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Art. 391-septies - Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico

1. Se è necessario accedere a luoghi privati o non aperti al pubblico e non vi è il consenso di chi ne ha la disponibilità, l’accesso, su richiesta del difensore, è autorizzato dal giudice, con decreto motivato che ne specifica le concrete modalità.

2. Nel caso di cui al comma 1, la persona presente è avvertita della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell’articolo 120.

3. Non è consentito l’accesso ai luoghi di abitazione e loro pertinenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato.

Rassegna giurisprudenziale

Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico (art. 391-septies)

L’art. 391-septies si limita ad estendere al difensore i poteri di ispezione, e non quelli di perquisizione. La norma deve essere letta insieme a quella del precedente articolo 391-sexies, che regola l’accesso ai luoghi; e quest’ultima disposizione di legge consente al difensore, al sostituto e agli ausiliari indicati nell’articolo 391-bis soltanto di procedere alla descrizione dei luoghi o delle cose e di eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi, redigendo apposito verbale (Sez. 2, 42588/2005).

L’articolo 391-septies regola esclusivamente l’accesso del difensore ai luoghi privati o non aperti al pubblico, ed è del tutto escluso che esso consenta l’acquisizione documentale; quest’ultima, infatti, è espressamente disciplinata - ma solo con riferimento alla pubblica amministrazione - dall’articolo 391-quater, il quale ha mutuato il modello comportamentale previsto dall’articolo 256, che impone l’immediata consegna all’AG che ne faccia richiesta, degli atti e dei documenti custoditi dalle persone indicate negli articoli 200 e 201.

Ma che il menzionato art. 391-septies si limiti ad estendere al difensore i poteri di ispezione, e non quelli di perquisizione lo si ricava con assoluta certezza non solo dalla lettera della legge, ma anche dalle seguenti considerazioni: 1) La norma in esame deve essere letta insieme a quella del precedente articolo 391-sexies, che regola l’accesso ai luoghi; e quest’ultima disposizione di legge consente al difensore, al sostituto e agli ausiliari indicati nell’articolo 391-bis soltanto di procedere alla descrizione dei luoghi o delle cose e di eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi, redigendo apposito verbale.

È perciò escluso che le suddette disposizioni possano essere utilizzate per ricercare documenti e per richiederne copia, attività questa riservata alle perquisizioni e ai sequestri. 2) L’accesso alla documentazione da altri detenuta è regolato espressamente dall’articolo 391-quater, che si riferisce solo ai documenti in possesso della pubblica amministrazione.

Quest’ultima, d’altro canto, a prescindere dalla norma del codice di procedura penale in esame, ha l’obbligo di consentire l’accesso dei privati ai documenti in suo possesso, purchè i richiedenti provino di avere un interesse personale e concreto a prenderne visione e a estrarne copia. Mentre nessun obbligo del genere è stato stabilito dalla legge a carico dei singoli soggetti privati, detentori di documentazione che potrebbe interessare terzi.

Conseguentemente, il legislatore ha distinto le due ipotesi, consentendo che il difensore  al fine di superare alcune difficoltà esistenti nella normativa sull’accesso  possa immediatamente richiedere alla pubblica amministrazione i documenti che questa possiede; e negando invece che siffatta facoltà spetti al difensore nei confronti di un soggetto privato, rispetto ai documenti da quest’ultimo posseduti.

Adottando la soluzione giuridica prospettata dal ricorrente, si finirebbe con il sovvertire i principi che presiedono al sequestro penale: infatti, la stessa AG incontra alcuni limiti nell’esecuzione di un provvedimento di coercizione reale (pertinenza della cosa da sequestrare con il reato o con la prova di esso, necessità di allegare agli atti in ogni caso il documento sequestrato, possibilità per il terzo di impugnare il provvedimento di sequestro); mentre nessuno di questi limiti sarebbe concretamente operativo nei confronti del difensore, se l’articolo 391-septies gli attribuisse un potere di perquisizione tanto esteso da consentirgli la ricerca e l’estrazione di copia dei documenti posseduti dai privati.

Dunque è corretta la tesi giuridica sostenuta nel provvedimento impugnato, in ordine alla quale  pur in assenza di precedenti giurisprudenziali  ha avuto modo di pronunciarsi la dottrina.

Peraltro, tutti i commentatori della norma in esame hanno rilevato  alcuni criticandolo e altri condividendolo  il mancato riferimento alla facoltà di accesso alla documentazione detenuta dai privati; e hanno giustamente affermato che l’unico rimedio esperibile, nell’ipotesi di rifiuto del privato di esibire documenti, sia il ricorso alla richiesta di sequestro di ex art. 368 o la formulazione di istanze ex art. 367, disposizioni queste cui fa rinvio lo stesso articolo 391-quater, comma 3, in caso di rifiuto di esibizione da parte della pubblica amministrazione (Sez. 2, 42588/2005).

Il consulente di parte della difesa può essere autorizzato non solo a esaminare le cose sequestrate dove si trovano, ma anche a prelevare campioni al fine di farli esaminare, specie ove si tratti di attività ripetibile (GUP Tribunale La Spezia, ordinanza 26.5.2004).

Il difensore non può compiere accertamenti tecnici che importino una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi, tale da rendere l’accertamento stesso non ripetibile, se essi non siano anche indifferibili. Pertanto, il giudice non può autorizzare ex art. 39-septies comma 1 l’accesso in luogo privato nel caso in cui l’istanza difensiva sia volta al compimento di attività irreversibilmente modificativa dello stato dei luoghi (GUP Tribunale Lanciano, ordinanza 14.3.2003).

Non sussistendo divieti normativi, deve ritenersi in facoltà dell’imputato o del sottoposto alle indagini presenziare personalmente all’attività di investigazione difensiva consistente nell’accesso ai luoghi allo scopo di consentire la ricerca e l’individuazione degli elementi di prova favorevoli.

L’illegittimo diniego della facoltà dell’imputato o dell’indagato di partecipare all’espletamento dell’atto di investigazione difensiva consistente in un accesso a luoghi genera una nullità, per violazione del diritto di difesa, riconducibile all’art. 178, 1° comma, lett. c); tale nullità travolge, in via derivata, il successivo decreto che dispone il giudizio, e comporta la regressione del procedimento alla fase in cui è intervenuta la nullità” (Tribunale Bari, ordinanza 2.12.2002).