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Camillo Sbarbaro, una poesia dedicata al padre

il 12 gennaio 1888 nasceva il grande poeta Camillo Sbarbaro
Camillo Sbarbaro
Camillo Sbarbaro

Camillo Sbarbaro, 134 anni ieri 12 gennaio

Camillo Sbarbaro (Santa Margherita Ligure, 12 gennaio 1888 – Savona, 31 ottobre 1967) è stato un poeta, scrittore e aforista italiano.

Vissuto sempre in Liguria, terra da lui amata, si pose all'attenzione del mondo letterario con la raccolta Pianissimo del 1914 che gli permise un'intensa collaborazione con riviste tra cui La Voce. Nelle sue poesie il disagio esistenziale è sempre espresso con modalità pacate, sommesse; la sua lirica, scarna ed essenziale, descrisse con colori suggestivi i paesaggi liguri, richiamandosi alla tradizione pascoliana.[1] Fu anche erborista e lichenologo di fama internazionale; le sue raccolte di licheni sono state acquistate ed esposte da numerosi musei.

Questa poesia di Camillo Sbarbaro, con la poesia Al padre, di Salvatore Quasimodo, rappresenta una delle più alte forme di poesia d’ispirazione paterna del nostro ‘900.

Questa poesia fa parte della raccolta di Camillo Sbarbaro "Pianissimo". pubblicata la prima volta nel 1914 dalle Edizioni "La voce".

Risulta un atto d’amore di Camillo Sbarbaro nei riguardi del padre a cui il figlio poeta dedica versi densi e ricchi di trasporto. Da questa lirica di memoria emerge l’immagine di un uomo umano e sensibile che potrebbe essere amato anche al di là del fatto di essere il padre, o il suo padre.

Tanta nostalgia in questa poesia, e il rimpianto di un tempo perduto che non torna, Camillo Sbarbaro riesce a dipingere momenti dolci e passati, di una gentilezza unica, sensibili e delicati.

Una poetica antica quella di Camillo Sbarbaro, figlia di Leopardi e imparentata con Baudlaire, ma comunque ricca e necessaria, in cui predomina l’aridità, l’angoscia per la condizione dell’uomo solo e per il suo destino ineluttabile.

Camillo Sbarbaro è questo: delicatezza, sorpresa e dolcezza, per una poesia senza tempo.
 

Padre, se anche tu non fossi il mio

di Camillo Sbarbaro

Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso, egualmente t’amerei.
Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno
che la prima viola sull’opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.

E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella, mia piccola ancora,
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
chè avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia e, tutta spaventata,
tu vacillante l’attiravi al petto
e con carezze dentro le tue braccia
avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che eri il tu di prima.

Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t’amerei.