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Art. 512-bis - Lettura di dichiarazioni rese da persona residente all’estero

1. Il giudice, a richiesta di parte, può disporre, tenuto conto degli altri elementi di prova acquisiti, che sia data lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero anche a seguito di rogatoria internazionale se essa, essendo stata citata, non è comparsa e solo nel caso in cui non ne sia assolutamente possibile l’esame dibattimentale.

Rassegna giurisprudenziale

Lettura di dichiarazioni di persona residente all’estero (art. 512-bis)

L’art. 512-bis trova applicazione esclusivamente nel caso in cui le dichiarazioni della cui lettura si tratta siano state rese da soggetto effettivamente residente in quel momento all’estero, dovendo invece trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 512 qualora tale soggetto fosse, al momento della deposizione, anche di fatto residente in Italia (Sez. 5, 13522/2017).

La lettura delle dichiarazioni rese dal cittadino italiano o straniero residente all’estero, anche se rese a seguito di rogatoria internazionale, è subordinata a tre presupposti che devono concorrere congiuntamente: a) che il dichiarante sia stato regolarmente citato e non sia comparso; b) che l’esame dibattimentale sia assolutamente impossibile; c) che la lettura sia giustificata dal complessivo quadro probatorio disponibile.

Trattasi di un procedimento acquisitivo che, derogando al principio del contraddittorio nella formazione della prova, non può essere passibile di estensione analogica.

Inoltre, il carattere derogatorio della lettura dei verbali ex art. 512-bis impone al giudice una rigorosa verifica preliminare dei presupposti applicativi, di cui deve essere fornito adeguato riscontro in motivazione. Il primo accertamento  di carattere, per così dire, preliminare da compiere  attiene alla verifica dell’effettiva e valida citazione del teste non comparso, secondo le modalità previste dall’art. 727 per le rogatorie internazionali o dalle convenzioni di cooperazione giudiziaria, con verifica dell’eventuale irreperibilità mediante tutti gli accertamenti opportuni.

Occorre quindi verificare che l’impossibilità di assumere in dibattimento il testimone sia assoluta ed oggettiva, non essendo sufficienti né mere problematiche relative all’organizzazione dell’esame né la mera impossibilità giuridica di disporre l’accompagnamento coattivo. Inoltre, ciò che rileva per l’operatività della norma in esame è la residenza sul territorio estero del dichiarante, indipendentemente dalla cittadinanza dello stesso, di tal che l’applicabilità della norma potrà riguardare sia cittadini italiani che stranieri, purchè residenti all’estero.

Nella valutazione di tali dichiarazioni, il giudice deve tener conto anche “degli altri elementi di prova acquisiti”. Secondo la giurisprudenza, con tale dizione il legislatore ha voluto precisare che le dichiarazioni possono entrare a far parte del materiale probatorio sottoposto all’esame del giudice soltanto se necessarie per la decisione in rapporto al materiale probatorio già acquisito, e non imporre al giudice una regola di giudizio secondo la quale tali dichiarazioni possono essere apprezzate per pervenire alla decisione solo dopo la valutazione degli altri elementi di prova agli atti.

Infatti, una volta autorizzatane la lettura in sede dibattimentale, dette dichiarazioni vanno valutate secondo i criteri generali di cui al primo comma dell’art. 192, che non pone alcuna gerarchia in ordine alla valutazione metodologica o temporale delle prove prese in considerazione per la decisione adottata derivante dalla loro natura o dal modo in cui esse sono state assunte (Sez. 2, 36900/2018).

L’art. 512-bis rivela che l’acquisizione di verbali che contengono dichiarazioni rese sui fatti oggetto di prova in alternativa all’ordinaria assunzione della testimonianza si pone come extrema ratio, in deroga ai principi generali in tema di letture vietate e impone al giudice, pertanto, la rigorosa verifica preliminare: a) della corretta citazione della persona residente all’estero, secondo le modalità fissate dall’art. 727; b) dell’esistenza di una causa di impossibilità assoluta ed oggettiva ad assumere la testimonianza medesima; c) dell’impossibilità di esaminare il teste attraverso rogatoria internazionale, secondo il modello previsto dall’art. 4 CEDU (Sez. 3, 24320/2018).

Nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento [principio affermato in connessione ad un motivo di ricorso fondato sull’asserita inutilizzabilità di un verbale dichiarativo acquisito in violazione dell’art. 512-bis] (Sez. 3, 3207/2015).