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Art. 177 - Tassatività

1. L’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge.

Rassegna giurisprudenziale

Tassatività (art. 177)

La categoria dell’abnormità è stata elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in stretto collegamento con il tema della tassatività, che, come è noto, pervade il regime delle impugnazioni, in genere, e del ricorso per cassazione in specie.

Rimedio, quest’ultimo, che, significativamente, racchiude in sé l’esigenza di approntare uno strumento  eventualmente alternativo e residuale rispetto a tutti gli altri rimedi  che assicuri il controllo sulla legalità del procedere della giurisdizione.

L’abnormità, quindi, più che rappresentare un vizio dell’atto in sé, da cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, integra  sempre e comunque  uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento.

Tanto che si tratti di un atto strutturalmente eccentrico rispetto a quelli positivamente disciplinati, quanto che si versi in una ipotesi di atto normativamente previsto e disciplinato, ma utilizzato al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragione di essere nell’iter procedimentale, ciò che segnala la relativa abnormità è proprio l’esistenza o meno del potere di adottarlo. In questa prospettiva, dunque, abnormità strutturale e funzionale si saldano all’interno di un fenomeno unitario.

Se all’AG può riconoscersi l’attribuzione circa l’adottabilità di un determinato provvedimento, i relativi, eventuali vizi saranno solo quelli previsti dalla legge, a prescindere dal fatto che da essi derivino effetti regressivi del processo. Ove, invece, sia proprio l’attribuzione a far difetto  e con essa, quindi, il legittimo esercizio della funzione giurisdizionale  la conseguenza non potrà essere altra che quella dell’abnormità, cui consegue l’esigenza di rimozione (SU, 25957/2009).

Labnormità, nella duplice accezione strutturale e funzionale, va ricondotta ad un fenomeno unitario, caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell’atto, che si aggiunge a quelli tassativamente stabiliti dall’art. 606, comma 1, quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge.

L’ammissibilità, inoltre, deve essere individuata sulla base della situazione processuale prospettata nel ricorso a prescindere da verifiche nel merito delle anomalie prospettate, ricordandosi che la categoria è stata creata dalla giurisprudenza di legittimità per consentire di rimuovere un provvedimento non inquadrabile nel sistema o che si pone di impedimento allo sviluppo processuale, ma essa presenta indubbi caratteri di eccezionalità, in relazione alla deroga che viene attuata al principio di tassatività delle nullità.

Per un’esatta individuazione dell’area del vizio rilevabile, occorre escludervi, da un lato, i c.d. vizi innocui che costituiscono il vero e proprio limite logico della categoria (e si riscontrano nei casi in cui vi è una irrilevanza sopravvenuta dell’anomalia, avendo il giudice esercitato un potere che non gli spettava, ma senza che ciò abbia realizzato una stasi del processo, anche ove una indebita regressione vi sia stata); dall’altro, tutte le situazioni di illegittimità dell’atto, per le quali l’ordinamento ha previsto una specifica sanzione processuale.

Non si può dunque ricorrere alla categoria dell’abnormità al fine di giustificare il ricorso immediato per cassazione avverso atti affetti soltanto da nullità o comunque non condivisi, poiché ciò si tradurrebbe nella elusione del regime di tassatività dei casi di impugnazione e dei mezzi esperibili, stabilito dall’art. 568, comma 1 (Sez. 4, 29349/2018).

L’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive in quanto devono essere attentamente considerate dal giudice cui vengono rivolte (Sez. 2, 25924/2018).

Non è affetta da nullità, ma meramente irrituale, la notificazione (nella specie, a mezzo fax) avvenuta mediante consegna al difensore di fiducia domiciliatario di un’unica copia dell’atto da notificare, con l’espressa indicazione in esso dei destinatari specificamente individuati nell’imputato e nel difensore; in particolare non sussiste la nullità della notifica dell’avviso dell’udienza, effettuata, a mezzo fax, in unico esemplare al comune studio dei due difensori, in quanto la violazione delle disposizioni di cui all’art. 54 Att.   per il quale il numero di copie degli atti da notificare deve essere uguale a quello dei destinatari della notificazione  non è sanzionata a pena di nullità, stante il principio di tassatività delle nullità (Sez. 5, 25649/2018).

Poiché le norme che stabiliscono i termini a comparire non sanzionano mai espressamente la loro violazione con la nullità, è inevitabile dedurla con il tramite dell’art. 178 considerandola nullità di ordine generale concernente l’intervento dell’imputato (art. 178, comma 1, lett. c), ostando il riconoscimento su base diversa il principio di tassatività (Sez. 1, 13380/2018).

In presenza di un’errata qualificazione del provvedimento genetico, non è configurabile alcun meccanismo di tutela dell’interessato, i cui diritti difensivi non sono in alcun modo pregiudicati, fermo restando che l’atto di sequestro, anche se formalmente qualificato come ordinanza, ha comunque natura e valore di decreto (Sez. 3, 1549/2018).

La mancata osservanza delle formalità di acquisizione delle prove può porsi, eventualmente, sul piano della nullità della prova, sempre che tale sanzione sia prevista con riferimento alla singola violazione, in base al principio di tassatività delle nullità (Sez. 2, 9404/2018).

In tanto si può porre una questione di invalidità derivata, nella forma della nullità secondo il ricorrente, in quanto si possa configurare una invalidità/nullità presupposta e, necessariamente, una nullità prevista dal codice di rito, come noto informato al principio della tassatività delle nullità. Una mera omissione, vale a dire un non-atto, non può concettualmente dar vita ad una nullità, proprio in applicazione del principio della tassatività (Sez. 1, 22856/2018).

In tema di appello, la relazione della causa di cui al comma 1 dell’art. 602 ha funzione meramente espositiva e non ha alcuna incidenza sul principio del contraddittorio. La violazione di questa previsione è priva di specifica sanzione e non crea alcuna nullità (Sez. 1, 207/2018).

Nelle ipotesi in cui sia disposto che la partecipazione dell’imputato al dibattimento avvenga a distanza, l’inosservanza del termine di dieci giorni per la comunicazione alle parti ed ai difensori del relativo decreto non determina alcuna nullità, non essendo questa prevista dalla legge, bensì una mera irritualità (Sez. 2, 8897/2017).

La decisione del giudice di disporre per il deposito della motivazione di un termine più lungo fino a 45 giorni, in conformità alla facoltà che gli è concessa dal comma 10 dell’art. 309 non può essere oggetto di impugnazione, non essendo ipotizzabile alcuna nullità in proposito per il principio della tassatività delle nullità (Sez. 2, 8732/2017).

In tema di misure di prevenzione, la differenza, strutturale e funzionale, tra un decreto ed un mero avviso di fissazione dell’udienza implica, dunque, che il secondo non debba contenere, a pena di nullità, indicazioni esulanti dalle previsioni normative.

In altri termini, l’avviso di fissazione dell’udienza in camera di consiglio rappresenta soltanto una provocatio ad opponendum nei confronti della proposta di misura di prevenzione, un invito al contraddittorio, e non deve contenere indicazioni ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma regolatrice: contrariamente a quanto disposto, ad esempio, dall’art. 552, che prevede una serie di requisiti contenutistici del decreto di citazione a giudizio, la cui mancanza integra una nullità, l’art. 7, comma 2, D. Lgs. 159/2011 prevede soltanto che l’avviso di fissazione dell’udienza indichi la data, l’AG procedente ed i destinatari dello stesso (PM, proposto, eventuali terzi interessati, rispettivi difensori).

Ne consegue che non è sancita, tanto meno a pena di nullità, l’indicazione del tipo di pericolosità posto a fondamento della richiesta e degli elementi di fatto dai quali la si ritiene desumibile, trattandosi di requisiti non previsti dalla norma.

Peraltro, il principio di tassatività delle nullità non consente di estendere la nullità sancita dall’art. 7, comma 7, D. Lgs. 159/2011 al di fuori delle ipotesi espressamente stabilite; in tal senso, la nullità per inosservanza dell’art. 7, comma 2, deve ritenersi circoscritta alla sola ipotesi nella quale non venga notificato l’avviso di fissazione dell’udienza, analogamente a quanto previsto dall’art. 178, lett. b) e c) (Sez. 5, 21831/2017).