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Art. 178 - Nullità di ordine generale

1. È sempre prescritta a pena di nullità l’osservanza delle disposizioni concernenti:

a) le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario;

b) l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e la sua partecipazione al procedimento;

c) l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante.

Rassegna giurisprudenziale

Nullità di ordine generale (art. 178)

Giudice

L’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34, allorché non rilevata dal giudice con dichiarazione di astensione, né tempestivamente dedotta con istanza di ricusazione, non incide sulla capacità dello stesso e, conseguentemente, non è causa di nullità ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. a) (Sez. 7, 30209/2018).

Le incompatibilità disciplinate dal codice di procedura penale non hanno nulla a che vedere con le condizioni di capacità del giudice, la cui mancanza determina la nullità di ordine generale prevista dall’art. 178. Perciò gli atti compiuti dal giudice incompatibile non sono nulli, ma possono essere dichiarati inefficaci solo con il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione. Ne consegue che l’incompatibilità non può essere dedotta come motivo di impugnazione, ma solo come motivo di ricusazione nelle forme e nei termini prescritti dall’art. 38 (Sez. 24304/2018).

Il vigente codice, tutte le volte che indica il giudice competente all’esercizio della giurisdizione nei diversi stati e gradi del procedimento, si riferisce a singoli organi giudiziari, senza cenno alcuno alla persona fisica dei magistrati che li compongonoNe consegue che, nella fase del giudizio, la richiesta di adozione, modifica o revoca di una misura cautela re deve essere esaminata e decisa dal Tribunale, in composizione monocratica o collegiale, dalla Corte d’assise, dalla Corte d’appello o dalla Corte d’assise d’appello investiti della cognizione, nel merito, del processo, preferibilmente, ma non necessariamente, nella composizione fisica dei magistrati componenti l’organo giudicante che sta conducendo l’istruttoria dibattimentale o che, pur avendo definito il processo in quel determinato grado, è ancora in possesso dei relativi atti. D’altro canto, il principio di immutabilità del giudice, di cui all’art. 525, è riferito e riferibile solo alla deliberazione della sentenza, in quanto destinato a garantire che il giudizio sulla responsabilità dell’imputato sia espresso, nel rispetto dei principi di oralità, immediatezza e contraddittorio cui si ispira il processo penale, dalle stesse persone fisiche che hanno preso parte al dibattimento e presenziato all’assunzione delle prove: ne consegue che l’eventuale diversità di composizione (rispetto a quella dell’organo competente alla trattazione del processo) dell’organo, collegiale o monocratico, designato nei casi, modi e termini previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario, che decida in ordine ad alcuna delle dette richieste in materia cautelare, non incide sulla legittimità dei relativi provvedimenti, stante il principio di tassatività delle nullità e la mancanza di una specifica previsione di tale diversità come causa di nullità o la sua riconducibilità ad alcuna delle ipotesi di nullità di ordine generale previste dall’art. 178, comma 1, lett. a) , che sono tutte connesse alla violazione di norme concernenti la capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi secondo le norme di ordinamento giudiziario (Sez. 2, 28855/2018).

La trattazione congiunta del rito abbreviato con altro procedimento nei confronti di altre posizioni separate nell’ambito dello stesso originario procedimento, non è causa di abnormità o di nullità della decisione, né, tanto meno, di una situazione di incompatibilità suscettibile di tradursi in motivo di ricusazione per il giudice, poiché la coesistenza dei procedimenti comporta solo la necessità che, al momento della decisione, siano tenuti rigorosamente distinti i regimi probatori rispettivamente previsti per ciascuno di essi (Sez. 3, 30895/2018).

La pregiudiziale costituzionale, per espressa previsione normativa (L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, comma 2), determina la sospensione obbligatoria del procedimento che priva il giudice della potestas decidendi fino alla definizione della pregiudiziale medesima, né alle parti è attribuito alcun potere di rimuovere tale stasi processuale, essendo immodificabili ed insindacabili sia l’ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale sia il pedissequo provvedimento di sospensione; tuttavia, nell’ipotesi in cui venga obbligatoriamente sospeso un procedimento in cui sia in corso di applicazione una misura cautelare, il soggetto ad essa sottoposto che ritenga di aver maturato il diritto a riacquistare lo status libertatis per il verificarsi di una delle cause estintive del provvedimento coercitivo di cui all’art. 306, non incontra alcun ostacolo a far valere la sua pretesa in giudizio e può quindi promuovere davanti al giudice per le indagini preliminari, o ad uno dei giudici competenti per i vari gradi ai sensi dell’art. 279, un’azione di accertamento finalizzata alla declaratoria della sopravvenuta caducazione della misura ed all’ottenimento dell’ordinanza di immediata liberazione o di cessazione della misura estinta, secondo quanto dispongono, rispettivamente, il primo e il secondo comma del predetto articolo 306; trattasi, invero, di azione di natura dichiarativa, rivolta alla tutela di un diritto assoluto ed inviolabile, esperibile in ogni tempo salvo il limite della preclusione ove la questione abbia già formato oggetto di giudicato cautelare nelle sedi proprie. Le riferite indicazioni inducono, quindi, a ritenere che la pronunciata sospensione del solo giudizio incidentale in ordine al rinvio dell’udienza  con prosecuzione del processo per l’assunzione delle prove integri un provvedimento abnorme (Sez. 5, 25124/2018).

Lassegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio, salvo il possibile rilievo disciplinare, può incidere sulla costituzione e sulle condizioni di capacità del giudice, determinando la nullità di cui all’art. 33, comma 1, non in caso di semplice inosservanza delle disposizioni amministrative, ma solo quando si determini uno stravolgimento dei principi e dei canoni essenziali dell’ordinamento giudiziario, per la violazione di norme quali quelle riguardanti la titolarità del potere di assegnazione degli affari in capo ai dirigenti degli uffici e l’obbligo di motivazione dei provvedimenti. Lo stravolgimento dei principi e canoni essenziali dell’ordinamento giudiziario non si risolve nella mera inosservanza delle disposizioni amministrative che disciplinano le tabelle degli uffici giudicanti ed i criteri per l’assegnazione degli affari penali, ma deve essere, piuttosto, ravvisato in presenza di situazioni caratterizzate dall’arbitrio nella designazione del giudice e realizzate, al di fuori di ogni previsione tabellare, per costituire un giudice ad hoc (Sez. 5, 10100/2018).

La trattazione da parte del giudice onorario di un procedimento penale diverso da quelli relativi ai reati previsti dall’art. 550 non è causa di nullità, in quanto la disposizione ordinamentale di cui all’art. 43-bis, comma terzo, lett. b), dell’Ord. giud. introduce un mero criterio organizzativo dell’assegnazione del lavoro tra i giudici ordinari e quelli onorari (Sez. 5, 5810/2018).

 

Pubblico ministero

In tema di collaboratori di giustizia, il provvedimento di rigetto dell'istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, qualora adottato senza previa acquisizione del parere del Procuratore Nazionale Antimafia, prescritto dall'art. 16-octies DL 8/1991, convertito con modificazioni dalla L. 82/1991, è affetto da nullità a regime intermedio, in quanto attinente alla partecipazione al procedimento del pubblico ministero ex art. 178, lett. b), ultima parte c.p.p., soggetta al regime di deducibilità previsto dagli artt. 180 e 182 cosicché, ove non sia stata eccepita nell'appello dinanzi al tribunale del riesame, detta nullità non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (Sez. 1, 23545/2021).

La restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in assenza, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento (Sez. 5, 37658/2020).

In tema di misure di prevenzione patrimoniali, qualora l’istanza di revoca della confisca venga rigettata dal giudice senza il previo intervento del PM, è inammissibile, per carenza di interesse, l’impugnazione dell’istante volta a far valere, quale vizio del procedimento, la mancata partecipazione del PM; qualora il decreto di inammissibilità della richiesta, previsto dall’art. 666, comma 2, , nel procedimento di esecuzione, non sia stato preceduto dall’acquisizione del prescritto parere del PM, quella che si configura è una nullità a regime “intermedio”, riconducibile alle previsioni di cui all’art.178, comma 1, lett. b),  e non deducibile dalla parte privata ma soltanto dallo stesso PM, per violazione del contraddittorio cartolare alla cui realizzazione è finalizzata l’audizione di detto organo (Sez. 5, 12612/2017).

La carenza di valida delega al vice procuratore onorario per l’esercizio dell’azione penale - ai sensi dell’art. 50 D.Lgs. n. 274 del 2000 - determina una nullità di ordine generale concernente la violazione delle disposizioni relative alla partecipazione necessaria del PM al procedimento. Evidentemente quindi, ed a maggior ragione, integra violazione delle predette disposizioni concernenti la partecipazione necessaria del PM l’esercizio di attività giurisdizionale da parte di vice procuratore onorario la cui nomina, scaduta, non sia stata tempestivamente confermata, non potendosi ritenere sufficiente la successiva ratifica, la quale non può sanare una totale carenza di funzione al momento di concreto svolgimento dell’attività giudiziaria di PM in udienza (Sez. 5, 6216/2016).

L’articolo 666 prescrive, ai commi 3 e 4 (salvi i casi contemplati dal comma 2), il procedimento camerale partecipato, ai sensi dell’art. 127, con l’ulteriore requisito dell’intervento necessario del difensore e del PM. Sicché, se il giudice della esecuzione provvede de plano, fuori dei casi tassativamente previsti dall’ articolo 666, comma 2, con inosservanza delle forme di rito prescritte, tanto comporta la nullità di ordine generale e di carattere assoluto, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli articoli 178 e 179 del procedimento (Sez. 1, 45880/2014).

 

Imputato e suo difensore

La mancata comunicazione delle conclusioni del PG nel processo cartolare integra una nullità generale "a regime intermedio", ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c), che, per tale ragione, dev'essere eccepita nei termini dell'art. 182, comma 2, cioè prima del compimento dell'atto ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo (Sez. 3, 27688/2022).

Nel corso di un  giudizio di appello il difensore di un imputato ha spedito una PEC alla Corte,  dichiarando di aderire ad un’astensione collettiva dalle udienze per i giorni 24 e 25 giugno 2021 proclamata dall’Unione delle camere penali Italiane (UCPI) e chiedendo il rinvio del dibattimentoLa Corte di appello ha respinto la richiesta, rilevando che la delibera dell’UCPI escludeva espressamente dall’astensione la Camera penale di Santa Maria Capua Vetere, cui apparteneva il difensore, poiché la stessa aveva proclamato una precedente astensione per la data del 16 giugno 2021. Il legale, nell’interesse del suo assistito, ha presentato ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dal giudice di secondo grado, deducendo l’illegittimità del diniego del rinvio richiesto. Ciò perché “l’astensione dalle udienze proclamata da singole camere penali o da organismi legati al territorio di un determinato foro ha carattere locale e vincola esclusivamente i giudici che esercitano nella relativa circoscrizione territoriale, e, pertanto, l’astensione locale indetta per il 16 giugno dagli aderenti alla Camera Penale del foro di Santa Maria Capua Vetere non poteva essere “traslata” in una sede giudiziaria diversa. La delibera della Giunta dell’U.C.P.I. dell’Il giugno 2021 per i giorni di udienza del 24 e 25 giugno, per converso, avrebbe delineato un’esclusione solo oggettiva a far valere l’astensione nei fori (come quello di Santa Maria Capua Vetere) per i quali era già stata già dichiarata recentemente, e non già soggettiva, per gli appartenenti all’U.C.P.I. di tali fori che, tuttavia, in quel giorno avrebbero patrocinato al di fuori del circondario del loro foro di appartenenza”. La Suprema Corte ha accolto il ricorso. La Corte territoriale ha infatti compiuto un errore ritenendo che la delibera dell’UCPI prevedesse un ambito di esclusione non solo oggettivo ma anche soggettivo. La corretta premessa, chiarita tra l’altro dalle Sezioni unite penali con la sentenza n. 40187 del 27 marzo 2014, è che “L’astensione dalla partecipazione alle udienze costituisce, dunque, per il difensore l’esercizio di un diritto costituzionale, che il giudice deve riconoscere e garantire, purché avvenga nel rispetto delle condizioni e dei presupposti previsti dalle specifiche norme che lo regolano”. Un importante corollario desumibile dalle stesse fonti richiamate dalle Sezioni unite è che “l’astensione dalle udienze proclamata da singole camere penali o da organismi legati al territorio di un determinato foro ha carattere locale e vincola esclusivamente i giudici che esercitano nella circoscrizione territoriale corrispondente a quella dell’organismo rappresentativo di categoria che ha proclamato l’astensione (Sez. 4, n. 18809 del 11/04/2019, Borriello, Rv. 275763 – 01), e, dunque, non ha effetto nei confronti delle attività giudiziarie che si svolgono presso diversi uffici di merito o di legittimità,  pur se riferite a provvedimenti decisori degli uffici interessati all’astensione (Sez. 6, n. 34442 del 13/07/2016, Guarino, Rv. 267805 – 01)”. Al tempo stesso “deve ritenersi che l’astensione a carattere nazionale che eccettui, in virtù dei limiti temporali posti dal codice di autoregolamentazione, alcuni circondari, non impedisca al difensore iscritto alla Camera Penale di questo foro di aderire all’astensione, qualora debba esercitare attività defensionale al di fuori del distretto predetto”, caratteristica, questa, che si attagliava perfettamente al caso sottostante al ricorso. Quanto agli effetti prodotti dalla violazione in cui è incorsa la Corte territoriale, soccorrono ancora una volta le Sezioni unite (sentenza n. 15232/2015) chiarendo che “la mancata concessione da parte del giudice del rinvio della trattazione dell’udienza camerale in presenza di una dichiarazione effettuata o comunicata dal difensore nelle forme e nei termini previsti dall’art. 3, primo comma, del vigente codice di autoregolamentazione, determina una nullità per la mancata assistenza dell’imputato, ai sensi dell’art. 178, primo comma, lett. c), che ha natura assoluta ove si tratti di udienza camerale a partecipazione necessaria del difensore, ovvero natura intermedia negli altri casi” (Sez. 6, 28965/2022).

Nel giudizio cartolare d'appello previsto dall'art. 23-bis DL 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. 176/2020, integra una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell'art. 178, comma primo, lett. c), la mancata comunicazione delle conclusioni del PM al difensore di fiducia dell'imputato, nonostante la trasmissione delle stesse al difensore di ufficio (Sez. 3, 20557/2020).

In tema di decreto di citazione in appello, l'obbligo di traduzione degli atti in favore dell'imputato alloglotta, non irreperibile né latitante, sussiste a pena di nullità ex art. 178, lett. c), anche nel caso in cui egli abbia eletto domicilio presso il difensore, avendo quest'ultimo solo l'obbligo di ricevere gli atti destinati al proprio assistito, ma non anche quello di procedere alla loro traduzione (Sez. 2, 18948/2022).

La nullità del decreto di citazione diretta a giudizio per omessa notifica all'imputato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, poiché implica una lesione del diritto di difesa, è inquadrabile tra le nullità "generali a regime intermedio" e può essere pertanto eccepita anche oltre il termine di cui all'art. 491 c.p.p., ovvero fino alla deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 3, 44363/2021).

Nel procedimento di appello, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, la mancata comunicazione in via telematica delle conclusioni del pubblico ministero alla difesa dell’imputato, prevista dall’art. 23 bis, comma 2, DL 28 ottobre 2020 n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020 n. 176, integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c). (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado nonostante la difesa, in sede di conclusioni scritte, avesse eccepito la violazione del diritto di difesa causato dalla mancata trasmissione delle conclusioni del procuratore generale. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello competente) (Sez. 2, 43889/2021).

Nel procedimento di appello, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, la mancata comunicazione in via telematica delle conclusioni del pubblico ministero alla difesa dell’imputato, prevista dall’art. 23 bis, comma 2, del d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020 n. 176, integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c) (Sez. 2, 9547/2022).

In tema di giudizio d'appello celebrato con le forme del contraddittorio scritto, ai sensi dell'art. 23-bis DL 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. 176/2020, la trasmissione non immediata delle conclusioni del PM al difensore dell'imputato, come disposto dal comma 2 del predetto articolo, non integra di per sé una violazione del diritto di difesa, in quanto, stante il carattere tassativo delle nullità e l'assenza di una sanzione processuale per tale ipotesi, è necessario specificare il concreto pregiudizio derivatone alle ragioni della difesa, come, a titolo di esempio, la necessità di approfondimenti per la laboriosità delle imputazioni o per la complessità delle tesi avversarie. (In motivazione, la Suprema Corte ha osservato come la ritardata comunicazione delle conclusioni dell'organo requirente non possa essere parificata alla mancata comunicazione delle stesse. Nel caso di specie, in particolare, il ricorrente neppure aveva specificamente dedotto come la comunicazione tardiva avesse impedito al difensore l'accesso agli uffici della Procura Generale territoriale al fine di addivenire alla eventuale formulazione di una proposta di concordato da sottoporre alla Corte di appello ai sensi dell'art. 599-bis, evenienza, peraltro, puramente teorica attesa l'impossibilità concreta di conseguire un trattamento sanzionatorio migliore di quello applicato, tenuto conto della continuazione tra i reati in addebito e la ritenuta rilevanza della recidiva) (Sez. 6, 25553/2022).

In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, in caso di rinvio d'ufficio dell'udienza ai sensi dell'art. 1, comma 1, DL 18/20, l'omessa notifica all'imputato dell'avviso di fissazione della nuova udienza integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, suscettibile di essere sanata se non dedotta nei termini di cui agli artt. 180 e 182, comma 2 (Sez. 4, 27649/2022).

Secondo un principio di diritto pacifico, l’obbligo della difesa tecnica, sancito dagli artt. 96 e 97, esclude che le parti, anche se abilitate all’esercizio della funzione di avvocato, possano essere difese da se stesse, non valendo il richiamo, ex art. 6 CEDU, alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, ai fini dell’adeguamento del diritto interno, posto che esso è riferito solo alle norme internazionali di natura consuetudinaria e non a quelle di natura pattizia. Successivamente, si è ribadito che, anche a seguito dell’entrata in vigore della L. 247/2012 (Ordinamento della professione forense), l’autodifesa nel processo penale non è consentita, in difetto di una espressa previsione di legge che la legittimi. Dalla violazione del delineato divieto discende la nullità di ordine generale, assoluta ed insanabile, ex art. 178, comma 1, lett. c) e 179, dell’attività processuale compiuta con l’autodifesa dell’imputato, attesa la carenza di valido presidio defensionaleNullità che non può non ravvisarsi anche nel caso in cui l’assistenza defensionale sia prestata dall’avvocato che ricopra la veste di imputato dello stesso reato, oggetto di un procedimento originariamente unitario e successivamente separato in conseguenza delle diverse opzioni in rito compiute dai concorrenti, atteso che in tale ipotesi, proprio per la stretta interrelazione fra le posizioni soggettive derivante dalla comune imputazione, la difesa da parte del coimputato potrebbe comportare un vulnus ancora più serio all’effettività del diritto di difesa (Sez. 6, 30452/2018).

Le ricerche necessarie ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità devono essere eseguite cumulativamente, e non alternativamente, in tutti i luoghi indicati dall’art. 159, derivando, diversamente, la nullità assoluta del decreto di irreperibilità e delle conseguenti notificazioni, se attinenti alla citazione dell’imputato (Sez. 1, 32329/2018).

L'obbligo di traduzione degli atti in favore dell'imputato alloglotta sussiste - a pena di nullità ex art. 178 lett. c) - anche nel caso in cui egli abbia eletto domicilio presso il difensore d'ufficio, avendo quest'ultimo solo l'obbligo di ricevere gli atti destinati al proprio assistito, ma non anche quello di procedere alla loro traduzione. (In specie, il ricorrente è risultato comprendere unicamente la lingua georgiana, mentre l'atto introduttivo del giudizio è stato notificato nella lingua italiana al difensore domiciliatario, pertanto, la Corte ha annullato il provvedimento impugnato dovendosi escludere che tale forma di notificazione sia idonea a portare a conoscenza dell'imputato l'accusa contestatagli in quanto il vizio rilevato non attiene strettamente all'atto di vocatio in ius, che è stato validamente emesso nella lingua del processo, quanto nel conseguente (mancato) adempimento della traduzione dello stesso nella lingua nota all'imputato traducendosi l’omissione in parola in un vizio assimilabile a quelli che afferiscono alle procedure di notificazione dell'atto di vocatio in ius, nella misura in cui colpisce le modalità di compiuta comunicazione) (Sez. 1, 14231/2022).

Quando dalla progressione processuale non emerga alcun elemento indicativo della incapacità dell’imputato di comprendere gli atti a lui diretti e della correlata lesione del diritto alla partecipazione consapevole, non incomba sul giudice alcun obbligo di attivare i presidi di tutela indicati dall’art. 143  che devono essere disposti solo ove emergano elementi univocamente indicativi della incapacità di comprensione della lingua italiana, essendo escluso che tale incapacità possa essere riconosciuta solo perché l’imputato non ha la cittadinanza italiana. La eventuale nullità generata dalla mancata attivazione dei presidi di garanzia previsti dall’art. 143 è peraltro qualificabile come generale a regime intermedio, dato che è generata dalla lesione del diritto di difesa conseguente al mancato esercizio del diritto alla partecipazione consapevole: la stessa è pertanto sottoposta al regime di decadenze e sanatorie previsto dagli artt. 178 e ss.  (Sez. 2, 30379/2018).

In mancanza di una espressa previsione di nullità, la violazione dell'obbligo di traduzione può essere sanzionata con la nullità solo ritenendo che la disposizione della norma coinvolga "l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato", ai sensi dell'art. 178 comma 1 lett. c), ma se il diritto di difesa dell'imputato è garantito dallo slittamento del termine per proporre impugnazione avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare personale, non sussistono i presupposti per la sanzione di nullità del provvedimento stesso (aggiunge in motivazione la Corte che, seppure con riferimento alla sentenza, è stato insegnato che la mancata traduzione della sentenza nella lingua nota all'imputato alloglotta non integra un'ipotesi di nullità ma, se vi è stata specifica richiesta di traduzione ovvero questa è stata disposta dal giudice, i termini per impugnare decorrono dal momento in cui la motivazione della decisione sia stata messa a disposizione dell'imputato nella lingua a lui comprensibile e, pertanto, il motivo di impugnazione dedotto sul punto ha l'unico effetto di consentire la regolarizzazione dell'eventuale omissione e rimettere l'imputato in termini (Sez. 1, 15880/2021).

La mancata traduzione nella lingua dell’imputato alloglotta del decreto di citazione a giudizio, in presenza delle condizioni richieste dall’art. 143 come interpretato da Corte costituzionale, sentenza 12 gennaio 1993 n. 10, integra una nullità generale di tipo intermedio (artt. 178, lett. c) e 180) la cui deducibilità è soggetta a precisi termini di decadenza e che resta sanata dalla comparizione della parte (Sez. 2, 31292/2018).

Sono valide le notifiche effettuate all’imputato presso il difensore di fiducia dopo la prima eseguita personalmente, salvo espressa dichiarazione di non accettazione del difensore, non allegata nel caso di specie, o di dichiarazione o elezione di domicilio (SU, 58120/2017).

L’omesso avviso al difensore di fiducia della data fissata per la celebrazione del giudizio abbreviato di appello determina una nullità di ordine generale intermedio che non è sanata dalla mancata eccezione del vizio di notifica da parte del sostituto d’ufficio, ex art. 97, comma 4, del difensore non avvisato (Sez. 2, 28180/2018).

Integra una nullità generale a regime assoluto, ai sensi degli artt. 178, comma 1 lett. c) e 179, l'omessa notifica dell'avviso di fissazione del dibattimento in appello al difensore di ufficio nominato, fin dal giudizio di primo grado, in sostituzione del difensore di fiducia rinunciante al mandato. Nei confronti del difensore d'ufficio, il quale abbia concretamente esercitato il mandato, è applicabile il principio di immutabilità della difesa, cosicché la nullità non è esclusa per effetto dell'avvenuta notifica dell'avviso di fissazione al precedente difensore di fiducia rinunciante (Sez. 2, 7468/2021).

Quanto al mancato avviso dell’interrogatorio ex art. 294  a uno dei due difensori nominati, tale omissione non dà luogo ad una nullità assoluta, ex art. 179, bensì a regime intermedio, ai sensi dell’art. 180 del codice di rito, con la conseguenza che tale vizio è da ritenersi sanato se la parte o uno dei suoi difensori presenti all’atto non la eccepiscono prima del suo compimento ovvero nel caso di mancata comparizione di entrambi i difensori all’udienza, implicando tale condotta la volontaria e consapevole rinuncia della difesa e della parte, globalmente considerata, a far rilevare l’omessa comunicazione ad uno dei difensori (Sez. 2, 31755/2018).

La nullità per erronea dichiarazione di assenza in luogo della contumacia è a regime intermedio perché attinente all’intervento dell’imputato ex art. 178, lett. e) cosicché essa deve essere eccepita immediatamente dal difensore nel relativo giudizio (Sez. 7, 31524/2018).

Non è ravvisabile il legittimo impedimento a comparire dell’imputato sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora in comune diverso da quello in cui ha sede il Tribunale procedente, quando lo stesso non abbia chiesto l’autorizzazione al giudice competente per partecipare all’udienza (Sez. 7, 27781/2018).

Determina una nullità d’ordine generale, a regime intermedio, la mancata traduzione in udienza dell’imputato detenuto e regolarmente citato che, non essendo assoluta, non può essere rilevata né dedotta dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo (Sez. 4, 26856/2018).

In tema di correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive, l’ordinanza del GIP di convalida del provvedimento del Questore, impositivo dell’obbligo di presentazione all’Autorità di P.S., è affetta da nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lettera c), c.p.p., in caso di mancato rispetto del termine di quarantotto ore dalla notifica all’interessato del provvedimento questorile, in quanto ciò comporta una lesione del diritto dell’interessato all’intervento ed all’assistenza difensiva.

Infatti, deve considerarsi necessario assicurare all’interessato, nell’ambito del procedimento di convalida del divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, imposto ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989, un termine adeguato per la presentazione al giudice delle proprie deduzioni, e che va rapportato a quello eventualmente fissato dal questore nel provvedimento del quale è stata richiesta la convalida o a quello di 48 ore entro il quale il PM è tenuto a richiedere la convalida stessa (Sez. 3, 12914/2019).

Le nullità attinenti al procedimento di assunzione della prova (ivi comprese quelle relative alla violazione dell’art. 500) che realizzino ipotesi di nullità di ordine generale sotto il profilo dell’art. 178 lett. c) (in quanto comportanti lesione del diritto di difesa nell’ambito della procedura predisposta all’accertamento dei fatti), non rientrando tra le ipotesi di cui all’art. 179, debbono considerarsi “a regime intermedio” e pertanto sanabili per effetto della mancata eccezione ad opera della parte che vi assiste; in mancanza di una tempestiva eccezione, la deduzione effettuata nei motivi di appello non può valere a causa dell’intervenuta sanatoria e decadenza (Sez. 2, 54144/2018).

La contestuale ricorrenza di una causa estintiva del reato e di una nullità processuale della sentenza non impone nel giudizio di cassazione l’annullamento di questa se risulta  e la circostanza nel caso di specie è pacifica  che il giudice di merito non potrebbe comunque ritenere sussistenti le condizioni per pronunciare, attraverso una operazione di mera constatazione, un proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129, comma 2 (Sez. 3, 31418/2018).

 

Persona offesa

L’omesso avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa, che ne abbia fatto espressa richiesta determina la violazione del contraddittorio e la conseguente nullità del decreto di archiviazione ai sensi dell’art. 127, comma 5 (Sez. 6, 27768/2018).