Cassazione Civile: la molestia via posta elettronica non è molestia
La Cassazione ha rilevato che “nel concorso colla causa di estinzione del reato prevale, tuttavia, quella assolutoria ai termini dell’articolo 129, comma 2, C.P.P. Giova premettere che il giudice a quo ha definitivamente prosciolto il giudicabile dal contestato delitto di ingiuria (capo sub C della rubrica, concorrente ai sensi dell’articolo 81, comma l, del Codice Penale colla contravvenzione in esame), perché l’azione penale non doveva essere iniziata per mancanza di querela. Orbene risulta evidente ex actis che il fatto - per quanto concerne la residua ipotesi contravvenzionale - non è previsto dalla legge come reato.
La questione è stata, invero, affrontata dal giudice di merito. Il Tribunale ha considerato: "la tipizzazione della condotta incriminata dall’articolo 660 Codice Penale, non risulta tassativamente espressa nel dettato normativo; si tratta di indicazione aperta [..] legata all’evolversi dei mezzi tecnologici disponibili, colla conseguenza che l’aumento della "gamma delle opportunità intrusive", offerto dal progresso tecnologico, si correla alla espansione dell’ambito delle "condotte in grado di integrare l’elemento strutturale della molestia” e del "corrispondente livello di tutela apprestato alle potenziali vittime", restando " inalterata la ratio della norma incriminatrice; in tal senso la giurisprudenza di legittimità ha ravvisato gli estremi della contravvenzione nella condotta molestatrice attuata col mezzo del citofono, sulla base del rilievo che l’articolo 660 Codice Penale colla dizione "telefono" comprende gli "altri analoghi mezzi i comunicazione a distanza”; e, comunque, anche "la e-mail viene propriamente inoltrata col mezzo del telefono"”.
Tuttavia, secondo la Cassazione “La tesi del giudice di merito (peraltro apprezzabilmente argomentata) non è condivisibile. Il tribunale è incorso nella erronea applicazione della legge penale. La quaestio juris è se la interpretazione estensiva della previsione della norma incriminatrice, circa la molestia o il disturbo recati "col mezzo del telefono", possa essere dilatata sino a comprendere l’invio di corrispondenza elettronica sgradita, che provochi turbamento o, quanto meno, fastidio. Innanzitutto non coglie nel segno l’argomento del giudice di rito secondo il quale la "e-mail [..] viene propriamente inoltrata col mezzo del telefono" così integrando la previsione della norma incriminatrice. Il rilievo è improprio e inesatto. La posta elettronica utilizza la rete telefonica e la rete cellulare delle bande di frequenza ma non il telefono, né costituisce applicazione della telefonia che consiste, invece nella teletrasmissione in modalità sincrona, di voci o di suoni. Né poi, giova il richiamo al precedente di questa Corte suprema relativo alla molestia citofonica, citato dal Tribunale … In relazione all’oggetto giuridico della norma incriminatrice l’azione perturbatrice dei due sistemi di telecomunicazione vocale (telefono e citofono) è perfettamente identica; le differenze tecniche tra telefonia e citofonia sono, sotto tale aspetto assolutamente irrilevanti; e deve, pertanto, ribadirsi la interpretazione estensiva della disposizione penale".
Infatti "Notevolmente diversa è, invece, la comunicazione effettuata con lo strumento della posta elettronica. La modalità della comunicazione è asincrona. L’azione del mittente si esaurisce nella memorizzazione di un documento di testo (colla possibilità di allegare immagini, suoni o sequenze audiovisive) in una determinata locazione dalla memoria del collaboratore del gestore del servizio, accessibile dal destinatario; mentre la comunicazione si perfeziona, se e quando il destinatario, connettendosi, a sua volta, all’elaboratore e accedendo al servizio, attivi una sessione di consultazione della propria casella di posta elettronica e proceda alla lettura del messaggio. In tutta evidenza è l’analogia con la tradizionale corrispondenza epistolare in forma cartacea, inviata, recapitata e depositata nella cassetta (o casella) della posta sistemata presso l’abitazione del destinatario".
Secondo la Cassazione " l’invio di un messaggio di posta elettronica - esattamente proprio come una lettera spedita tramite il servizio postale - non comporta (a differenza della telefonata) nessuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario, né veruna intrusione diretta del primo nella sfera delle attività del secondo. Orbene, l’evento immateriale - o psichico - del turbamento del soggetto passivo costituisce condizione necessaria ma non sufficiente infatti per integrare la contravvenzione prevista e punita dall’articolo 660 Codice Penale, devono concorrere (alternativamente) gli ulteriori elementi circostanziali della condotta del soggetto attivo, tipizzati dalla norma incriminatrice: la pubblicità (o l’apertura al pubblico) del teatro dell’azione ovvero l’utilizzazione del telefono come mezzo del reato. E il mezzo telefonico assume rilievo - ai fini dell’ampliamento della tutela penale altrimenti limitata alle molestie arrecate in luogo pubblico o aperto al pubblico - proprio per il carattere i intrusivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, con conseguente lesione, in tale evenienza, della propria libertà di comunicazione, costituzionalmente garantita (articolo 15, comma 1, Costituzione). Tutto esclude la possibilità della interpretazione estensiva seguita dal Tribunale.
Soccorre, infine, anche la considerazione delle ragioni che hanno indotto questa Corte a risolvere positivamente la questione della inclusione nella previsione della norma incriminatrice dei messaggi di testo telefonici (Sez. III, 26 giugno 2004, n. 28680, Modena, massima n. 229464: "La disposizione di cui all’articolo 660 Codice Penale punisce la molestia connessa col mezzo del telefono, e quindi anche la molestia posta in essere attraverso l’invio di short messages system (SMS) trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o fissi”.
(Corte di Cassazione – Prima Sezione Penale, Sentenza 30 giugno 2010, n.24510: Molestie via posta elettronica - Esclusione contravvenione)
La Cassazione ha rilevato che “nel concorso colla causa di estinzione del reato prevale, tuttavia, quella assolutoria ai termini dell’articolo 129, comma 2, C.P.P. Giova premettere che il giudice a quo ha definitivamente prosciolto il giudicabile dal contestato delitto di ingiuria (capo sub C della rubrica, concorrente ai sensi dell’articolo 81, comma l, del Codice Penale colla contravvenzione in esame), perché l’azione penale non doveva essere iniziata per mancanza di querela. Orbene risulta evidente ex actis che il fatto - per quanto concerne la residua ipotesi contravvenzionale - non è previsto dalla legge come reato.
La questione è stata, invero, affrontata dal giudice di merito. Il Tribunale ha considerato: "la tipizzazione della condotta incriminata dall’articolo 660 Codice Penale, non risulta tassativamente espressa nel dettato normativo; si tratta di indicazione aperta [..] legata all’evolversi dei mezzi tecnologici disponibili, colla conseguenza che l’aumento della "gamma delle opportunità intrusive", offerto dal progresso tecnologico, si correla alla espansione dell’ambito delle "condotte in grado di integrare l’elemento strutturale della molestia” e del "corrispondente livello di tutela apprestato alle potenziali vittime", restando " inalterata la ratio della norma incriminatrice; in tal senso la giurisprudenza di legittimità ha ravvisato gli estremi della contravvenzione nella condotta molestatrice attuata col mezzo del citofono, sulla base del rilievo che l’articolo 660 Codice Penale colla dizione "telefono" comprende gli "altri analoghi mezzi i comunicazione a distanza”; e, comunque, anche "la e-mail viene propriamente inoltrata col mezzo del telefono"”.
Tuttavia, secondo la Cassazione “La tesi del giudice di merito (peraltro apprezzabilmente argomentata) non è condivisibile. Il tribunale è incorso nella erronea applicazione della legge penale. La quaestio juris è se la interpretazione estensiva della previsione della norma incriminatrice, circa la molestia o il disturbo recati "col mezzo del telefono", possa essere dilatata sino a comprendere l’invio di corrispondenza elettronica sgradita, che provochi turbamento o, quanto meno, fastidio. Innanzitutto non coglie nel segno l’argomento del giudice di rito secondo il quale la "e-mail [..] viene propriamente inoltrata col mezzo del telefono" così integrando la previsione della norma incriminatrice. Il rilievo è improprio e inesatto. La posta elettronica utilizza la rete telefonica e la rete cellulare delle bande di frequenza ma non il telefono, né costituisce applicazione della telefonia che consiste, invece nella teletrasmissione in modalità sincrona, di voci o di suoni. Né poi, giova il richiamo al precedente di questa Corte suprema relativo alla molestia citofonica, citato dal Tribunale … In relazione all’oggetto giuridico della norma incriminatrice l’azione perturbatrice dei due sistemi di telecomunicazione vocale (telefono e citofono) è perfettamente identica; le differenze tecniche tra telefonia e citofonia sono, sotto tale aspetto assolutamente irrilevanti; e deve, pertanto, ribadirsi la interpretazione estensiva della disposizione penale".
Infatti "Notevolmente diversa è, invece, la comunicazione effettuata con lo strumento della posta elettronica. La modalità della comunicazione è asincrona. L’azione del mittente si esaurisce nella memorizzazione di un documento di testo (colla possibilità di allegare immagini, suoni o sequenze audiovisive) in una determinata locazione dalla memoria del collaboratore del gestore del servizio, accessibile dal destinatario; mentre la comunicazione si perfeziona, se e quando il destinatario, connettendosi, a sua volta, all’elaboratore e accedendo al servizio, attivi una sessione di consultazione della propria casella di posta elettronica e proceda alla lettura del messaggio. In tutta evidenza è l’analogia con la tradizionale corrispondenza epistolare in forma cartacea, inviata, recapitata e depositata nella cassetta (o casella) della posta sistemata presso l’abitazione del destinatario".
Secondo la Cassazione " l’invio di un messaggio di posta elettronica - esattamente proprio come una lettera spedita tramite il servizio postale - non comporta (a differenza della telefonata) nessuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario, né veruna intrusione diretta del primo nella sfera delle attività del secondo. Orbene, l’evento immateriale - o psichico - del turbamento del soggetto passivo costituisce condizione necessaria ma non sufficiente infatti per integrare la contravvenzione prevista e punita dall’articolo 660 Codice Penale, devono concorrere (alternativamente) gli ulteriori elementi circostanziali della condotta del soggetto attivo, tipizzati dalla norma incriminatrice: la pubblicità (o l’apertura al pubblico) del teatro dell’azione ovvero l’utilizzazione del telefono come mezzo del reato. E il mezzo telefonico assume rilievo - ai fini dell’ampliamento della tutela penale altrimenti limitata alle molestie arrecate in luogo pubblico o aperto al pubblico - proprio per il carattere i intrusivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, con conseguente lesione, in tale evenienza, della propria libertà di comunicazione, costituzionalmente garantita (articolo 15, comma 1, Costituzione). Tutto esclude la possibilità della interpretazione estensiva seguita dal Tribunale.
Soccorre, infine, anche la considerazione delle ragioni che hanno indotto questa Corte a risolvere positivamente la questione della inclusione nella previsione della norma incriminatrice dei messaggi di testo telefonici (Sez. III, 26 giugno 2004, n. 28680, Modena, massima n. 229464: "La disposizione di cui all’articolo 660 Codice Penale punisce la molestia connessa col mezzo del telefono, e quindi anche la molestia posta in essere attraverso l’invio di short messages system (SMS) trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o fissi”.
(Corte di Cassazione – Prima Sezione Penale, Sentenza 30 giugno 2010, n.24510: Molestie via posta elettronica - Esclusione contravvenione)