Cassazione Civile: diritto alla separazione personale
In particolare, la Corte ha ripercorso le motivazioni delle proprie precedenti pronunce, ribadendo che "partendo da una interpretazione prevalentemente oggettivistica della norma, alla quale ha ancorato il controllo giurisdizionale sulla "intollerabilità" della prosecuzione della convivenza, ha peraltro già avuto modo di affermare che, pur dovendo, ai sensi del novellato articolo 151 Codice Civile, la separazione dei coniugi trovare causa e giustificazione in situazioni di intollerabilità della convivenza oggettivamente apprezzabili e giuridicamente controllabili, per la sua pronuncia non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e di distacco spirituale di una sola delle parti".
La Corte ha poi ricordato la recente sentenza del 14 febbraio 2007, n. 3356, con la quale "ha affermato che, in una visione evolutiva del rapporto coniugale - ritenuto, nello stadio attuale della società, incoercibile e collegato al perdurante consenso di ciascun coniuge - il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare, in base ai fatti obbiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione ed a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, la esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità a carico dell’altro, la convivenza. Ove tale situazione d’intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, questi ha diritto di chiedere la separazione".
Ritornando al caso di specie, la Cassazione ha rilevato che la pronuncia di secondo grado della Corte d’appello "appare conforme a tale interpretazione, che deve ritenersi a sua volta conforme ai principi costituzionali espressi dagli articoli 2 e 29 Costituzione i quali, riconoscendo e tutelando il primo i diritti inviolabili dell’uomo "sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità", e riconoscendo il secondo "i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio", implicano per ciascun coniuge il diritto di ottenere la separazione e interrompere la convivenza ove, per fatti obbiettivi, ancorché non dipendenti da "colpa" dell’altro coniuge o propria, tale convivenza sia per lui di venuta "intollerabile", così da essere divenuto impossibile svolgere adeguatamente la personalità in quella "società naturale" costituita con il matrimonio che è la famiglia"".
(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 9 ottobre 2007, n.21099: Diritto alla separazione personale).
In particolare, la Corte ha ripercorso le motivazioni delle proprie precedenti pronunce, ribadendo che "partendo da una interpretazione prevalentemente oggettivistica della norma, alla quale ha ancorato il controllo giurisdizionale sulla "intollerabilità" della prosecuzione della convivenza, ha peraltro già avuto modo di affermare che, pur dovendo, ai sensi del novellato articolo 151 Codice Civile, la separazione dei coniugi trovare causa e giustificazione in situazioni di intollerabilità della convivenza oggettivamente apprezzabili e giuridicamente controllabili, per la sua pronuncia non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e di distacco spirituale di una sola delle parti".
La Corte ha poi ricordato la recente sentenza del 14 febbraio 2007, n. 3356, con la quale "ha affermato che, in una visione evolutiva del rapporto coniugale - ritenuto, nello stadio attuale della società, incoercibile e collegato al perdurante consenso di ciascun coniuge - il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare, in base ai fatti obbiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione ed a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, la esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità a carico dell’altro, la convivenza. Ove tale situazione d’intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, questi ha diritto di chiedere la separazione".
Ritornando al caso di specie, la Cassazione ha rilevato che la pronuncia di secondo grado della Corte d’appello "appare conforme a tale interpretazione, che deve ritenersi a sua volta conforme ai principi costituzionali espressi dagli articoli 2 e 29 Costituzione i quali, riconoscendo e tutelando il primo i diritti inviolabili dell’uomo "sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità", e riconoscendo il secondo "i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio", implicano per ciascun coniuge il diritto di ottenere la separazione e interrompere la convivenza ove, per fatti obbiettivi, ancorché non dipendenti da "colpa" dell’altro coniuge o propria, tale convivenza sia per lui di venuta "intollerabile", così da essere divenuto impossibile svolgere adeguatamente la personalità in quella "società naturale" costituita con il matrimonio che è la famiglia"".
(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 9 ottobre 2007, n.21099: Diritto alla separazione personale).