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Art. 513 - Lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare

1. Il giudice, se l’imputato è assente ovvero rifiuta di sottoporsi all’esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall’imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all’articolo 500, comma 4.

2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell’articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l’accompagnamento coattivo del dichiarante o l’esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l’esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all’esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell’articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l’accordo delle parti.

3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell’articolo 392, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 511.

Rassegna giurisprudenziale

Lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare (art. 513)

È costituzionalmente illegittimo l’art. 513 comma 2 ultimo periodo nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell’accordo delle parti alla lettura si applichi l’art. 500 commi 2-bis e 4 del codice di procedura penale (Corte costituzionale, sentenza 361/1998).

Come previsto dall’art. 513 comma 1 le dichiarazioni assunte d’iniziativa dalla PG (con o senza la presenza del difensore) non possono entrare nel fascicolo del dibattimento: il recupero delle dichiarazioni predibattimentali contra se, qualora l’imputato si avvalga del diritto al silenzio è, infatti, limitato ai casi in cui le dichiarazioni siano rese al PM o alla PG che le raccoglie su sua delega.

L’utilizzo delle dichiarazioni dell’imputato raccolte d’iniziativa dalla PG è dunque limitato alla fase procedimentale. Nell’ambito di tale fase il legislatore ha previsto un ulteriore limite: le dichiarazioni “sollecitate” acquisite senza garanzie “sul luogo e nell’immediatezza del fatto” sono utilizzabili solo per l’immediata prosecuzione delle indagini; tali dichiarazioni non sono dunque utilizzabili neanche nella fase procedimentale e, segnatamente, nella cognizione cautelare.

Le dichiarazioni “sollecitate”, rese dall’indagato nell’immediatezza dei fatti ed in assenza di garanzie, a differenza di quelle “spontanee”, non sono in alcun modo utilizzabili, neanche a favore del dichiarante (Sez. 2, 3930/2017).

La responsabilità dell’imputato, conformemente ai principi affermati dalla giurisprudenza europea, in applicazione dell’art. 6 CEDU, non può basarsi unicamente o in misura significativa su dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari da un soggetto che l’imputato non sia stato in condizioni di interrogare o far interrogare nel corso del dibattimento, per l’evidente eccezione che la norma in questione introduce al principio della formazione della prova in dibattimento, nel contraddittorio delle parti (SU, 27918/2011).

Le dichiarazioni predibattimentali rese dall’imputato anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 26, comma 2, L. 63/2001 sono utilizzabili nei confronti dello stesso dichiarante, poiché il discrimine per l’applicazione della normativa processuale sopravvenuta va individuato, in base al principio “tempus regit actum”, nel momento dell’assunzione della prova e non in quello della sua valutazione, sicchè nessun effetto preclusivo può esplicare, in relazione al combinato disposto degli artt. 513, comma 1 e 526, la circostanza che l’interrogatorio si sia svolto senza l’osservanza delle prescrizioni di cui al novellato art. 64 (Sez. 2, 4363/2018).

L’art. 350 disciplina l’acquisizione di informazioni provenienti dall’indagato da parte della PG “d’iniziativa”. La facoltà di interagire con l’indagato che non si trova in stato di arresto e di fermo (in tal caso il contatto con l’AG è un presidio di garanzia che non prevede eccezioni) spetta alla PG soprattutto al fine di consentire il proficuo svolgimento dell’attività investigativa nelle fasi iniziali del procedimento, e anche dopo.

Come previsto dall’art. 513, comma 1, le dichiarazioni assunte d’iniziativa dalla PG (con o senza la presenza del difensore) non possono entrare nel fascicolo del dibattimento: il recupero delle dichiarazioni predibattimentali contra se, qualora l’imputato si avvalga del diritto al silenzio è, infatti, limitato ai casi in cui le dichiarazioni siano rese al PM o alla PG che le raccoglie su sua delega. L’utilizzo delle dichiarazioni dell’imputato raccolte d’iniziativa dalla PG è dunque limitato alla fase procedimentale.

Nell’ambito di tale fase il legislatore ha previsto un ulteriore limite: le dichiarazioni “sollecitate” acquisite senza garanzie, sul luogo e nell’immediatezza del fatto, sono utilizzabili solo per l’immediata prosecuzione delle indagini; tali dichiarazioni non sono dunque utilizzabili neanche nella fase procedimentale (Sez. 3, 13735/2018).

La mancata opposizione al consenso non equivale al consenso di cui all’art. 513, comma 1, ultima parte, che, invece, deve essere esplicito (Sez. 1, 53608/2017).

In senso contrario: ai fini dell’utilizzazione delle dichiarazioni predibattimentali “contra alios” rese da imputati contumaci, assenti o che si siano rifiutati di sottoporsi ad esame, la necessità del consenso di cui all’art. 513, comma 1, ultima parte, non comporta che esso debba manifestarsi in modo espresso e formale, con la conseguenza che può essere desunto per implicito dal solo fatto che la disposta acquisizione non abbia formato oggetto di specifica opposizione; di conseguenza sono utilizzabili dichiarazioni auto  ed etero  accusatorie di un imputato contumace prodotte dal PM in relazione alle quali i coimputati non avevano formulato opposizione né al momento dell’acquisizione né all’esito dell’istruttoria dibattimentale, segnata dalla lettura degli atti utilizzabili per la decisione (Sez. 5, 13895/2015).

L'opposizione formulata dalla difesa, mirata a contestare l'acquisizione materiale del verbale di interrogatorio, si deve intendere nel senso della inutilizzabilità processuale dei suoi contenuti; seppure sia stato teorizzato dalla Corte che, ai fini dell'utilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali contra alios rese da imputati assenti o che si siano rifiutati di sottoporsi all'esame, la “non opposizione” all'acquisizione equivale al consenso previsto dall'art. 513 co. 1 ultima parte, giacché detto consenso può essere desunto per implicito dal fatto che la disposta acquisizione non abbia formato oggetto di specifica opposizione, al contrario, la manifestazione esplicita della volontà contraria all'acquisizione dell'atto esclude in radice il consenso alla sua utilizzabilità, perché l'ingresso dell'atto nel fascicolo del dibattimento costituisce presupposto indispensabile del suo successivo utilizzo per la decisione e, dunque, l'opposizione a tale ingresso - collocandosi in un momento logicamente antecedente - si pone in radicale e assorbente antitesi con qualunque possibilità ricostruttiva di un consenso presunto della parte ad utilizzare il contenuto di un atto di cui essa non vuole addirittura l'acquisizione (precisa il Supremo collegio che la difesa neppure era tenuta a motivare le ragioni del proprio dissenso che esplica i suoi effetti preclusivi anche se argomentato su basi giuridiche erronee, quali la dedotta tardività del momento processuale di acquisizione dell'atto de quo nel corso della discussione finale che, in verità, il giudice poteva legittimamente disporre ex artt. 507 e 523 co. 6) (Sez. 1, 7444/2021).
 

L’art. 513 dispone che sia data lettura delle dichiarazioni dell’imputato, su istanza di parte, nel caso in cui egli sia assente, contumace ovvero abbia rifiutato di sottoporsi ad esame, laddove l’utilizzo della particella disgiuntiva “ovvero” sta a significare che la richiesta di esame non costituisce un presupposto rispetto ai casi di assenza e contumacia (Sez. 5, 25942/2017).

Le affermazioni accusatorie rese dallo stesso imputato, acquisite ai sensi dell’art. 513, non soggiacciono al principio della rinnovazione in caso di mutamento dell’organo giudicante (Sez. 2, 13830/2017).