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Infortunio sul lavoro: se manca il manuale d'uso?

responsabile il produttore del macchinario se carente il manuale d’uso sui sistemi di sicurezza
Siamo (noi) la più grande tempesta
Ph. Paolo Panzacchi / Siamo (noi) la più grande tempesta

La vicenda e il manuale d’uso

Avverso la sentenza di secondo grado con la quale gli amministratori della società produttrice del macchinario utilizzato nell’occasione da una lavoratrice erano stati ritenuti responsabili del reato di cui all’art. 590 c.p., commi 2 e 3, per avere cagionato a quest’ultima lesioni personali gravissime in conseguenza di un infortunio sul lavoro, veniva proposto ricorso per cassazione.

In particolare, tra le altre doglianze, i responsabili della società lamentavano la falsa applicazione del predetto art. 590, comma 3, in relazione all’Allegato I, punto 1.7.4.2. del Decreto Legislativo n. 17 del 2010, cui, a loro dire, erano pervenuti i giudici di secondo grado, criticandone il ragionamento secondo il quale il manuale di istruzioni del macchinario utilizzato dalla lavoratrice fosse privo di indicazioni sugli usi scorretti, laddove, invece, esso prevedeva specifici divieti d’uso che non lasciavano dubbi sull’interpretazione ed erano idonei a prevenire comportamenti negligenti degli operatori.

La Corte Suprema, invece, dichiarava inammissibile il ricorso anche su detto specifico punto in contestazione sottolineando come dovesse ritenersi avulsa del tutto dallo spirito legislativo regolante la specifica materia in tema di sicurezza delle macchine da lavoro la pretesa di attribuire al semplice divieto, contenuto nel manuale d’uso, significato esplicativo dell’utilizzo di un macchinario e condannava dunque i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

La rilevanza del manuale d’uso nella responsabilità del produttore per infortuni sul lavoro

Con questa recentissima e significativa pronuncia i Giudici penali della Corte Suprema (Cassazione Penale - Sezione Quarta - sentenza n. 3938 del 4 febbraio 2022) intervengono efficacemente in una problematica di diritto purtroppo ancora oggi molto ricorrente e dai risvolti pratici ed applicativi di assoluto rilievo, dal momento che la responsabilità penale del soggetto produttore del macchinario dal cui uso sia scaturito un infortunio sul lavoro rimane ancora uno degli aspetti più complessi e controversi della materia della sicurezza sul lavoro.

Più specificatamente, dalla lettura della sentenza in commento emerge la particolare attenzione con la quale la Corte di Cassazione, in un più ampio contesto quale è appunto quello generatosi in conseguenza di un fatto lesivo sul posto di lavoro, ha ribadito ancora una volta l’obbligo delle imprese produttrici di approntare tutte le necessarie accortezze tecniche ed operative per ridurre al minimo il verificarsi di questi fatti di reato.

Effettivamente, se facciamo mente locale sullo sviluppo tecnologico che impetuosamente ormai contraddistingue le nostre imprese, e se pensiamo altresì alla sempre maggiore automazione dei processi produttivi anche in realtà della piccola e media impresa fino ai settori della produzione agricola o artigianale, ci rendiamo agevolmente conto di come l’opera dell’uomo non possa più prescindere dall’utilizzo di mezzi, strumenti, macchinari da lavoro sempre più perfomanti, ma per ciò stesso purtroppo anche sempre più complessi e pericolosi.

È pertanto evidente come questa stretta connessione di intenti tra l’elemento umano e quello tecnologico, così indissolubilmente legati tra loro per l’espletamento dell’attività lavorativa, allarghi notevolmente il novero dei soggetti cui dover far riferimento nell’individuazione delle responsabilità da danno per infortunio sul lavoro, al punto da ricomprendere, sempre più spesso, anche quelli titolari delle aziende produttrici, sebbene di fatto estranei al ciclo produttivo aziendale propriamente inteso.

In materia, in verità, si è soliti accertare la responsabilità del produttore quasi sempre in relazione ai possibili vizi e/o difetti del macchinario dal cui uso sia derivato l’infortunio.

In questi casi, peraltro, tale responsabilità viene in linea di massima condivisa con quella, altrettanto diretta e personale, del datore di lavoro, perché da sempre individuato quale soggetto tenuto alla tutela della sicurezza dell’ambiente di lavoro e dunque obbligato alla verifica della corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, finanche quando sia stato accertato che su questi sia apposta la marchiatura di conformità “CE”, di per sé ritenuta inidonea ad esonerarlo dalla predetta responsabilità (vedi Cass. Pen. - Sez. IV - sent. n. 42110 del 18.11.2021).

La Corte di Cassazione, oltretutto, in questi casi ha anche precisato come tale orientamento sia applicabile tout court anche nei confronti del produttore o rivenditore della macchina, poiché l’interpretazione di una norma non può mai differenziarsi a seconda dei suoi destinatari, per cui se la presunzione di conformità alla legge del macchinario con marcatura e dichiarazione CE è, come detto, ininfluente rispetto al datore di lavoro, a maggior ragione essa deve ritenersi tale anche nei confronti del produttore o venditore che, peraltro, hanno maggiori possibilità di controllo del macchinario rispetto al primo.

Generalmente, dunque, la responsabilità penale del produttore è stata in un certo senso circoscritta entro le fattispecie di inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina e ha trovato, anzi, ulteriore conferma proprio in quelle pronunce della Corte Suprema che hanno affermato la concorrente colpevolezza del datore di lavoro, reo di non avere assolto all’obbligo di eliminare le fonti di pericolo derivanti dall’uso del macchinario e di non aver adottato evidentemente tutti i più moderni strumenti tecnologi a tutela della sicurezza dei lavoratori (Cass. Pen. - Sez. IV – sent. n. 41147 del 17.10.2021).

Nei casi di condivisa responsabilità di tali due soggetti, la colpa esclusiva del produttore diventa, poi, l’eccezione alla regola solo qualora l’accertamento di un elemento di pericolo da parte del datore di lavoro sia oggettivamente impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o per la sussistenza di un vizio di progettazione di questa non rilevabile con l’ordinaria diligenza (Cass. Pen. – Sez. IV – sent. n. 1184 del 03.10.2018).

In questo usuale contesto interpretativo, quindi, la sentenza in commento si presenta alla nostra attenzione in tutta la sua forza innovativa poiché in essa non si parla più di vizi e/o di difetti del macchinario prodotto, ma piuttosto dell’obbligo generalizzato di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro imposto al produttore mediante la predisposizione di strumenti informativi per gli utenti-lavoratori chiari, esaurienti, completi sotto il profilo delle cautele e degli accorgimenti da adottare per ovviare a possibili rischi alla loro incolumità fisica.

Con la pronuncia in esame, dunque, previa una attenta e accurata ricostruzione dei sistemi di configurazione del macchinario utilizzato che ha portato poi i Giudici di merito ad accertarne alcuni difetti delle misure di sicurezza, l’interesse della Corte si concentra proprio su quell’imprescindibile oggetto strettamente collegato al macchinario stesso che è il manuale d’uso e, segnatamente, sulla sua adeguatezza ad assolvere al predetto obbligo di informativa posto a carico del produttore.

Gli Ermellini, infatti, hanno opportunamente disatteso la linea difensiva adottata dagli imputati produttori a propria discolpa, evidenziando come non sia plausibile in questi casi richiamare in applicazione le norme europee della Direttiva Macchine recepite dal Decreto Legislativo n. 17/2010 ed addirittura pretendere di evincere dalle regole generali relative ai dispositivi di emergenza, o ai ripari fissi o finanche all’intero contenuto del manuale d’uso la propria esenzione da qualsivoglia colpa.

Giustamente, infatti, i Giudici di legittimità evidenziano come il ragionare in questi termini significherebbe adottare una lettura, del tutto parziale, del testo normativo europeo e nazionale di riferimento, il cui significato deve essere invece colto nello spirito effettivo della legge che non è affatto quello di rimettere al costruttore l’adempimento all’obbligo di cautela, ma piuttosto quello di adattare le precauzioni alla conformazione dei diversi macchinari.

Del pari correttamente, poi, la Corte Suprema afferma altresì che ugualmente deve ritenersi avulsa dal richiamato spirito legislativo la pretesa di voler attribuire ad un semplice divieto contenuto nel manuale d’uso il significato esplicativo del corretto utilizzo del macchinario fornito, sì da poter legittimare l’esclusione di responsabilità del produttore per il fatto lesivo occorso.

I Giudici di legittimità opportunamente rammentano in proposito come la normativa vigente in tema, appunto, di Dispositivi e Macchinari imponga al produttore di indicare esattamente il metodo operativo da rispettare in caso di infortunio o avaria nonché, qualora si verifichi un blocco del macchinario, quello da seguire e rispettare per riattivare la macchina sempre in condizioni di assoluta e oggettiva sicurezza per l’operatore.

Non è, del resto, un caso che proprio in applicazione di tali principi sempre la Corte di Cassazione abbia esplicitamente affermato come il datore di lavoro che trascuri di attenersi alle istruzioni d’uso fornite dal costruttore della macchina possa considerarsi in grado di riconoscere la pericolosità della postazione di lavoro che con tale suo colpevole comportamento ha contribuito a determinare, precisando altresì come detta conoscibilità non sia comunque esclusa persino in caso di attestazione di conformità della stessa macchina rilasciata dal produttore, tanto meno in condizioni di uso anomalo del macchinario (vedi per tutte, Cass. Pen. – Sez. IV – sent. n. 46431 del 12.10.2018).

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, il datore di lavoro non può mai ritenersi esente da responsabilità qualora si sia posto, con un utilizzo della macchina non conforme al manuale d’uso, nella condizione di ampliare l’area di rischio infortunistico, posto che in tale situazione affiora con chiarezza la sussistenza di quel concreto elemento che rende prevedibile l’evento.

Emerge dunque anche da questi principi la rilevanza che la Corte Suprema intende riconoscere al manuale d’uso, non solo quale strumento di informazione del corretto utilizzo del macchinario bensì quale mezzo informativo dei sistemi di sicurezza obbligatoriamente imposti dalla legge e delle metodologie da utilizzarsi per ovviare a possibili rischi e/o pericoli per la sicurezza degli operatori.

In verità, sempre la Quarta Sezione Penale, che sull’argomento ha dimostrato una particolare sensibilità, nell’individuazione appunto dei contenuti obbligatori del manuale d’uso ha sottolineato come gravi sul datore di lavoro, quale garante della sicurezza, l’onere di verificare che i macchinari utilizzati siano conformi alle caratteristiche indicate dal produttore, a nulla rilevando, ai fini dell’esonero da responsabilità penale, l’indicazione nel libretto d’uso delle sole manovre da evitare per prevenire eventuali infortuni, dovendo il macchinario essere dotato sempre delle specifiche misure di protezione prescritte (Cass. Pen. – Sez. IV – sent. n. 11713/2021).

Anche in questa pronuncia, infatti, e segnatamente proprio nella riconosciuta preminenza delle misure di protezione rispetto alle mere indicazioni sul manuale d’uso delle manovre utili per prevenire fatti lesivi, si manifesta ulteriormente la rilevanza giuridica e penale dell’obbligo informativo in capo al produttore, pena la diretta responsabilità di quest’ultimo per il fatto lesivo verificatosi.

Se invece viene rispettato dal produttore il dovere non solo di costruire e fornire un macchinario sicuro ed efficiente ma anche di dotarlo di un manuale d’uso completo ed esauriente quanto alla enunciazione dei rischi e delle modalità e/o sistemi di sicurezza alternativi appositamente approntati, la sua responsabilità penale viene a cadere e sorge, semmai, quella esclusiva e colposa del datore di lavoro che abbia eventualmente installato ed utilizzato lo stesso macchinario non in conformità alle istruzioni d’uso (art. 71, comma 4, decreto Legislativo n. 81/2008) attinenti alla sicurezza dei lavoratori.

Costituisce, infatti, preciso onere di esso datore di lavoro quello di verificare che le misure di protezione dei macchinari utilizzati nella propria azienda siano conformi ai manuali d’uso, specie laddove tali misure siano predisposte, e naturalmente descritte nelle istruzioni, proprio al fine di prevenire i rischi successivamente concretizzatisi (Cass. Sez. Un. Sent. n. 38343 del 24.04.2014).

In questi termini, quindi, secondo la sentenza oggi in commento, deve essere chiarito lo stretto connubio, sotto il profilo della invocata responsabilità penale, tra il produttore e il datore di lavoro, entrambi chiamati ad assolvere a uno specifico obbligo informativo, il primo, ed anche formativo, il secondo, per il cui adempimento, si badi bene, come pacificamente affermato dalla Corte di Cassazione, diventano ininfluenti persino l’eventuale personale bagaglio di conoscenze tecniche del lavoratore o finanche le specifiche esperienze di questi nel settore (Cass. Pen. - Sez. IV – sent. n. 8163 del 13.02.2020).