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Art. 134

Materie di giurisdizione estesa al merito

1. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto:

a) l’attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nell’ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV;

b) gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuiti alla giurisdizione amministrativa;

c) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti, e quelle previste dall’articolo 123(1)(2);

d) le contestazioni sui confini degli enti territoriali;

e) la classificazione delle opere cinematografiche per la visione dei minori di cui al decreto legislativo attuativo della delega di cui all’articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220(3).

 

(1) Lettera così modificata dall’articolo 1, comma 1, lett. mm), Decreto Legislativo 15 novembre 2011, n. 195, recante Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in Gazz. Uff. 23 novembre 2011, n. 273). Il primo correttivo al Codice è entrato in vigore l’8 dicembre 2011.

Con sentenza 27 giugno 2012, n. 162 la Corte costituzionale, ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale della presente lettera nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del Tar Lazio, sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Consob. Successivamente, la stessa Corte, con sentenza 15 aprile 2014, n. 94, ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale della presente lettera, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, e alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia.

(2) Ai sensi dell’articolo 13 bis, d.l. 28 dicembre 2013, n. 149, recante Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore (in Gazz.Uff. 28 dicembre 2013, n. 303), aggiunto dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 13 – che ha introdotto un nuovo caso di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo relativamente alle controversie concernenti l’applicazione delle disposizioni dettate dallo stesso d.l. n. 149 del 2013 – restano alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative sanzioni amministrative ai sensi dell’articolo 8, comma 8, del decreto.

(3) Lettera così modificata dall’articolo 13, Decreto Legislativo 7 dicembre 2017, n. 203, recante Riforma delle diposizioni legislative in materia di tutela dei minori nel settore cinematografico e audiovisivo, a norma dell’articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220 (in Gazz. Uff. 28 dicembre 2017, n. 301).

Bibliografia. Guicciardi E., Giustizia amministrativa, Milano, 1954; Saitta F, Giustizia amministrativa, Padova, 1993; Caringella F., Protto M., Codice del nuovo processo amministrativo, Milano, 2010; De Paolis M. Il processo amministrativo, Cedam, 2012.

 

Sommario. 1. La giurisdizione di merito. 2. Giudizio di ottemperanza. 3. Sanzioni amministrative. 4. Inefficacia contratto d’appalto. 5 Risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo.

 

1. La giurisdizione di merito

Per giurisdizione di merito, nell’accezione prevalente, si intende un sindacato pieno sul corretto e congruo esercizio del potere amministrativo in quanto connotato da peculiari poteri di cognizione, di istruzione e di decisione.

Per quanto attiene alla cognizione, l’estensione al merito esprime il pieno controllo operabile dal giudice amministrativo con riferimento non solo a tutti gli aspetti concernenti la legittimità, ma anche ai profili attinenti alla adeguatezza dell’attività istruttoria ovvero, ove il provvedimento impugnato costituisca esercizio di potestà amministrativa discrezionale, alla convenienza, opportunità ed equità delle determinazioni adottate.

Di qui, il corollario secondo cui, a fronte del più esteso ambito di cognizione, i poteri istruttori del giudice sono gli stessi che potrebbe esercitare l’amministrazione di settore competente e, d’altra parte, è evidente che, se il giudice deve sostituirsi all’amministrazione, deve avere le possibilità di indagine e conoscenza riconosciute al potere pubblico ai fini dell’adozione delle scelte vincolate e, soprattutto, discrezionali. 

I poteri decisori del giudice amministrativo investito di giurisdizione di merito sono più ampi di quelli relativi alla giurisdizione di legittimità e sono stati per la prima volta individuati dall’articolo 26, co. 2 e 3, l. 1034/1971, secondo cui il Tribunale Amministrativo Regionale, quando è investito di giurisdizione di merito, se accoglie il ricorso, può anche riformare l’atto o sostituirlo nonché può condannare l’amministrazione al pagamento delle somme di cui risulti debitrice. Nel codice del processo amministrativo, l’articolo 34, co. 1, lett. d), dispone che, nei casi di giurisdizione di merito, il giudice adotta un nuovo atto, ovvero modifica o riforma quello impugnato. Di talché, a fronte di una facoltà attribuita al giudice di riformare o sostituire l’atto per effetto dell’accoglimento del ricorso, la nuova norma sembra disegnare in termini di doverosità da parte del giudice l’adozione di un nuovo atto ovvero la modifica o riforma di quello impugnato.

Con la pronuncia di merito, in ogni caso, il giudice amministrativo può dettare direttamente la regola del rapporto disciplinato in modo illegittimo dal provvedimento impugnato ed in tal senso svolge un’attività sostitutiva dell’attività amministrativa. Infatti, l’articolo 7 comma 6 del codice sancisce che, nell’esercizio della giurisdizione con cognizione estesa al merito, il giudice amministrativo può (più propriamente “deve”) sostituirsi all’amministrazione.

Ciò, peraltro, non impedisce che si sia in presenza di un’attività sia formalmente sia sostanzialmente giurisdizionale.

L’articolo 134 del codice individua la giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto:

a) l’attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nell’ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV;

b) gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuiti alla giurisdizione amministrativa;

c) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti;

d) la contestazione sui confini degli enti territoriali;

e) il diniego di rilascio di nullaosta cinematografico di cui all’articolo 8 della legge 21 novembre 1962, n. 161.

Pertanto, in attuazione della delega, il codice ha previsto la soppressione di una molteplicità di fattispecie non più coerenti con l’ordinamento vigente, tanto che nelle fattispecie oggi qualificate sono rimaste in vigore solo quelle afferenti al giudizio di esecuzione del giudicato, alle contestazioni sui confini territoriali ed al diniego di rilascio di nulla osta cinematografico, mentre è stata espunta finanche l’ipotesi, pure inserita dalla Commissione istituita presso il Consiglio di Stato nello schema del codice, dei provvedimenti contingibili ed urgenti emanati dal Sindaco.

Le materie di giurisdizione amministrativa con cognizione estesa al merito previste dal codice presentano caratteristiche molto diverse l’una dall’altra. Il giudizio di ottemperanza ne costituisce da sempre la fattispecie più importante ed il decreto legislativo n. 104 si riferisce opportunamente non solo all’attuazione del giudicato, ma anche all’attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive.

In particolare, l’articolo 112 comma 2 del codice prevede che l’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione:

a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;

b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo;

c) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato;

d)     delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione;

e) dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.

La peculiarità di tale giudizio nasce dal fatto che il dovere dell’amministrazione di eseguire la sentenza non riguarda solo gli effetti eliminatori e ripristinatori della pronuncia, ma anche il momento del riesercizio del potere rispetto al quale rileva particolarmente l’effetto conformativo della sentenza.

In particolare, quando il giudice amministrativo annulla l’atto, lo elimina perché ritiene che l’assetto del rapporto fra ricorrente ed amministrazione (ed eventuali controinteressati) non possa essere regolato da quel provvedimento, sia pure sotto il profilo dei vizi dedotti dal ricorrente, e tale statuizione, se produce certamente l’effetto di vietare all’amministrazione di riprodurre l’atto annullato, ove l’unica alternativa possibile in senso satisfattivo per il ricorrente sia quella dell’emanazione di un altro atto con un certo contenuto, assume anche un carattere ripristinatorio qualificato, perché l’assetto del rapporto non potrà essere ormai definito che con l’emanazione di quell’atto, il che significa che il giudicato produce, unitamente all’effetto demolitorio ed a quello preclusivo, anche un effetto ordinatorio direttamente incidente sul rapporto.

In definitiva, accanto all’effetto demolitorio e ripristinatorio, direttamente derivanti dal dispositivo di annullamento, il giudicato produce l’effetto conformativo della successiva attività amministrativa, in relazione al quale assume rilievo fondamentale la motivazione della sentenza.

L’esigenza di esecuzione della sentenza, ovviamente, si pone per le pronunce non autoesecutive, vale a dire per quelle che decidono controversie in cui sono dedotti interessi legittimi pretensivi (in cui l’interessato mira al conseguimento di un bene), ovvero anche per quelle in cui sono dedotti interessi legittimi oppositivi (in cui l’interessato mira alla conservazione di un bene) e vi sia un’attività da rimuovere, posta in essere dall’amministrazione in attuazione del provvedimento annullato.

Va da sé che l’esecuzione della sentenza è tanto più complessa quanto maggiori sono gli spazi di discrezionalità che l’amministrazione conserva a seguito dell’annullamento giurisdizionale.

Nel caso di inerzia dell’amministrazione tenuta all’esecuzione, il giudice amministrativo si sostituisce ad essa adottando, eventualmente per mezzo di un commissario ad acta, gli atti esecutivi della sentenza in modo da adeguare la situazione di fatto a quella di diritto o, più propriamente, in modo da soddisfare l’interesse sostanziale del ricorrente, vale a dire in modo da attribuire, ove spettante, il bene della vita al quale egli aspirava con la proposizione del ricorso in esito al quale è stata pronunciata la sentenza di accoglimento e di annullamento da eseguire.

 

2. Giudizio di ottemperanza

L’articolo 114 comma 2, lett. a) del codice precisa che il giudice dell’ottemperanza, in caso di accoglimento del ricorso, ordina l’ottemperanza, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento o l’emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione, mentre la successiva lett. c) prevede che, nel caso di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti, determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano.

In tal modo è possibile cogliere l’essenza del potere decisorio di merito che consente di ottenere dal giudice amministrativo una attività sostitutiva nei confronti dell’amministrazione inadempiente, quando essa cioè non si sia conformata spontaneamente al caso deciso o alla sentenza esecutiva di primo grado.

Nel giudizio di ottemperanza l’estensione della giurisdizione al merito amministrativo è chiaramente percepibile. Il giudizio di ottemperanza al giudicato, o alle sentenze esecutive rese dai tribunali amministrativi regionali, peraltro, ha natura di giudizio necessariamente di esecuzione ed eventualmente di cognizione; quest’ultima componente sussiste quando il giudizio di ottemperanza concorre ad identificare la volontà concreta della legge o a formare la normativa del caso concreto, riempiendo gli spazi lasciati vuoti dal giudizio di cognizione circa l’assetto del rapporto. La natura anche cognitoria del giudizio di ottemperanza, in particolare, emerge nell’ipotesi di attività amministrativa vincolata quando la fondatezza della pretesa non sia stata accertata nel giudizio di cognizione e, in misura ancora più evidente, nell’attività amministrativa discrezionale quando l’attività che l’amministrazione avrebbe dovuto porre in essere in esecuzione della sentenza non sia stata del tutto conformata dalla sentenza da eseguire, residuando margini di discrezionalità da esercitare in sede di esecuzione.

In entrambe le ipotesi, di attività vincolata e discrezionale, vi è la sostituzione del giudice all’amministrazione, ma, nel riesercizio di un potere amministrativo discrezionale, per nulla o non del tutto conformato, è evidente la valutazione diretta dell’interesse pubblico che, in caso di inottemperanza dell’amministrazione, il giudice amministrativo è chiamato a compiere ed in questo può cogliersi la più profonda essenza della giurisdizione estesa al merito.

Il codice include tra le materie di giurisdizione estesa al merito gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuiti alla giurisdizione amministrativa, atteso che, ai sensi dell’articolo 130, co. 9, il tribunale amministrativo regionale, nel rito relativo alle operazioni elettorali di comuni, province e regioni, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegalmente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo.        

L’estensione al merito in tale materia ha una connotazione molto diversa rispetto alla precedente in quanto la sostituzione dell’autorità giurisdizionale all’autorità amministrativa si concreta nel porre in essere gli atti esecutivi della sentenza di annullamento, ma senza alcun apprezzamento diretto dell’interesse pubblico.

In altri termini, nel caso di specie, si ha una sorta di anticipazione dell’esecuzione alla cognizione, ma senza alcun esercizio di potere amministrativo discrezionale da parte del giudice in quanto l’attività oggetto di sostituzione è totalmente vincolata.

 

3. Sanzioni amministrative

L’articolo 134 del codice opportunamente include tra le materie di giurisdizione estesa al merito quella relativa alle sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti. L’espresso inserimento di tale materia tra quelle di estensione al merito, che si aggiunge alla devoluzione alla giurisdizione amministrativa esclusiva delle controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori (ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati), adottati dalle Autorità indipendenti, omogeneizza le diverse normative in materia, non sempre tra loro coerenti. Con riferimento alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in particolare, la giurisprudenza aveva ritenuto, in ordine alle sanzioni irrogate per la formazione di un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o per l’abuso di posizione dominante, che la giurisdizione del giudice amministrativo si estendesse al merito ai sensi dell’articolo 23 l. 689/1981, applicabile in virtù del richiamo contenuto nell’articolo 31 l. 287/1990, sicché il Tribunale, oltre ad annullare in tutto o in parte l’atto, poteva anche modificare lo stesso limitatamente all’entità della sanzione dovuta[22], mentre, in ordine alle sanzioni applicate per pratica commerciale scorretta, era stato ritenuto dubbio, ai sensi dell’articolo 27, co. 13, Decreto Legislativo 206/2005, che il giudice amministrativo potesse esercitare giurisdizione di merito, atteso che il Tribunale avrebbe potuto solo annullare in tutto o in parte l’atto, ma non anche modificare lo stesso relativamente all’entità della sanzione dovuta.

La giurisdizione attribuita al giudice amministrativo in materia di contestazione sui confini territoriali non è circoscritta alla semplice verifica di legittimità dell’atto impugnato, ma si espande all’intero rapporto controverso con poteri di pieno accertamento dei fatti, al fine di dare l’assetto definitivo al rapporto medesimo.

Nell’esercizio di tali poteri, tuttavia, il giudice amministrativo non crea nuovi confini, ma deve limitarsi ad accertare quelli esistenti.

Pertanto, anche in tal caso, così come per la giurisdizione in materia elettorale, la sostituzione del giudice amministrativo all’amministrazione si concreta nell’esercizio di un potere del tutto vincolato, laddove, nell’ipotesi del giudizio di ottemperanza quando il riesercizio del potere discrezionale non è completamente conformato dalla sentenza da eseguire, nelle controversie inerenti le sanzioni pecuniarie e nelle controversie aventi ad oggetto il diniego di rilascio di nulla osta cinematografico, l’attività sostitutiva afferisce strettamente al merito amministrativo, avendo il giudice la facoltà (e il dovere) di compiere egli stesso valutazioni circa l’opportunità, la convenienza o la proporzionalità (come nel caso delle sanzioni pecuniarie da modificare nel quantum) dell’azione amministrativa.

In definitiva, dalla natura delle controversie devolute alla giurisdizione amministrativa di merito, si ricava che, mentre in taluni casi il giudizio attiene realmente al merito amministrativo, in altri casi una valutazione di opportunità non è nemmeno astrattamente configurabile.

Peraltro - sebbene non sia stata espressamente qualificata come giurisdizione con cognizione estesa al merito, ma solo come giurisdizione esclusiva - anche la giurisdizione relativa alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione nonché alle sanzioni alternative comporta, in funzione del bilanciamento degli interessi, apprezzamenti diretti dell’interesse pubblico e, quindi, una valutazione del merito amministrativo.

 

4. Inefficacia contratto d’appalto

L’articolo 121 del codice, infatti, attribuisce al giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva il potere di dichiarare, nei casi tipizzati di gravi violazioni, l’inefficacia del contratto precisando, in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva; il secondo comma di tale articolo, peraltro, dispone che, anche in presenza delle violazioni per le quali dovrebbe essere dichiarata l’inefficacia, il contratto resta efficace qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale (ad esempio, esigenze imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale) imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative di cui all’articolo 123 (id est: sanzione pecuniaria nei confronti della stazione appaltante ovvero riduzione della durata del contratto).

Al di fuori delle ipotesi qualificate come violazioni più gravi, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’articolo 122, stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta; se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato.

Pertanto, nonostante in sede di elaborazione del decreto sia stata espunta al primo comma la locuzione “esclusiva e di merito” per qualificare la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla privazione di effetti del contratto e alle sanzioni alternative, il corpus normativo sembra attribuire al giudice amministrativo una giurisdizione non solo esclusiva ma anche comprensiva di valutazioni che, afferendo alla comparazione ed alla ponderazione diretta degli interessi pubblici e privati coinvolti dalla fattispecie concreta, si estendono alla sfera del merito amministrativo.

Infatti, non solo è attribuita, in sede di cognizione, la giurisdizione a pronunciare sugli effetti del contratto, ma è attribuito anche il potere-dovere di esercitare un’attività di valutazione dell’interesse pubblico sostitutiva di quella che potrebbe essere svolta dall’amministrazione.

Le nuove attribuzioni in materia di effetti sul contratto e sanzionatori a seguito dell’aggiudicazione definitiva, in sostanza, sembrano permeate proprio da quella valutazione diretta degli interessi pubblici e privati coinvolti dall’azione amministrativa che costituisce l’essenza più profonda del merito amministrativo e comportano che lo stesso giudice sia chiamato a sostituire all’assetto di interessi dettato dall’amministrazione con il provvedimento impugnato ed annullato all’esito del ricorso l’assetto di interessi che ritiene, sulla base anche di valutazioni di opportunità, di convenienza e di buona amministrazione, il più idoneo a regolare il rapporto controverso.

 

5. Risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo

Sempre in tema di valutazioni giurisdizionali afferenti al merito dell’azione amministrativa, occorre rilevare che il giudice amministrativo, nel giudizio risarcitorio, è chiamato a sostituirsi in via ipotetica all’amministrazione al fine di compiere un giudizio prognostico sull’effettiva spettanza del bene della vita.

La risarcibilità del danno da lesione dell’interesse legittimo, infatti, presuppone che il danno sia ingiusto e cioè che l’attività illegittima della pubblica amministrazione abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento, sicché, per gli interessi legittimi pretensivi, la cui lesione si configura nel caso di illegittimo diniego del provvedimento richiesto o di ingiustificato ritardo nella sua adozione, il giudice deve valutare la consistenza della protezione che l’ordinamento riserva alle istanze di ampliamento della sfera giuridica del pretendente e tale valutazione implica un giudizio prognostico, da condurre in riferimento alla normativa di settore, sulla fondatezza o meno dell’istanza.

È soltanto la lesione del bene della vita, insomma, che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante dal provvedimento illegittimo e colpevole dell’amministrazione, o dalla sua inerzia, e lo rende risarcibile.

Il giudice, pertanto, non può accogliere l’istanza risarcitoria a prescindere dalla formulazione di un giudizio sulla certa o probabile spettanza dell’utilità finale, ma il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, elemento psicologico, nesso di causalità, evento dannoso), alla dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che l’aspirazione al provvedimento era destinata, certamente o probabilmente, ad un esito favorevole.

La sostituzione del giudice all’amministrazione, sia pure in modo virtuale e nella sola prospettiva risarcitoria, è tanto più evidente quanto più sono intensi i margini di valutazione discrezionale rimessi all’amministrazione nel riconoscere al privato il bene della vita.

In tale ipotesi, è stato prospettato il rischio di un’ingerenza del giudice – chiamato a formulare il giudizio prognostico sul bene non ottenuto con la determinazione illegittima ed annullata – nella sfera esclusiva dell’amministrazione, quella relativa al merito amministrativo e alle valutazioni di pura opportunità e convenienza alla stessa spettanti nella prospettiva dell’ottimale perseguimento dell’interesse pubblico. Nel previgente ordinamento infatti un cospicuo orientamento giurisprudenziale aveva escluso che nei casi connotati dalla persistenza in capo all’amministrazione di significativi spazi di discrezionalità amministrativa pura, il giudice potesse indagare sulla spettanza del bene della vita, ammettendo il risarcimento solo dopo e a condizione che l’amministrazione, riesercitato il potere, avesse riconosciuto all’istante il bene stesso, nel qual caso il danno ristorabile non potrebbe che ridursi al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento di quel bene. Orientamento che pure coglie i termini del problema ma non pare persuasivo e, comunque, non può ritenersi condividibile nella nuova struttura del codice. In primo luogo, se non sussiste incertezza sul fatto che, a seguito dell’annullamento giurisdizionale, l’amministrazione è tenuta a riesercitare il proprio potere discrezionale nei limiti della portata conformativa della pronuncia giurisdizionale, è altrettanto vero che, al fine di verificare la spettanza dell’utilità richiesta con la presentazione dell’istanza, il riesercizio del potere discrezionale dovrebbe avvenire sulla base delle stesse situazioni di fatto e di diritto esistenti al momento dell’adozione del provvedimento annullato, il che non sempre è possibile (si pensi, ad esempio, ad un diniego di promozione annullato quando il dipendente è ormai in quiescenza o ad un diniego di un qualsiasi atto accrescitivo della sfera giuridica di un soggetto non più vivente). In tali casi, non sussistendo più le condizioni affinché l’adozione di un eventuale atto positivo possa effettivamente attribuire all’interessato l’utilità a suo tempo sperata, all’amministrazione non resterebbe che riesercitare, virtualmente ed ora per allora, il potere discrezionale, con la conseguenza che un eventuale ulteriore diniego costringerebbe il ricorrente o i suoi eredi ad una nuova impugnativa e così via.

La problematicità della questione, però, si delinea con maggiore evidenza con l’entrata in vigore del codice, atteso che, essendo stata introdotta la possibilità dell’azione risarcitoria autonoma, se l’azione risarcitoria non si accompagna all’azione di annullamento, il giudizio di illegittimità dell’atto causativo del danno deve essere necessariamente condotto in via incidentale e non producendo, ovviamente, l’annullamento dello stesso non impone all’amministrazione alcun obbligo di riesercizio del potere nei confronti del quale, peraltro, il ricorrente, avendo optato per l’azione risarcitoria autonoma, non ha mostrato alcun interesse.

All’assenza dell’obbligo dell’amministrazione di riesercizio del potere consegue che il giudice, al fine di decidere sulla domanda risarcitoria, è tenuto a compiere il giudizio prognostico anche nell’ipotesi di provvedimento discrezionale, con valutazione diretta del merito amministrativo.

 

Il punto di vista dell’Autore

Gli ambiti di giurisdizione estesa al merito sono plurimi secondo una prospettiva che pare invero tendere verso ampliamenti ulteriori, in costante evoluzione.