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Cassazione Penale: sulla responsabilità colposa dell’ente e del datore per incidente sul lavoro

La Cassazione con una recentissima sentenza ha confermato il consolidato orientamento in base al quale il rapporto di garanzia che si instaura tra datore di lavoro (garante) e lavoratore non determina, al verificarsi di un sinistro, l’automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante.

Nel caso di specie il giudice di primo grado mandava assolveva il l’imputato (datore), accusato di aver adibito il lavoratore, privo della specifica patente, all’uso di un natante di potenza superiore ai 30kw per l’espletamento delle sue mansioni e, con la stessa sentenza, la società di cui era legale rappresentante, chiamata a rispondere a norma del Decreto Legislativo n. 231/2001.  

Il decesso del lavoratore, nonostante l’accertata esperienza nella conduzione del natante, non poteva, secondo il Tribunale, essere ascritto con certezza all’imputato solo per il fatto di aver messo a disposizione del lavoratore un mezzo per la guida del quale era necessaria una specifica abilitazione.

La Corte d’appello investita del caso, riformando la sentenza di primo grado, condannava l’imputato e la società della quale era legale rappresentante, alla pena della reclusione e dell’ammenda, attribuendo ad essi la responsabilità colposa dell’evento.

Con ricorso per Cassazione l’imputato e la società contestavano la pronuncia della Corte d’Appello, fondando i motivi di censura su carenze probatorie e processuali da parte dei giudici di secondo grado.

La Suprema Corte pronunciandosi sulla questione ha accolto il ricorso ed ha annullato la sentenza rinviandola ad altra sezione della Corte d’Appello per nuovo esame.

Nella pronuncia viene richiamato il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso (Cassazione, Sezione Quarta Penale, sentenza n. 43966 del 06 novembre 2009); e tanto, sul presupposto che, in tema di reati colposi, l'addebito soggettivo dell'evento richiede non soltanto che l'evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall'agente con l'adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato (Cassazione, Quarta Penale, sentenza n. 16761 del 11 marzo 2010).   

(Corte di Cassazione - Quarta Sezione Penale, Sentenza 27 gennaio 2015, n. 3786)

La Cassazione con una recentissima sentenza ha confermato il consolidato orientamento in base al quale il rapporto di garanzia che si instaura tra datore di lavoro (garante) e lavoratore non determina, al verificarsi di un sinistro, l’automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante.

Nel caso di specie il giudice di primo grado mandava assolveva il l’imputato (datore), accusato di aver adibito il lavoratore, privo della specifica patente, all’uso di un natante di potenza superiore ai 30kw per l’espletamento delle sue mansioni e, con la stessa sentenza, la società di cui era legale rappresentante, chiamata a rispondere a norma del Decreto Legislativo n. 231/2001.  

Il decesso del lavoratore, nonostante l’accertata esperienza nella conduzione del natante, non poteva, secondo il Tribunale, essere ascritto con certezza all’imputato solo per il fatto di aver messo a disposizione del lavoratore un mezzo per la guida del quale era necessaria una specifica abilitazione.

La Corte d’appello investita del caso, riformando la sentenza di primo grado, condannava l’imputato e la società della quale era legale rappresentante, alla pena della reclusione e dell’ammenda, attribuendo ad essi la responsabilità colposa dell’evento.

Con ricorso per Cassazione l’imputato e la società contestavano la pronuncia della Corte d’Appello, fondando i motivi di censura su carenze probatorie e processuali da parte dei giudici di secondo grado.

La Suprema Corte pronunciandosi sulla questione ha accolto il ricorso ed ha annullato la sentenza rinviandola ad altra sezione della Corte d’Appello per nuovo esame.

Nella pronuncia viene richiamato il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso (Cassazione, Sezione Quarta Penale, sentenza n. 43966 del 06 novembre 2009); e tanto, sul presupposto che, in tema di reati colposi, l'addebito soggettivo dell'evento richiede non soltanto che l'evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall'agente con l'adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato (Cassazione, Quarta Penale, sentenza n. 16761 del 11 marzo 2010).   

(Corte di Cassazione - Quarta Sezione Penale, Sentenza 27 gennaio 2015, n. 3786)