x

x

Carcerazione ingiusta e separazione dal coniuge: nessun indennizzo

Carcere
Carcere

In caso di separazione dal coniuge durante l’ingiusta carcerazione non spetta alcun indennizzo se non viene indicata “esplicitamente la causa negli atti della separazione”.

In una sentenza della Suprema Corte del 13 gennaio 2021 n. 5812, non massimata, si afferma un principio di prova diabolico.

In pratica non basta allegare la prova che durante la carcerazione patita ingiustamente ti sei separato ma devi dimostrare che la separazione sia motivata dalla carcerazione. Rimane da chiedersi, come puoi dimostrarlo?

Il ricorrente era stato ingiustamente incarcerato per 287 giorni, dopo l’assoluzione aveva presentato la domanda di ingiusta detenzione domandando anche l’indennizzo per la separazione intervenuta durante la carcerazione.

Nel ricorso aveva allegato l’atto di separazione pensando fosse sufficiente per dimostrare il pregiudizio.

Nel caso esaminato il ricorrente lamentava che il giudice della riparazione non avesse tenuto conto, ai fini della quantificazione dell'indennizzo pur concessogli per la ingiusta carcerazione di euro 68.623,00 secondo il criterio aritmetico, dell'intervenuta separazione dalla moglie.

Ebbene, la Corte di legittimità sezione IV n. 5812 del 13 gennaio 2021 ha dato ragione alla Corte territoriale, che aveva negato l’indennizzo per la separazione intervenuta sul rilievo che, con “un argomentare che non risultava incongruo né scollegato dagli atti, la stessa aveva sinteticamente ma sufficientemente motivato che i pregiudizi lamentati non erano stati adeguatamente dimostrati, né era stato dimostrato che gli stessi fossero causalmente connessi all'ingiusta detenzione”.

In relazione al procedimento di separazione personale dei coniugi, la cassazione ha enfatizzato la circostanza “che i giudici della riparazione avevano rilevato che dagli atti della separazione prodotti non si rilevava alcun cenno alla situazione di detenzione del ricorrente”.

In pratica, seguendo il ragionamento dei giudici, il ricorrente avrebbe dovuto scrivere a caratteri cubitali nell’atto di separazione che il suo matrimonio si concludeva a causa della carcerazione che stava subendo ingiustamente.

Oltre la separazione la beffa, infatti la cassazione ha condannato il malcapitato al versamento di euro 3.000,00 alla cassa delle ammende.

Placidamente la Suprema Corte afferma il seguente principio: “Si può perciò oggi affermare che, qualora la parte istante alleghi la sussistenza di danni che travalichino la medietà della lesione -quali ad esempio quelli derivanti da una grave compromissione dell'attività lavorativa, dal prodursi di danni psico-fisici scaturiti dalla detenzione e da particolari situazioni di pubblica esposizione, dovuti al clamore delle accuse e della carcerazione- se è vero che la motivazione che si limiti a determinare il quantum sulla base del criterio meramente aritmetico non può risolversi in una petizione di principio, in quanto l'equità, seppure contiene un elemento di discrezionalità , non può sconfinare nella mera enunciazione (Sez. 4, n. 39773 del 06/06/2019, Rv. 277510) è altrettanto vero che le doglianze fatte valere in ordine alle conseguenze personali devono non solo essere allegate, ma - va ribadito - circostanziate e corroborate da elementi che inducano a ritenere la fondatezza di un rapporto con la carcerazione subita..)”.

Il pregiudizio della separazione devi dimostrarlo e deve risultare “esplicitamente la causa negli atti della separazione”.