti delle misure: in dettaglio

4.1 La pendenza di un procedimento penale per fatti corruttivi

4.2 Le situazioni anomale e sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali

4.3 Il terzo presupposto: i “fatti gravi e accertati”

 

1. L’articolo 32 del D.L. 90/2014


L’articolo 32 del Decreto Legge 24 giugno 2014 n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, ha introdotto alcune misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione.
Per quel che interessa in questa sede, il decreto è stato adottato “ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre disposizioni volte a garantire un miglior livello di certezza giuridica, correttezza e trasparenza delle procedure nei lavori pubblici, anche con riferimento al completamento dei lavori e delle opere necessarie a garantire lo svolgimento dell’evento Expo 2015”.

Il Decreto Legge è stato convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114 in vigore dal 19 agosto.


Una prima applicazione dell’articolo 32 è avvenuta con il decreto del Prefetto di Milano del 16 luglio: sull’argomento ci si soffermerà nella Parte III del presente contributo.

Va aggiunto che il 15 luglio scorso è stato stipulato un protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Interno e l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) contenente le “Prime Linee-guida per l’avvio di un circuito stabile e collaborativo tra ANAC, Prefetture, UTG e Enti locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l’attuazione della trasparenza amministrativa” (d’ora in avanti: Linee-guida ANAC-Interno).
Ai fini delle considerazioni che seguono, pare opportuno riportare il testo vigente dell’articolo 32, con le modifiche apportate in sede di conversione evidenziate in grassetto.

“1. Nell’ipotesi in cui l’autorità giudiziaria proceda per i delitti di cui agli articoli 317 c.p., 318 c.p., 319 c.p., 319-bis c.p., 319-ter c.p., 319-quater c.p., 320 c.p., 322, c.p., 322-bis, c.p. 346-bis, c.p., 353 c.p. e 353-bis c.p., ovvero, in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un’impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o ad un contraente generale, il Presidente dell’ANAC ne informa il procuratore della Repubblica e, in presenza di fatti gravi e accertati anche ai sensi dell’articolo 19, comma 5, lett. a) del presente Decreto, propone al Prefetto competente in relazione al luogo in cui ha sede la stazione appaltante, alternativamente:
a) di ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l’impresa non si adegui nei termini stabiliti, di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto d’appalto o della concessione;
b) di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione.


2. Il Prefetto, previo accertamento dei presupposti indicati al comma 1 e valutata la particolare gravità dei fatti oggetto dell’indagine, intima all’impresa di provvedere al rinnovo degli organi sociali sostituendo il soggetto coinvolto e ove l’impresa non si adegui nel termine di trenta giorni ovvero nei casi più gravi, provvede nei dieci giorni successivi con decreto alla nomina di uno o più amministratori, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell’articolo 39, comma 1, del Decreto Legislativo 8 luglio 1999, n. 270. Il predetto decreto stabilisce la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell’opera pubblica, al servizio o alla fornitura oggetto del contratto e comunque non oltre il collaudo.

3. Per la durata della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, sono attribuiti agli amministratori tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell’impresa ed è sospeso l’esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari dell’impresa. Nel caso di impresa costituita in forma societaria, i poteri dell’assemblea sono sospesi per l’intera durata della misura.

4. L’attività di temporanea e straordinaria gestione dell’impresa è considerata di pubblica utilità ad ogni effetto e gli amministratori rispondono delle eventuali diseconomie dei risultati solo nei casi di dolo o colpa grave.

5. Le misure di cui al comma 2 sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di provvedimento che dispone la confisca, il sequestro o l’amministrazione giudiziaria dell’impresa nell’ambito di procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione ovvero dispone l’archiviazione del procedimento. L’autorità giudiziaria conferma, ove possibile, gli amministratori nominati dal Prefetto.

6. Agli amministratori di cui al comma 2 spetta un compenso quantificato con il decreto di nomina sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’articolo 8 del Decreto Legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell’impresa.

7. Nel periodo di applicazione della misura di straordinaria e temporanea gestione di cui al comma 2, i pagamenti all’impresa sono corrisposti al netto del compenso riconosciuto agli amministratori di cui al comma 2 e l’utile d’impresa derivante dalla conclusione dei contratti d’appalto di cui al comma 1, determinato anche in via presuntiva dagli amministratori, è accantonato in apposito fondo e non può essere distribuito ne’ essere soggetto a pignoramento, sino all’esito dei giudizi in sede penale ovvero, nei casi di cui al comma 10, dei giudizi di impugnazione o cautelari riguardanti l’informazione antimafia interdittiva.

8. Nel caso in cui le indagini di cui al comma 1 riguardino componenti di organi societari diversi da quelli di cui al medesimo comma è disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell’impresa. Il Prefetto provvede, con decreto, adottato secondo le modalità di cui al comma 2, alla nomina di uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui di cui al regolamento adottato ai sensi dell’articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, con il compito di svolgere funzioni di sostegno e monitoraggio dell’impresa. A tal fine, gli esperti forniscono all’impresa prescrizioni operative, elaborate secondo riconosciuti indicatori e modelli di trasparenza, riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno e agli organi amministrativi e di controllo.

9. Agli esperti di cui al comma 8 spetta un compenso, quantificato con il decreto di nomina, non superiore al cinquanta per cento di quello liquidabile sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell’impresa.

10. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all’articolo 94, comma 3, del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159. In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il Presidente dell’ANAC. Le stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell’informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l’accoglimento dell’istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell’esito della predetta informazione ai sensi dell’articolo 91, comma 5, del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, anche a seguito dell’adeguamento dell’impresa alle indicazioni degli esperti”.

 

2. Il procedimento amministrativo di applicazione delle misure


Il procedimento di cui all’articolo 32 (commi 1, 2 e 8)[1], richiede l’intervento necessario di due distinte Autorità amministrative: il Presidente dell’ANAC - cui è riservato l’esercizio del potere di proposta - e il Prefetto - che è l’organo decisorio.
In buona sostanza, ci si troverà di fronte ad una duplice motivazione, la prima a sostegno dell’atto propulsivo del Presidente dell’ANAC e la seconda a sostegno del decreto del Prefetto[2] .

Il Prefetto non può, pertanto, adottare d’ufficio il provvedimento, potendo comunque sollecitare il Presidente dell’ANAC ad attivare formalmente la procedura.

Diversa è la procedura di cui al comma 10, laddove si chiarisce che le misure in questione sono adottate in autonomia dal Prefetto, che le comunica al Presidente dell’ANAC[3] : trattasi dell’ipotesi in cui sia stata emessa dal Prefetto un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione.

 

3. I presupposti delle misure: in generale


L’articolo 32, comma 1, prevede due ipotesi alternative nelle quali il Presidente dell’ANAC può attivare la procedura:
- nel caso in cui l’Autorità giudiziaria proceda per i delitti - previsti dal codice penale - di concussione (articolo 317), corruzione per l’esercizio della funzione (articolo 318), corruzione semplice e aggravata per atto contrario ai doveri d’ufficio (articoli 319 e 319-bis), corruzione in atti giudiziari (articolo 319-ter), induzione indebita a dare o promettere utilità (articolo 319-quater), corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (articolo 320), istigazione alla corruzione (articolo 322), peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (articolo 322-bis), traffico di influenze illecite (articolo 346-bis), turbata libertà degli incanti (articolo 353) e del procedimento di scelta del contraente (articolo 353-bis)[4];
- in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un’impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o ad un contraente generale.
La circostanza che la legge preveda expressis verbis l’avverbio “alternativamente”, a proposito dei due presupposti, depone nel senso che le misure possano essere disposte anche a prescindere dalla pendenza di un procedimento penale per fatti corruttivi.
Va, inoltre, evidenziato il terzo presupposto, che, per quanto si dirà, diventa decisivo nell’ambito della procedura amministrativa de qua e, di conseguenza, dinanzi al giudice amministrativo in caso di ricorso avverso il Decreto del Prefetto.
Le due situazioni fattuali alternativamente rilevanti di cui sopra possono determinare l’inizio della procedura e l’adozione delle misure, ma solo in presenza di fatti gravi e accertati.
Come detto, il comma 10 si basa, invece, su diversi presupposti[5].
Si è già menzionato quello costituito dall’emissione, da parte del Prefetto, di un’informazione antimafia interdittiva.
Deve, inoltre, sussistere (ed essere motivata senza ricorrere a formule di stile) “l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici”.
Si noti che tale ultimo riferimento alla necessità di assicurare l’esecuzione o la prosecuzione del contratto non è contenuto nei commi 1 e 2, che interessano in questa sede.

 

4. I presupposti delle misure: in dettaglio


4.1 La pendenza di un procedimento penale per fatti corruttivi


Occorre innanzitutto chiedersi quale sia il significato dell’espressione “Nell’ipotesi in cui l’autorità giudiziaria proceda …”.
Il riferimento all’autorità giudiziaria (che, secondo la terminologia processual-penalistica, comprende sia il pubblico ministero che il giudice) configura come non necessaria la pendenza di un processo penale; è, invece, sufficiente la pendenza di un procedimento penale, anche nella fase delle indagini preliminari, a partire dall’iscrizione della notitia criminis nel registro delle notizie di reato ex articolo 335 c.p.p.
La disposizione in esame non solo non postula, quindi, la pronuncia di una sentenza di condanna, anche non definitiva[6], ma neppure l’esercizio dell’azione penale e, quindi, l’acquisizione della qualifica di imputato da parte della persona coinvolta.
In un Dossier del Servizio Studi del Senato[7] si parla di misure per la gestione di imprese aggiudicatarie di appalti pubblici “indagate per delitti contro la P.A.”[8]; inoltre nello stesso documento si spiega che l’articolo 32 prevede, anziché l’amministrazione straordinaria temporanea, la possibile nomina di esperti da parte del Prefetto per svolgere funzioni di sostegno e monitoraggio dell’impresa, “se le citate indagini penali” riguardano membri di organi societari diversi da quelli dell’impresa aggiudicataria dell’appalto.
E’ necessario, tuttavia, ricordare che la pendenza del procedimento penale può portare all’attivazione della procedura amministrativa solo in presenza di “fatti gravi ed accertati” (cfr. sub 4.3).
Occorre, poi, precisare quali debbano essere le persone fisiche sottoposte a procedimento penale, al fine di consentire al Presidente dell’ANAC l’attivazione della procedura.
A questi fini soccorre la lettera a) del comma 1, laddove, a proposito dell’amministrazione temporanea e straordinaria, si parla di “rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto”.
Deve, pertanto, trattarsi di soggetti che compongono organi sociali[9].
Come è noto, gli organi sociali (rectius: societari), ai sensi del codice civile, sono – per le società di capitali - l’assemblea, l’organo amministrativo (consiglio di amministrazione o amministratore unico) e il collegio sindacale.
L’articolo 32 comma 1 si riferisce, invece, ai soli membri dell’organo amministrativo, il quale soltanto ha funzioni gestorie, che costituiscono, con tutta evidenza, il bersaglio della disposizione in commento.
In questo senso le Linee-guida ANAC-Interno, che specificano che per organi sociali si intendono gli organi “propriamente” titolari dei poteri di amministrazione[10].
Ulteriore problema sulla nozione in discorso è posto dal comma 8: le misure di sostegno e monitoraggio ivi previste possono essere disposte se le indagini penali riguardano “organi societari diversi da quelli indicati nel comma 1”.
Come deve intendersi questa espressione?
Secondo i Dossier del Servizio Studi n. 196 e 196/1 (25 giugno 2014) si tratterebbe dei membri di organi societari “diversi da quelli dell’impresa aggiudicataria dell’appalto”.
L’affermazione non è condivisibile, posto che la normativa si riferisce all’impresa aggiudicataria (nella versione definitiva anche al contraente generale e al concessionario di lavori pubblici) e non ad altre imprese.
L’espressione sembra doversi intendere come riferita agli organi societari diversi da quelli titolari di poteri di gestione: in breve i sindaci e i soci.

 

4.2 Le situazioni anomale e sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali


Davvero fumoso e, quindi, ad avviso di chi scrive, insufficiente in ottica di certezza del diritto e di tutela del diritto di difesa dell’”impresa-bersaglio”, il secondo presupposto (comma 1, lett. b.).
Cosa deve intendersi per “rilevate situazioni anomale” e comunque “sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali”?
In sede parlamentare, nel corso dei lavori di conversione del D.L., è stata proposta l’eliminazione del presupposto in esame, anche sulla base delle (condivisibili) osservazioni critiche di Confindustria[11].

Stando al testo di legge, la procedura de qua potrebbe essere attivata dal Presidente dell’ANAC anche a prescindere da qualsivoglia procedimento penale, proprio grazie al presupposto de quo.
Ad ogni modo, secondo le Linee-guida ANAC-Interno, possono venire in rilievo procedimenti penali relativi a reati distinti da quelli espressamente indicati nell’articolo 32.

“Le circostanze suscettibili di dare luogo ai provvedimenti amministrativi di cui all’articolo 32 comma 1 del citato Decreto Legge 90/2014 debbono essere individuate non solo in fatti riconducibili a reati contro la pubblica amministrazione, ma anche a vicende e situazioni che sono propedeutici alla commissione di questi ultimi o che comunque sono ad esse contigue. Si pensi, a titolo esemplificativo, ai reati di truffa aggravata di cui all’articolo 640-bis c.p., di riciclaggio (articolo 648-bis), a quelli di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ovvero con altri artifici, l’emissione di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti, l’occultamento o la distruzione di documenti contabili finalizzata all’evasione fiscale (articoli 2, 3, 8 e 10 d.lg. 74/2000), i delitti di false comunicazioni sociali (articoli 2621 e 2622 c.c.)”.

In secondo luogo, possono essere valorizzate condotte anticoncorrenziali (collegamenti sostanziali; accordi di desistenza; violazione dei principi di trasparenza nelle gare pubbliche):

“Inoltre non si può escludere che la presenza di situazioni anomale di cui al comma 1 possa essere ricondotta a fattispecie discorsive della regolarità e trasparenza delle procedure di aggiudicazione quali ad esempio: la comprovata sussistenza di collegamenti sostanziali tra imprese partecipanti alla gara; la rilevata sussistenza di accordi di desistenza artatamente orientati a favorire l’aggiudicazione nei confronti di un’impresa; l’accertata violazione dei principi che sorreggono la trasparenza delle procedure ad evidenza pubblica, qualora da elementi di contesto possa formularsi un giudizio di probabile riconducibilità del fatto a propositi di illecita interferenza”.

Infine, per quanto riguarda il grado di accertamento delle “anomalie”, esso può ritenersi inferiore - sempre secondo le citate Linee-guida - alla certezza probatoria tipica del procedimento penale.

“E’ sufficiente, piuttosto, che gli elementi riscontrati siano indicativi della probabilità dell’esistenza dl predette condotte ed eventi, probabilità che deve essere ritenuta sulla base di una valutazione discrezionale delle circostanze emerse, le quali devono essere comunque connotate da tratti di pregnanza ed attualità”.

Ad avviso di chi scrive, il presupposto delle “situazioni anomale e sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali” dovrebbe essere visto come integrativo dell’altro, relativo alla pendenza “qualificata” del procedimento penale.
In altri termini, la motivazione della proposta e quella del decreto applicativo dovrebbero far riferimento a fatti rilevanti emersi nell’ambito di un procedimento penale, ulteriormente “colorati” e rafforzati da altri spunti informativi/investigativi che depongano nel senso di una mancanza di legalità dell’agire dell’impresa[12].
Tale conclusione avrebbe potuto tranquillamente essere sostenuta anche nell’ipotesi in cui il requisito in esame fosse stato espunto dal testo dell’articolo 32.
Al contrario, la sua permanenza nel testo di legge e la sua alternatività rispetto al primo presupposto rendono estremamente critico l’esercizio del potere sostitutivo di amministrazione fondato, in ipotesi, sulla sua sola sussistenza.

 

4.3 Il terzo presupposto: i “fatti gravi e accertati”


Tale requisito, come detto, è da considerarsi aggiuntivo rispetto a quelli appena menzionati (id est: A.G. che procede o rilevate situazioni anomale e sintomatiche di eventi criminali).
Si tratta di requisito pregnante.
Il D.L. lo richiama espressamente come fondamento della proposta del Presidente dell’ANAC: sia con riferimento all’ipotesi di pendenza di un procedimento penale per fatti corruttivi, sia con riguardo all’ipotesi alternativa delle situazioni anomale e sintomatiche di illecito.
Per quanto riguarda la decisione del Prefetto, l’articolo 32 riferisce la (sola) valutazione di “particolare” gravità ai fatti oggetto dell’indagine penale: tuttavia appare prevalente, ad avviso di scrive, il riferimento alla circostanza che il Prefetto debba accertare i “presupposti indicati al comma 1”.
Linee-guida ANAC-Interno:
“Nel contesto delle misure introdotte dall’articolo 32 - destinate ad intervenire in un momento antecedente al giudicato - devono considerarsi “fatti accertati” quelli corroborati da riscontri oggettivi, mentre il requisito della “gravità”, richiamato anche dal comma 2, implica che i fatti stessi abbiano raggiunto un livello di concretezza tale da rendere probabile un giudizio prognostico di responsabilità nei confronti dei soggetti della compagine di impresa per condotte illecite o criminali”.

Il menzionato Dossier del Servizio Studi solleva uno spunto meritevole di attenzione, laddove afferma che “dalla formulazione del comma 1 dell’articolo 32 può evincersi una autonoma valutazione circa la sussistenza di “fatti gravi e accertati” da parte di autorità amministrative (prima da parte del Presidente dell’ANAC e poi del Prefetto), cui consegue l’adozione di misure straordinarie a carico dell’impresa. Tuttavia, l’accertamento di tali fatti di natura penale - anche per le conseguenze ablative che ne derivano - dovrebbe invece derivare da un atto di un’autorità giudiziaria”.

Proviamo a riassumere.
Innanzitutto sulla gravità dei fatti valutati dall’ANAC e dal Prefetto.
Non sembra condivisibile l’approccio delle Linee-guida, secondo le quali il requisito della gravità “implica che i fatti stessi abbiano raggiunto un livello di concretezza tale da rendere probabile un giudizio prognostico di responsabilità nei confronti dei soggetti della compagine di impresa per condotte illecite o criminali”.
Tale ultima opinione riguarda l’accertamento, non la gravità del fatto di reato.
A tal fine, si deve tener conto dei parametri di gravità del reato indicati nell’articolo 133 c.p., con riguardo alle modalità dell’azione, all’intensità del dolo e alla gravità del danno cagionato.
Step successivo: l’accertamento dei fatti.
Se il procedimento penale è in corso, l’accertamento di responsabilità è, per definizione, mancante.
L’interpretazione utile della norma - che avrebbe meritato una scrittura di ben altra caratura - “impone” la lettura datane dalle menzionate Linee-guida: deve trattarsi di fatti dai quali emergano robusti indizi di reità a carico delle persone coinvolte.
Con riferimento al procedimento penale viene senza dubbio in rilievo l’applicazione di misura cautelare personale, che si fonda, appunto, su gravi indizi di colpevolezza (articolo 273 c.p.p.).
Non sembra sufficiente a questi fini l’applicazione di misure cautelari reali ed in particolare del sequestro preventivo a carico dell’indagato, essendo la misura ablativa non fondata su gravi indizi di colpevolezza (articolo 321 c.p.p.).
Il decreto che dispone a giudizio (articolo 429 c.p.p), che non è motivato, viene emesso allorché non sussistano i presupposti per la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere (articolo 425 c.p.p.).
Quindi il rinvio a giudizio viene disposto, in particolare e per quel che qui interessa, se non risulta che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato; inoltre quando gli elementi acquisiti non risultano insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l’accusa in giudizio.
Se queste sono le basi normative, merita approfondimento la ritenuta rilevanza del decreto che dispone il giudizio al fine di integrare il requisito dei “fatti accertati” in esame[13].

(continua)

[1] Le misure previste dall’art 32 verranno esaminate nella Parte II.

[2] Il decreto del Prefetto è l’unico atto impugnabile: la proposta è, invece, atto endo-procedimentale, non direttamente produttivo di effetti giuridici nella sfera di soggetti privati.

[3] Il comma 10 ha già avuto una prima applicazione: decreto del Prefetto di Roma, 7 agosto 2014, nel caso Bplus Giocolegale limited, reperibile sul sito dell’ANAC.

[4] Tranne il traffico di influenze illecite, la turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente, si tratta di reati presupposto della responsabilità dell’ente ex d.lg. 231/2001. 

[5] Sarebbe stato più corretto prevedere, al comma 10, l’applicabilità delle “misure” previste nell’articolo 32 anche ai casi considerati dal comma medesimo e non, invece, l’applicabilità delle “disposizioni” dell’art 32 (che comprendono i requisiti di cui al comma 1, da ritenersi assorbiti da quelli specifici del comma 10).

[6] Per completezza va rilevato che la normativa sui lavori pubblici prevede che:

- ai sensi dell’art 38, comma 1, lett. c) del d.lg. 163/2006, sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di  affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, ne' possono essere affidatari di subappalti, e non  possono  stipulare  i relativi contratti i soggetti nei cui confronti e' stata pronunciata  sentenza  di  condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale  di  condanna  divenuto irrevocabile,  oppure  sentenza  di  applicazione   della   pena   su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 c.p.p., per reati gravi in danno dello Stato o della Comunita'  che  incidono sulla moralita' professionale (e' comunque  causa  di  esclusione  la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o piu' reati  di partecipazione  a  un'organizzazione  criminale,  corruzione,  frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce  2004/18);

- per la risoluzione del contratto da parte della stazione appaltante, ai sensi dell’art 135 del d.lg. 163/2006, occorre una sentenza definitiva di condanna a carico dell'appaltatore per i delitti previsti dall'art 51,  commi  3-bis  e 3-quater, c.p.p., dagli artt  314,  comma 1, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter,  319-quater  e  320  c.p., nonche' per reati di usura, riciclaggio, frodi nei riguardi della stazione appaltante, di  subappaltatori,  di fornitori, di lavoratori o di altri soggetti comunque interessati  ai lavori,  nonche'  per  violazione  degli  obblighi   attinenti   alla sicurezza sul lavoro.

[7] n. 196 (25 giugno 2014)

[8] Va senz’altro stigmatizzata l’imprecisione del riferimento della qualità di “indagato” ad un soggetto giuridico collettivo (impresa). Tale situazione è possibile, ma solo ai sensi del d.lg. 231/2001, normativa che non viene richiamata dall’art. 32 in relazione ai presupposti delle misure ivi previste.

[9] Il riferimento ai componenti degli organi sociali – se intesi stricto sensu - costituirebbe un importante tratto distintivo tra la norma in esame e l’ art 5 del d.lg. 231/2001, che, come noto, contempla i c.d. soggetti apicali, i quali non necessariamente fanno parte degli organi sociali (si pensi ai titolari di funzioni di direzione) e neppure comprendono i sindaci.

[10] E’ da verificare se i futuri provvedimenti in subiecta materia daranno o meno rilevanza alla figura dell’amministratore di fatto.

[11] Secondo Confindustria “occorre considerare che il decreto-legge collega i poteri del Presidente dell'ANAC e del Prefetto a fatti generici e privi di rilevanza. In particolare, si prevede la possibile attivazione di tali poteri anche al di là dell'avvio di indagini penali e in presenza di non meglio precisate “situazioni anomale” o “sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali”, trascurando il fatto che il Presidente dell’ANAC e il Prefetto non sono pubblici ministeri né giudici, non hanno poteri istruttori idonei ad attivarsi in queste situazioni e non offrono le giuste garanzie in termini di difesa dei soggetti coinvolti. Il riferimento a questi presupposti generici andrebbe quindi espunto dal testo”. 

[12] In effetti questo è stato il percorso argomentativo del Prefetto di Milano nel decreto del 16 luglio 2014: cfr. Parte III.

[13] La valutazione diviene evidentemente più complicata se si verte al di fuori di un procedimento penale: la procedura dovrebbe essere attivata sulla base di ritenute anomalie e sospetti di illecito che appaiono lontani dal sostrato probatorio sopra indicato, di per sé già precario.