Cassazione Civile: il trasferimento fittizio della sede all’estero non salva dal fallimento
La Cassazione ha così ricordato che:
- "l’art. 9 della legge fallimentare, novellato ex D.lgs. 9.1.2006 n. 5, dà compiuta e pregnante attuazione a tale principio, tanto al comma 2 (che tratta della competenza) quanto al successivo comma 5 (che espressamente richiama l’ipotesi dell’imprenditore all’estero); nondimeno, l’art. 25 della legge 218/1995 induce ad affermare che, in mancanza di una effettiva attività imprenditoriale svolta dalla società trasferitasi all’estero (e dunque in presenza di un trasferimento soltanto fittizio) permane la competenza giurisdizionale del giudice italiano;
- l’art. 10 della stessa legge fallimentare consente la dichiarazione di fallimento in Italia entro l’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese (alla ovvia condizione che l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo);
- il combinato disposto delle norme in esame induce a ritenere che la giurisdizione del giudice italiano sia esclusa nei soli casi di effettivo (nonché tempestivo) trasferimento della sede sociale all’estero, e non anche in quelli di trasferimento fittizio o fraudolento".
Mentre nel caso di specie, la Cassazione ha rilevato che "indizi certi, copiosi e univoci depongono concordemente per la natura fittizia del trasferimento della società istante in territorio estero, ed integrano senz’altro i requisiti più volte indicati da questa corte affinché la presunzione assoluta di fittizietà di tale trasferimento possa dirsi legittimamente invocata (requisiti che, come è noto, consistono nel trasferimento della sede legale non accompagnato da alcun reale trasferimento di attività imprenditoriale; nella residenza all’estero del nuovo amministratore; nell’inerenza dell’istanza di fallimento a crediti scaduti prima del momento del trasferimento; nella cessazione dell’attività contestualmente al trasferimento all’estero), ai quali si aggiungono, nel caso di specie, la qualifica di semplice impiegata dell’amministratore della società (abitante e residente in Svizzera, nel Canton Ticino), la allocazione della nuova sede presso una mera casella postale, la motivazione del tutto apodittica del trasferimento all’estero ("dare maggior impulso all’attività sociale")".
La Cassazione ha pertanto concluso che la società che contestava la giurisdizione del giudice italiano "risulta essersi allontanata dall’Italia al solo fine di sottrarsi alle proprie responsabilità patrimoniali, da tempo accertate, da tempo quantificate, da tempo contestate, da tempo richieste dal creditore istante per la dichiarazione di fallimento. Essa soggiace, pertanto, alla giurisdizione del giudice italiano".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite, Ordinanza 13 ottobre 2008, n.25038: Fallimento - Trasferimento all’estero - Fittizietà del trasferimento).
La Cassazione ha così ricordato che:
- "l’art. 9 della legge fallimentare, novellato ex D.lgs. 9.1.2006 n. 5, dà compiuta e pregnante attuazione a tale principio, tanto al comma 2 (che tratta della competenza) quanto al successivo comma 5 (che espressamente richiama l’ipotesi dell’imprenditore all’estero); nondimeno, l’art. 25 della legge 218/1995 induce ad affermare che, in mancanza di una effettiva attività imprenditoriale svolta dalla società trasferitasi all’estero (e dunque in presenza di un trasferimento soltanto fittizio) permane la competenza giurisdizionale del giudice italiano;
- l’art. 10 della stessa legge fallimentare consente la dichiarazione di fallimento in Italia entro l’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese (alla ovvia condizione che l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo);
- il combinato disposto delle norme in esame induce a ritenere che la giurisdizione del giudice italiano sia esclusa nei soli casi di effettivo (nonché tempestivo) trasferimento della sede sociale all’estero, e non anche in quelli di trasferimento fittizio o fraudolento".
Mentre nel caso di specie, la Cassazione ha rilevato che "indizi certi, copiosi e univoci depongono concordemente per la natura fittizia del trasferimento della società istante in territorio estero, ed integrano senz’altro i requisiti più volte indicati da questa corte affinché la presunzione assoluta di fittizietà di tale trasferimento possa dirsi legittimamente invocata (requisiti che, come è noto, consistono nel trasferimento della sede legale non accompagnato da alcun reale trasferimento di attività imprenditoriale; nella residenza all’estero del nuovo amministratore; nell’inerenza dell’istanza di fallimento a crediti scaduti prima del momento del trasferimento; nella cessazione dell’attività contestualmente al trasferimento all’estero), ai quali si aggiungono, nel caso di specie, la qualifica di semplice impiegata dell’amministratore della società (abitante e residente in Svizzera, nel Canton Ticino), la allocazione della nuova sede presso una mera casella postale, la motivazione del tutto apodittica del trasferimento all’estero ("dare maggior impulso all’attività sociale")".
La Cassazione ha pertanto concluso che la società che contestava la giurisdizione del giudice italiano "risulta essersi allontanata dall’Italia al solo fine di sottrarsi alle proprie responsabilità patrimoniali, da tempo accertate, da tempo quantificate, da tempo contestate, da tempo richieste dal creditore istante per la dichiarazione di fallimento. Essa soggiace, pertanto, alla giurisdizione del giudice italiano".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite, Ordinanza 13 ottobre 2008, n.25038: Fallimento - Trasferimento all’estero - Fittizietà del trasferimento).