CNN: vendita con riserva di proprietà di quote di S.r.l., sì al diritto di voto
Il Consiglio Nazionale del Notariato, con la decisione del 19 febbraio scorso, ha pubblicato uno studio sulla vendita con riserva di proprietà (c.d. patto di riservato dominio) di quote di una S.r.l. ed i relativi poteri in capo all’acquirente che non abbia ancora terminato di corrispondere il prezzo della vendita.
In primo luogo, il Consiglio ha rilevato come la disciplina della vendita con riserva di proprietà, ex articolo 1523 del Codice Civile, sia applicabile anche alle quote della società, trattandosi di beni mobili.
Il punto nodale della questione riguarda, però, le ripercussioni che tale vendita possa avere sull’assetto organizzativo della società e sui rapporti endosocietari, nonché sull’acquisto dello status di socio.
Preliminarmente, si legge nello studio, della vendita con riserva di proprietà dovrà esserne data pubblicità mediante l’iscrizione nel registro delle imprese con la relativa annotazione della riserva di proprietà. Successivamente, al momento del pagamento integrale del prezzo, si procederà ad iscrivere tale circostanza.
In particolare, il Consiglio ha analizzato la possibilità per l’acquirente di godere dei medesimi diritti spettanti in capo al venditore, ossia il diritto di voto e lo stato di socio.
In mancanza di una disciplina puntuale in merito, il Consiglio auspica la previsione di una regolamentazione pattizia sulla spettanza dei diritti in determinate situazioni, in modo da evitare, ad esempio, il caso in cui il venditore veda attenuata la propria garanzia, anche nel caso in cui si trovi nella possibilità di ritornare nella piena titolarità della quota (si pensi all'ipotesi di inadempimento dell’acquirente nel pagamento del prezzo della quota), ciò in forza dell'attribuzione in via esclusiva all'acquirente delle situazioni giuridiche soggettive derivanti dalla titolarità della quota.
Lo stesso ragionamento varrebbe anche nel caso in cui all’acquirente fosse sottratta ogni possibilità di decidere in base alla titolarità della quota (perché attribuita esclusivamente al venditore fino al momento del pagamento dell’intero prezzo del contratto), circostanza che sarebbe contraria all’obiettivo di favorirne l’inserimento nella compagine sociale.
Secondo tale prospettiva non vi sarebbero validi motivi per impedire al nuovo socio acquirente di esercitare il diritto di voto, ben intesa l'opportunità di agire in accordo con il venditore.
Infine, il Consiglio ha precisato che, pur in assenza di regolamentazione sul punto, in caso di mancato trasferimento della proprietà l’acquirente risulterà responsabile nei confronti del venditore dell’eventuale negligente gestione della quota e dunque, in definitiva, anche delle modalità secondo le quali ha esercitato il diritto di voto.
(Consiglio Nazionale del Notariato – Commissione Studi d’Impresa, Studio 19 febbraio 2013, n. 99-2012/I)
Il Consiglio Nazionale del Notariato, con la decisione del 19 febbraio scorso, ha pubblicato uno studio sulla vendita con riserva di proprietà (c.d. patto di riservato dominio) di quote di una S.r.l. ed i relativi poteri in capo all’acquirente che non abbia ancora terminato di corrispondere il prezzo della vendita.
In primo luogo, il Consiglio ha rilevato come la disciplina della vendita con riserva di proprietà, ex articolo 1523 del Codice Civile, sia applicabile anche alle quote della società, trattandosi di beni mobili.
Il punto nodale della questione riguarda, però, le ripercussioni che tale vendita possa avere sull’assetto organizzativo della società e sui rapporti endosocietari, nonché sull’acquisto dello status di socio.
Preliminarmente, si legge nello studio, della vendita con riserva di proprietà dovrà esserne data pubblicità mediante l’iscrizione nel registro delle imprese con la relativa annotazione della riserva di proprietà. Successivamente, al momento del pagamento integrale del prezzo, si procederà ad iscrivere tale circostanza.
In particolare, il Consiglio ha analizzato la possibilità per l’acquirente di godere dei medesimi diritti spettanti in capo al venditore, ossia il diritto di voto e lo stato di socio.
In mancanza di una disciplina puntuale in merito, il Consiglio auspica la previsione di una regolamentazione pattizia sulla spettanza dei diritti in determinate situazioni, in modo da evitare, ad esempio, il caso in cui il venditore veda attenuata la propria garanzia, anche nel caso in cui si trovi nella possibilità di ritornare nella piena titolarità della quota (si pensi all'ipotesi di inadempimento dell’acquirente nel pagamento del prezzo della quota), ciò in forza dell'attribuzione in via esclusiva all'acquirente delle situazioni giuridiche soggettive derivanti dalla titolarità della quota.
Lo stesso ragionamento varrebbe anche nel caso in cui all’acquirente fosse sottratta ogni possibilità di decidere in base alla titolarità della quota (perché attribuita esclusivamente al venditore fino al momento del pagamento dell’intero prezzo del contratto), circostanza che sarebbe contraria all’obiettivo di favorirne l’inserimento nella compagine sociale.
Secondo tale prospettiva non vi sarebbero validi motivi per impedire al nuovo socio acquirente di esercitare il diritto di voto, ben intesa l'opportunità di agire in accordo con il venditore.
Infine, il Consiglio ha precisato che, pur in assenza di regolamentazione sul punto, in caso di mancato trasferimento della proprietà l’acquirente risulterà responsabile nei confronti del venditore dell’eventuale negligente gestione della quota e dunque, in definitiva, anche delle modalità secondo le quali ha esercitato il diritto di voto.
(Consiglio Nazionale del Notariato – Commissione Studi d’Impresa, Studio 19 febbraio 2013, n. 99-2012/I)