Cassazione SU Civili: il termine per la cauzione nell’espropriazione immobiliare è perentorio
Il principio è stato stabilito dalla Cassazione nella sentenza integralmente consultabile sul proprio sito.
La Cassazione ha innanzitutto rilevato che "Si può dunque considerare acquisito da un lato, che la conclusione di considerare il termine di deposito della cauzione come ordinatorio non è imposto dalla mancanza d’una espressa qualificazione contraria nell’art. 576 c.p.c. e dall’altro che l’ordinamento è venuto evolvendo nel senso di completare la catena dei termini che regolano la fase della vendita, espressamente qualificando perentori anche termini afferenti alla stessa fase della presentazione delle offerte".
Prosegue poi la Cassazione: "dell’ordinanza con cui è autorizzata la vendita, il codice di procedura dispone sia dato pubblico avviso (artt. 570 e 490 c.p.c.) e che attraverso l’avviso di vendita le specifiche condizioni da osservare per il suo svolgimento nel concreto processo di cui si tratta vengono a porsi come le tavole di un procedimento aperto al concorso dei possibili offerenti e che nell’ambito di un tale procedimento il canone base da osservare non può che essere quello della parità tra quanti vengono sollecitati ad offrire. Parità che può essere rispettata dal giudice solo in quanto tutte le condizioni che regolano lo svolgimento della vendita restino inalterate.
E la prima delle condizioni che richiedono di essere osservate è appunto quella che regola l’accesso al procedimento, giacché il deposito della cauzione altro non è se non la modalità attraverso la quale la parte che lo esegue manifesta la sua volontà di essersi ammesso a partecipare.
Basta poi pensare al caso che tra la scadenza del termine fissato dal giudice corra uno spazio di tempo di qualche consistenza e l’importo della cauzione da osservare sia di qualche consistenza per comprendere come dal potersi giovare di un tempo più ristretto per depositare la cauzione un offerente potrebbe trovarsi ad affrontare per partecipare all’incanto un costo I inferiore degli altri. Sicché sarà sì sempre possibile al giudice modificare o revocare l’ordinanza di vendita sino a quando l’incanto non sia iniziato (art. 487 c.p.c.), e però solo per ragioni di ordine oggettivo e non per andare incontro ad esigenze manifestate da un singolo potenziale offerente, e comunque unicamente attraverso la sostituzione della precedente con una successiva ordinanza ed una sua rinnovata pubblicazione, da eseguire nei modi prescritti dall’art. 490 c.p.c.. Il potere del giudice dell’esecuzione, di modificare il termine della condizione da lui stabilita per il deposito della cauzione è stato visto, talora, come ineluttabile ricaduta del potere di ordine generale previsto dall’art. 487 c.p.c. Ed è stato altresì giustificato con la considerazione che ne risulta ampliata l’area dei concorrenti e così aumentata la possibilità di un esito più favorevole dell’incanto".
Tuttavia, "nel momento in cui il processo esecutivo si apre al mercato attraverso la provocazione ad offrire è dall’affidamento che i potenziali offerenti possono fare nel rispetto della regola di parità di trattamento ed è dall’ordinato svolgimento delle procedure di vendita, che ci si può attendere un recupero di effettività della tutela giurisdizionale esecutiva, con finale giovamento di tutti i protagonisti del processo, anche del debitore. Che poi il legislatore per recuperare effettività alla tutela giurisdizionale esecutiva sia venuto facendo un progressivo maggiore affidamento sul miglior funzionamento dei procedimenti di vendita è dimostrato dal potenziamento dell’informazione fornita al mercato (art. 490 c.p.c.) e dalla nuova disciplina della custodia (art. 560 c.p.c.) e della stabilità della vendita e dell’assegnazione forzata (art. 187-bis disp. att. c.p.c.).
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 12 gennaio 2010, n.262: Espropriazione immobiliazione - Vendita - Deposito cauzione - Termine perentorio).
Il principio è stato stabilito dalla Cassazione nella sentenza integralmente consultabile sul proprio sito.
La Cassazione ha innanzitutto rilevato che "Si può dunque considerare acquisito da un lato, che la conclusione di considerare il termine di deposito della cauzione come ordinatorio non è imposto dalla mancanza d’una espressa qualificazione contraria nell’art. 576 c.p.c. e dall’altro che l’ordinamento è venuto evolvendo nel senso di completare la catena dei termini che regolano la fase della vendita, espressamente qualificando perentori anche termini afferenti alla stessa fase della presentazione delle offerte".
Prosegue poi la Cassazione: "dell’ordinanza con cui è autorizzata la vendita, il codice di procedura dispone sia dato pubblico avviso (artt. 570 e 490 c.p.c.) e che attraverso l’avviso di vendita le specifiche condizioni da osservare per il suo svolgimento nel concreto processo di cui si tratta vengono a porsi come le tavole di un procedimento aperto al concorso dei possibili offerenti e che nell’ambito di un tale procedimento il canone base da osservare non può che essere quello della parità tra quanti vengono sollecitati ad offrire. Parità che può essere rispettata dal giudice solo in quanto tutte le condizioni che regolano lo svolgimento della vendita restino inalterate.
E la prima delle condizioni che richiedono di essere osservate è appunto quella che regola l’accesso al procedimento, giacché il deposito della cauzione altro non è se non la modalità attraverso la quale la parte che lo esegue manifesta la sua volontà di essersi ammesso a partecipare.
Basta poi pensare al caso che tra la scadenza del termine fissato dal giudice corra uno spazio di tempo di qualche consistenza e l’importo della cauzione da osservare sia di qualche consistenza per comprendere come dal potersi giovare di un tempo più ristretto per depositare la cauzione un offerente potrebbe trovarsi ad affrontare per partecipare all’incanto un costo I inferiore degli altri. Sicché sarà sì sempre possibile al giudice modificare o revocare l’ordinanza di vendita sino a quando l’incanto non sia iniziato (art. 487 c.p.c.), e però solo per ragioni di ordine oggettivo e non per andare incontro ad esigenze manifestate da un singolo potenziale offerente, e comunque unicamente attraverso la sostituzione della precedente con una successiva ordinanza ed una sua rinnovata pubblicazione, da eseguire nei modi prescritti dall’art. 490 c.p.c.. Il potere del giudice dell’esecuzione, di modificare il termine della condizione da lui stabilita per il deposito della cauzione è stato visto, talora, come ineluttabile ricaduta del potere di ordine generale previsto dall’art. 487 c.p.c. Ed è stato altresì giustificato con la considerazione che ne risulta ampliata l’area dei concorrenti e così aumentata la possibilità di un esito più favorevole dell’incanto".
Tuttavia, "nel momento in cui il processo esecutivo si apre al mercato attraverso la provocazione ad offrire è dall’affidamento che i potenziali offerenti possono fare nel rispetto della regola di parità di trattamento ed è dall’ordinato svolgimento delle procedure di vendita, che ci si può attendere un recupero di effettività della tutela giurisdizionale esecutiva, con finale giovamento di tutti i protagonisti del processo, anche del debitore. Che poi il legislatore per recuperare effettività alla tutela giurisdizionale esecutiva sia venuto facendo un progressivo maggiore affidamento sul miglior funzionamento dei procedimenti di vendita è dimostrato dal potenziamento dell’informazione fornita al mercato (art. 490 c.p.c.) e dalla nuova disciplina della custodia (art. 560 c.p.c.) e della stabilità della vendita e dell’assegnazione forzata (art. 187-bis disp. att. c.p.c.).
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 12 gennaio 2010, n.262: Espropriazione immobiliazione - Vendita - Deposito cauzione - Termine perentorio).