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Art. 559 - Dibattimento

1. Il dibattimento si svolge secondo le norme stabilite per il procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale, in quanto applicabili.

2. Anche fuori dei casi previsti dall’articolo 140, il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono e il giudice non ritiene necessaria la redazione in forma integrale.

3. L’esame diretto e il controesame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle persone indicate nell’articolo 210 e delle parti private sono svolti dal pubblico ministero e dai difensori. Su concorde richiesta delle parti, l’esame può essere condotto direttamente dal giudice sulla base delle domande e contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori.

4. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione.

Rassegna giurisprudenziale

Dibattimento (art. 559)

La verifica della regolare costituzione delle parti – con eventuale rinnovo di avvisi, citazioni, comunicazioni e notificazioni – costituisce primario dovere del giudice, da svolgere quale atto introduttivo del giudizio, d’ufficio e senza necessità di alcuna sollecitazione (come evidenziato dagli artt. 420 e ss. in tema di udienza preliminare, così come dall’art. 484, stesso codice, in sede di dibattimento, e – per richiamo implicito – dall’art. 559 con riguardo al procedimento innanzi al tribunale in composizione monocratica).

Quanto all’imputato, peraltro, tale accertamento precede tutti gli altri, rileva in sé e – quel che inerisce al caso di specie – prescinde del tutto dall’esito della analoga verifica effettuata nei confronti dei difensori; per condiviso e ribadito principio giurisprudenziale, infatti, sono legittimi tanto la prioritaria dichiarazione di contumacia (oggi, assenza) dell’imputato in presenza del difensore designato ai sensi dell’art. 97, comma quarto, in sostituzione del difensore di fiducia che abbia richiesto il rinvio della udienza per impedimento a comparire, quanto, in accoglimento di tale richiesta, il successivo rinvio del processo ad altra udienza.

In altri termini, in caso di assenza in dibattimento sia dell’imputato che del difensore, la dichiarazione di contumacia del primo – e dunque la valutazione circa l’impedimento eventualmente addotto e la conseguente decisione, sentiti il PM e il sostituto designato dal difensore assente – è preliminare rispetto alla valutazione dell’impedimento a comparire prospettato dal difensore di fiducia non comparso.

Sì da doversi condividere, quindi, l’assunto di cui alla sentenza, in forza del quale l’imputato ha diritto ad una nuova citazione a giudizio soltanto quando venga accertata la legittimità del suo impedimento a comparire o la irritualità della sua citazione, mentre tutte le volte in cui sia stato dichiarato regolarmente assente (o, in passato, contumace) alla presenza di un difensore – di fiducia, ma anche di un suo sostituto, o di uno solo dei difensori di fiducia nominati – non ha diritto ad ulteriori avvisi per l’udienza di rinvio, risultando rappresentato dal difensore presente (Sez. 3, 10182/2018).

Non sussiste alcuna nullità o inutilizzabilità del verbale di udienza dibattimentale nel caso in cui il giudice abbia disposto la redazione dello stesso in forma riassuntiva, sebbene non ricorressero le condizioni di cui all’art. 140 ed in mancanza del consenso espresso dalle parti ai sensi dell’art. 559, comma 2; si tratta, infatti, di inosservanza che non rientra tra le ipotesi tassativamente previste dall’art. 142 o da altre disposizioni presidiate da sanzione processuale (Sez. 2, 53051/2016).

Il potere sostitutivo attribuito al presidente del tribunale, in caso di impedimento del giudice monocratico, non è circoscritto alla sola sottoscrizione della sentenza, ma si estende anche alla stesura dei motivi della decisione (SU, 3287/2009).

Viene prospettato in ricorso che l’art. 559, comma 4 troverebbe diverse modalità applicative, a seconda che il giudice impedito abbia o meno redatto la minuta della motivazione, giacché nel primo caso il presidente dovrebbe procedere a sottoscrivere tale documento prima del suo deposito in cancelleria mentre, nel secondo caso, il presidente dovrebbe limitarsi, dando atto dell’impedimento del giudice, a sottoscrivere il dispositivo (eventualmente preceduto dall’indicazione del nominativo dell’imputato, delle imputazioni e delle conclusioni delle parti), ordinandone il deposito ai fini della eventuale impugnazione, finalizzata ad ottenere una declaratoria di nullità della decisione con regressione al giudice di primo grado.

In quest’ottica non solo viene affermata la possibilità dell’impugnazione del mero dispositivo, ma essa viene anzi configurata quale strumento idoneo a superare una situazione di stallo determinata dalla sopravvenuta impossibilità di provvedere al deposito della motivazione.

Tale ricostruzione procedimentale non è condivisibile, sia perché per il giudice monocratico non è previsto il deposito di alcuna “minuta” sia perché il caso della mancanza assoluta della motivazione non rientra tra quelli, tassativamente previsti dall’art. 604, nei quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado; verificandosi invece nullità ai sensi dell’art. 125, comma 3, alla quale, allorquando la sentenza è appellabile, il giudice di appello può rimediare in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto assegnatigli dalla legge (SU, 3287/2009).