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Assoluzione dell’ente per responsabilità ex 231: commento di prima lettura

Nota a Tribunale di Milano, Sentenza 17 novembre 2009
Qualche nota di riflessione su questa sentenza che risulta essere la prima applicazione dell’esimente ex art 6 d.lg. 231.

In altri termini: le sorti dell’ente (assolto) sono state divise da quelle degli apicali (rinviati a giudizio).

Il G.U.P. ha così sancito quell’esenzione di responsabilità che in altra ordinanza – risalente al primissimo periodo di applicazione del d.lg. 231 – veniva definita come difficilmente ipotizzabile nella pratica ed integrante un’ipotesi di scuola.

Finalmente uno spiraglio che permette di guardare con rinnovato stimolo al significato e al ruolo dei Modelli organizzativi che, fino ad oggi, hanno esplicato una (limitata) efficacia processuale soltanto in sede di incidente cautelare.

Va innanzitutto evidenziata l’attenzione del Giudicante a porsi – correttamente – nell’ottica della c.d. prognosi postuma, valutando ora per allora l‘idoneità e l’effettiva attuazione del Modello.

I fatti risalgono – tranne che in un caso – al 2003 ed è pertanto sul Modello adottato nel mese di gennaio del 2003 (alla luce delle linee-guida e della best practice dell’epoca) che bisogna soffermare l’attenzione.

Pur condividendo l’impianto complessivo della sentenza e, in ogni caso, l’atteso approdo decisorio, chi scrive ritiene di poter mettere in risalto alcuni passaggi forse non del tutto convincenti e probabilmente “imposti” dalla natura stessa del giudizio abbreviato.

In particolare il G.U.P., a ben vedere, non affronta expressis verbis il tema dell’effettiva attuazione del Modello e nemmeno quello dell’effettiva vigilanza da parte dell’ODV.

Come è noto, per ottenere l’esenzione dalla responsabilità l’ente deve provare non solo:

- di avere adottato un Modello idoneo prima della commissione del reato;

- di avere istituito un ODV;

- che c’è stata elusione fraudolenta del Modello stesso,

ma anche che il Modello adottato è stato effettivamente attuato e che la commissione del reato non sia stata determinata dall’omessa/insufficiente vigilanza dell’ODV.

La lettura della motivazione non consente di ravvisare questi ultimi due elementi indefettibili.

Ciò che si intende dire è che l’effettiva attuazione non può desumersi automaticamente dall’esistenza del Modello e che l’effettiva vigilanza non è conseguenza implicita dell’avvenuta istituzione dell’ODV.

In secondo luogo, qualche parola meritano pure i passi della sentenza dedicati all’elusione fraudolenta del Modello da parte degli apicali.

Si ha l’impressione che le condotte degli apicali siano state di “pura e semplice violazione” del Modello, non di vera e propria “elusione fraudolenta”.

Sin da subito si è operata una distinzione tra violazione del Modello ed elusione fraudolenta dello stesso, intesa come condotta di aggiramento delle prescrizioni del Modello attuata mediante artifizi e raggiri.

Se l’apice commette il reato violando le prescrizioni del Modello si porrà un serio problema riguardo alla sua idoneità e alla sua effettiva/efficace attuazione (del resto gli abusi del management sono ritenuti, dal noto C.O.S.O. Report, un limite intrinseco alla tenuta del sistema di controllo interno): diversamente – o quantomeno in misura ridimensionata – nell’ipotesi di elusione fraudolenta.

In conclusione, non vanno dimenticati due passaggi della sentenza.

Innanzitutto laddove si afferma che “va dato per assodato (che) la sussistenza dell’illecito amministrativo contestato non discende automaticamente dal riconoscimento della commissione del reato – in quanto tale conclusione equivarrebbe a ritenere operante una sorta di "responsabilità oggettiva" dell’ente per gli illeciti penali commessi dai suoi vertici”.

Infine la valorizzazione operata dal Giudicante della “diligenza preventiva” della società imputata, che ha adottato un Modello tempestivamente, tra le prime società in Italia.

Il discorso evidentemente – per l’eadem ratio - potrebbe estendersi alla rapidità di aggiornamento del Modello organizzativo.

Qualche nota di riflessione su questa sentenza che risulta essere la prima applicazione dell’esimente ex art 6 d.lg. 231.

In altri termini: le sorti dell’ente (assolto) sono state divise da quelle degli apicali (rinviati a giudizio).

Il G.U.P. ha così sancito quell’esenzione di responsabilità che in altra ordinanza – risalente al primissimo periodo di applicazione del d.lg. 231 – veniva definita come difficilmente ipotizzabile nella pratica ed integrante un’ipotesi di scuola.

Finalmente uno spiraglio che permette di guardare con rinnovato stimolo al significato e al ruolo dei Modelli organizzativi che, fino ad oggi, hanno esplicato una (limitata) efficacia processuale soltanto in sede di incidente cautelare.

Va innanzitutto evidenziata l’attenzione del Giudicante a porsi – correttamente – nell’ottica della c.d. prognosi postuma, valutando ora per allora l‘idoneità e l’effettiva attuazione del Modello.

I fatti risalgono – tranne che in un caso – al 2003 ed è pertanto sul Modello adottato nel mese di gennaio del 2003 (alla luce delle linee-guida e della best practice dell’epoca) che bisogna soffermare l’attenzione.

Pur condividendo l’impianto complessivo della sentenza e, in ogni caso, l’atteso approdo decisorio, chi scrive ritiene di poter mettere in risalto alcuni passaggi forse non del tutto convincenti e probabilmente “imposti” dalla natura stessa del giudizio abbreviato.

In particolare il G.U.P., a ben vedere, non affronta expressis verbis il tema dell’effettiva attuazione del Modello e nemmeno quello dell’effettiva vigilanza da parte dell’ODV.

Come è noto, per ottenere l’esenzione dalla responsabilità l’ente deve provare non solo:

- di avere adottato un Modello idoneo prima della commissione del reato;

- di avere istituito un ODV;

- che c’è stata elusione fraudolenta del Modello stesso,

ma anche che il Modello adottato è stato effettivamente attuato e che la commissione del reato non sia stata determinata dall’omessa/insufficiente vigilanza dell’ODV.

La lettura della motivazione non consente di ravvisare questi ultimi due elementi indefettibili.

Ciò che si intende dire è che l’effettiva attuazione non può desumersi automaticamente dall’esistenza del Modello e che l’effettiva vigilanza non è conseguenza implicita dell’avvenuta istituzione dell’ODV.

In secondo luogo, qualche parola meritano pure i passi della sentenza dedicati all’elusione fraudolenta del Modello da parte degli apicali.

Si ha l’impressione che le condotte degli apicali siano state di “pura e semplice violazione” del Modello, non di vera e propria “elusione fraudolenta”.

Sin da subito si è operata una distinzione tra violazione del Modello ed elusione fraudolenta dello stesso, intesa come condotta di aggiramento delle prescrizioni del Modello attuata mediante artifizi e raggiri.

Se l’apice commette il reato violando le prescrizioni del Modello si porrà un serio problema riguardo alla sua idoneità e alla sua effettiva/efficace attuazione (del resto gli abusi del management sono ritenuti, dal noto C.O.S.O. Report, un limite intrinseco alla tenuta del sistema di controllo interno): diversamente – o quantomeno in misura ridimensionata – nell’ipotesi di elusione fraudolenta.

In conclusione, non vanno dimenticati due passaggi della sentenza.

Innanzitutto laddove si afferma che “va dato per assodato (che) la sussistenza dell’illecito amministrativo contestato non discende automaticamente dal riconoscimento della commissione del reato – in quanto tale conclusione equivarrebbe a ritenere operante una sorta di "responsabilità oggettiva" dell’ente per gli illeciti penali commessi dai suoi vertici”.

Infine la valorizzazione operata dal Giudicante della “diligenza preventiva” della società imputata, che ha adottato un Modello tempestivamente, tra le prime società in Italia.

Il discorso evidentemente – per l’eadem ratio - potrebbe estendersi alla rapidità di aggiornamento del Modello organizzativo.