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Bergoglio: un papa che solleva polemiche

266. Jorge Mario Bergoglio. Franciscus P.P.
papa Francesco
papa Francesco

La collaborazione del giornalista Aldo Maria Valli con la Liberilibri inizia nel 2016 quando firma la presentazione del volume collettaneo curato da Philip Booth, Dottrina sociale cattolica ed economica di mercato. Nello stesso anno Valli, che è stato a lungo vaticanista del Tg1 e attualmente cura il blog www.aldomariavalli.it, pubblica per i nostri tipi questo saggio che si rivela fin da subito un clamoroso caso editoriale (tanto da arrivare nel giro di un anno alla quarta ristampa) e che, com’era forse prevedibile, fa molto discutere critici e lettori. L’anno seguente il successo si rinnova con l’uscita del racconto distopico Come la Chiesa finì, narrazione ironica e spesso paradossale di una lenta involuzione della Chiesa cattolica sotto il pontificato di trenta papi tutti di nome Francesco e di nazionalità sudamericana, fino all’autodistruzione.

Ma torniamo a 266. A cosa fa riferimento il titolo? Jorge Mario Bergoglio, eletto il 13 marzo 2013, è il pontefice numero 266 nella storia della Chiesa cattolica, il primo papa sudamericano e gesuita, il primo a trovarsi a convivere con un papa emerito e il primo a scegliere per sé il nome di Francesco. Aldo Maria Valli ripercorre i primi anni del suo pontificato attraverso le parole e i discorsi che spesso hanno fatto scalpore e sollevato polemiche.

Seguendolo da vicino come inviato Rai nei suoi numerosi viaggi, ha potuto ascoltare in prima persona le frasi, a volte choc, pronunciate da Francesco nel corso di omelie e conferenze stampa. Questo libro, fortemente critico nei confronti di tali esternazioni, nasce proprio dal disorientamento causato da quelle parole. Al di là dell’entusiasmo e della simpatia di cui Bergoglio sembra godere, esiste un “caso Francesco”. Le contraddizioni, le risposte talora troppo vaghe e approssimative rendono questo papa una vera incognita per i commentatori e per gli uomini di fede. Ma gli equivoci e i famosi “bergoglismi”, si chiede l’Autore, sono dispensati a uso e consumo del mondo mediatico da un abile comunicatore, o sono incauti scivoloni di un uomo ingenuo e superficiale? Il vescovo della povertà e delle periferie, il padre misericordioso che non giudica nessuno lancia slogan ambigui che rendono difficile distinguere la linea sottile fra popolarità e populismo.

 

Ecco alcuni brani estratti dal libro:

 

Non si può poi ignorare una certa tendenza, da parte di Francesco, ad appiattirsi sul comune sentire. Ciò che ho sempre apprezzato nella Chiesa cattolica è la sua capacità di non cedere allo spirito del tempo, di vedere la realtà da una prospettiva diversa rispetto a quanto dice la mentalità dominante. In questo senso, un papa come Benedetto XVI per me è stato un maestro. Quando lanciava i suoi appelli al recupero della vera razionalità, che non ha nulla a che fare con il razionalismo, ma è anzi la capacita di alzare gli occhi al cielo e di indagare sulla verità, Ratzinger mi entusiasmava e mi mostrava orizzonti nuovi. Lo stesso per quanto riguarda la sua lezione a proposito del dialogo ecumenico e interreligioso, che deve necessariamente partire dalla conoscenza di se stessi. Ricordo il coraggio del mite papa Benedetto quando, a Ratisbona, pose apertamente sul tappeto la questione del rapporto tra islam e violenza. Con Francesco invece ho l’impressione che la Chiesa stia rischiando di restare imbrigliata nel mainstream, nel flusso del pensiero più scontato e condiviso. Il grande consenso di cui gode il papa non mi sembra un buon segno. Prendiamo il caso dell’enciclica sulla tutela del creato, la Laudato si’. A parte il fatto che i cambiamenti climatici non mi sembrano un tema da enciclica papale, sembra quasi di leggere un documento di Greenpeace. Nessuno mette in discussione che il cristiano cattolico debba prendersi cura del creato, ci mancherebbe, ma dal papa mi sarei aspettato un’analisi alternativa rispetto a quella corrente. […]

Nel messaggio di Francesco, e qui veniamo a un altro punto delicato, molta attenzione va alle questioni sociali e politiche. In sintesi, possiamo dire che il papa ha lanciato tre ammonimenti forti: contro quella che ha chiamato la «terza guerra mondiale a pezzi», combattuta in varie parti del mondo e pagata a caro prezzo dalle popolazioni civili; contro la «cultura dello scarto» e contro la «globalizzazione dell’indifferenza». Bergoglio chiede un mondo più giusto e più accogliente, dove una terra, una casa e un lavoro siano garantiti a tutti, dove ci siano meno squilibri, gli anziani siano rispettati, i giovani possano costruirsi il futuro, migranti e profughi trovino ponti e non muri, la gente non sia costretta a fuggire alla ricerca di migliori opportunità di vita.

Bergoglio non perde occasione per esprimere la sua contrarietà nei confronti dell’ideologia liberista sostenendo che il libero mercato è di fatto ostile alle ragioni della solidarietà perché impegnato più a difendere la sicurezza e i privilegi di alcuni che a ridurre le differenze fra le fasce più ricche e quelle più povere, fra tutelati e non tutelati, fra chi ha tutto e chi non ha niente. In linea con la sua esperienza argentina, segnata dalla frequentazione diretta dei poveri nelle baraccopoli di Buenos Aires, Bergoglio chiede maggiore equità sociale, stigmatizza le ingiustizie, si batte contro il lavoro schiavo e le varie forme di sfruttamento, denuncia la trasformazione del denaro da strumento a divinità e in certi casi (si veda l’incontro in Vaticano con i movimenti popolari o l’amicizia con Evo Morales, il presidente boliviano dal quale ha accettato in dono un crocifisso a forma di falce e martello) si è spinto molto “a sinistra” rispetto alla tradizionale linea pastorale e diplomatica dei suoi immediati predecessori.

Il primo a rendersene conto è stato lui stesso, tanto è vero che si è giustificato: quando mi batto per il diritto alla terra, alla casa e al lavoro, ha detto durante l’incontro in Vaticano con i movimenti popolari (ottobre 2014), qualcuno mi accusa di essere comunista, ma «l’amore per i poveri è al centro del Vangelo».

Sta di fatto che nel magistero del papa c’è una lettura superficiale, per non dire prevenuta, del mercato.

In Francesco sono presenti abbondanti dosi di populismo. In discussione non c’è tanto la sua adesione alla Teologia del pueblo, quanto le conseguenze che ne fa derivare sul piano sociale, con alcune evidenti semplificazioni e contraddizioni. […] Durante la visita in Bolivia Francesco non ha mai pronunciato una parola sugli errori dei regimi populisti latinoamericani e sul loro contributo alla disuguaglianza. Se lo avesse fatto, avrebbe dovuto concludere che non sempre il popolo opera per il proprio bene. Spesso in America Latina governi eletti a maggioranza si sono dimostrati fallimentari.

Francesco ama parlare di dialogo, tuttavia non sembra disposto a prendere in considerazione le osservazioni di tutti quelli, anche cattolici, che giudicano le sue analisi sociali ed economiche incoerenti e non corrispondenti alla realtà. Bergoglio chiede spesso ai popoli di prendere in mano il proprio destino, ma è vago sulla via da seguire. Forte nella denuncia, lo è meno quando si tratta di proporre soluzioni. Una genericità che emerge anche nel discorso tenuto il 13 giugno 2016 nella sede romana del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, quando chiede di ritrovare la capacita di “sognare” un mondo in cui la fame sia eliminata del tutto e di commuoversi davanti al bisogno.

 

Aldo Maria Valli, 266. Jorge Mario Bergoglio. Franciscus P.P., collana Oche del Campidoglio, pagg. 210, euro 16.00, ISBN 978-88-98094-38-7