Cassazione Civile: risarcimento danni rapina dei beni custoditi nella cassetta di sicurezza

La Cassazione ha cassato la pronuncia dei giudici di secondo grado che, in riforma a quanto stabilito dai giudici del Tribunale, avevano rigettato la richiesta di risarcimento del danno patito da due coniugi a seguito della rapina di tutti i preziosi custoditi in una cassetta di sicurezza.

Secondo la Cassazione "La Corte di appello, dopo avere premesso che la prova rigorosa, circostanziata e precisa del contenuto della cassetta di sicurezza può essere fornita solo dai titolari della cassetta medesima, data la riservatezza che caratterizza il rapporto, ha poi contraddittoriamente negato ogni attendibilità alle attestazioni dei titolari stessi e dei loro familiari, perché parti interessate, senza prendere affatto in esame gli elementi indiziari da essi forniti a conferma di quanto affermato.  La Corte di appello avrebbe dovuto verificare se, al di là della prova storica circa il contenuto della cassetta, gli elementi acquisiti al giudizio consentissero di ritenere raggiunta quanto meno la prova indiretta del danno, cioè del fatto che, se non tutti, almeno parte dei gioielli reclamati dai ricorrenti dovevano trovarsi nella cassetta, al momento della rapina".

In particolare "In presenza di una circostanziata denuncia alla polizia giudiziaria della natura, della qualità e del valore dei singoli oggetti trafugati; della prova che i danneggiati erano effettivamente proprietari degli oggetti che assumono depositati; delle deposizioni testimoniali relative al fatto che gli oggetti erano custoditi in banca, ed in mancanza di ogni prova o indizio in contrario -quali il fatto che le rivendicazioni non fossero compatibili con le condizioni economiche dei danneggiati, o con la frequenza e la data dei loro accessi alla cassetta (in relazione alla data di acquisto dei vari preziosi, ecc.) - il mancato ricorso alle presunzioni di cui agli art. 2727 e 2729 cod. civ. al fine di ritenere raggiunta la prova del danno, è da ritenere illegittimo, ove non venga adeguatamente motivato, trattandosi di danni dei quali è estremamente difficile, se non impossibile fornire la prova storica".

"Nè appare giustificato il diniego di ogni attendibilità ai testimoni legati ai danneggiati da vincoli familiari, considerato che normalmente le persone di famiglia sono le sole che possono essere a conoscenza delle circostanze dedotte, data la riservatezza che circonda i depositi in cassetta di sicurezza. Fondata è anche la doglianza dei ricorrenti relativa alla mancata ammissione, senza motivazione alcuna, del giuramento suppletorio da loro richiesto, dovendosi ritenere sufficiente al fine di ammettere tale mezzo una semiplena probatio, purché fondata su circostanze significative. E’ appena il caso di aggiungere che, nel caso di specie, il mancato ricorso alle presunzioni in favore dei danneggiati manifesta (contraddittoriamente) l’adesione del giudicante ad altra e ben più improbabile presunzione in favore della controparte, cioè a quella che la cassetta di sicurezza fosse del tutto vuota".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 25 novembre 2008, n.28067: Deposito in cassette di sicurezza - Responsabilità della banca - Prova).

La Cassazione ha cassato la pronuncia dei giudici di secondo grado che, in riforma a quanto stabilito dai giudici del Tribunale, avevano rigettato la richiesta di risarcimento del danno patito da due coniugi a seguito della rapina di tutti i preziosi custoditi in una cassetta di sicurezza.

Secondo la Cassazione "La Corte di appello, dopo avere premesso che la prova rigorosa, circostanziata e precisa del contenuto della cassetta di sicurezza può essere fornita solo dai titolari della cassetta medesima, data la riservatezza che caratterizza il rapporto, ha poi contraddittoriamente negato ogni attendibilità alle attestazioni dei titolari stessi e dei loro familiari, perché parti interessate, senza prendere affatto in esame gli elementi indiziari da essi forniti a conferma di quanto affermato.  La Corte di appello avrebbe dovuto verificare se, al di là della prova storica circa il contenuto della cassetta, gli elementi acquisiti al giudizio consentissero di ritenere raggiunta quanto meno la prova indiretta del danno, cioè del fatto che, se non tutti, almeno parte dei gioielli reclamati dai ricorrenti dovevano trovarsi nella cassetta, al momento della rapina".

In particolare "In presenza di una circostanziata denuncia alla polizia giudiziaria della natura, della qualità e del valore dei singoli oggetti trafugati; della prova che i danneggiati erano effettivamente proprietari degli oggetti che assumono depositati; delle deposizioni testimoniali relative al fatto che gli oggetti erano custoditi in banca, ed in mancanza di ogni prova o indizio in contrario -quali il fatto che le rivendicazioni non fossero compatibili con le condizioni economiche dei danneggiati, o con la frequenza e la data dei loro accessi alla cassetta (in relazione alla data di acquisto dei vari preziosi, ecc.) - il mancato ricorso alle presunzioni di cui agli art. 2727 e 2729 cod. civ. al fine di ritenere raggiunta la prova del danno, è da ritenere illegittimo, ove non venga adeguatamente motivato, trattandosi di danni dei quali è estremamente difficile, se non impossibile fornire la prova storica".

"Nè appare giustificato il diniego di ogni attendibilità ai testimoni legati ai danneggiati da vincoli familiari, considerato che normalmente le persone di famiglia sono le sole che possono essere a conoscenza delle circostanze dedotte, data la riservatezza che circonda i depositi in cassetta di sicurezza. Fondata è anche la doglianza dei ricorrenti relativa alla mancata ammissione, senza motivazione alcuna, del giuramento suppletorio da loro richiesto, dovendosi ritenere sufficiente al fine di ammettere tale mezzo una semiplena probatio, purché fondata su circostanze significative. E’ appena il caso di aggiungere che, nel caso di specie, il mancato ricorso alle presunzioni in favore dei danneggiati manifesta (contraddittoriamente) l’adesione del giudicante ad altra e ben più improbabile presunzione in favore della controparte, cioè a quella che la cassetta di sicurezza fosse del tutto vuota".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 25 novembre 2008, n.28067: Deposito in cassette di sicurezza - Responsabilità della banca - Prova).