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Art. 372 - Falsa testimonianza (1)

1. Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni.

(1) Articolo così modificato prima dall’art. 11, comma secondo, DL 306/1992, convertito, con modificazioni in L. 356/1992, e poi dall’art. 10, comma 5, L. 237/2012. Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla citata L. 237/2012 era il seguente: «Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni».

Rassegna di giurisprudenza

Elementi strutturali

L’interesse giuridico protetto dal delitto di falsa testimonianza è il normale svolgimento dell’attività giudiziaria, sicché soggetto passivo del reato è la collettività e non la persona che per la violazione della norma subisca eventuali danni risarcibili sul piano civilistico, qualificabile come danneggiato dal reato, ma non come persona offesa (Sez. 6, 3358/2018).

Ai fini della configurabilità del delitto di falsa testimonianza non si richiede che il giudice sia tratto in inganno dal comportamento mendace o reticente, ma è sufficiente che questo abbia potenziale idoneità a condurlo in errore, e ciò in quanto si è in presenza di un reato di pericolo che può sussistere anche nel caso che il giudice abbia negato attendibilità alla deposizione (Sez. 7, 14236/2019).

Ai fini della configurabilità del delitto di falsa testimonianza, la valutazione sulla pertinenza (da intendersi come riferibilità o afferenza dell’oggetto della testimonianza ai fatti che il processo è destinato ad accertare) e sulla rilevanza (che riguarda l’efficacia probatoria dei fatti dichiarati) della deposizione va effettuata con riferimento alla situazione processuale esistente al momento in cui il reato è consumato, ossia “ex ante” e non “ex post” (Sez. 6, 4299/2013).

Non integra il delitto di falsa testimonianza la deposizione non veridica che verta su fatti e circostanze del tutto estranei all’oggetto dell’accertamento e quindi inidonei ad arrecare un qualsiasi contributo alla ricerca della prova (Sez. 6, 34467/2007).

 

Qualità di testimone

La dichiarazione resa dal perito nel corso del dibattimento costituisce una prova dichiarativa. Le dichiarazioni rese dal consulente tecnico oralmente, vanno ritenute prove dichiarative (SU, 14426/2019).

Pertanto, la loro eventuale falsità integra gli estremi del reato di falsa testimonianza previsto dall’art. 372, pur quando non siano state osservate le formalità dettate dagli artt. 244, 251 e 252 CPC per l’assunzione della prova testimoniale, con riguardo, rispettivamente, alla deduzione di detta prova, al giuramento ed alla compiuta identificazione del testimone (Sez. 1, 42898/2001).

Assume la qualità di testimone, e può quindi rispondere del reato di cui all’art. 372, anche chi sia chiamato a deporre nell’ambito della fase a cognizione sommaria di un giudizio possessorio, già disciplinata dal comma primo dell’abrogato art. 689 CPC (Sez. 6, 6118/2000).

Le false dichiarazioni rese dal convenuto al giudice civile in sede di interrogatorio formale non integrano né il delitto di falso giuramento della parte né il delitto di falsa testimonianza (Sez. 6, 29883/2007).

È configurabile il delitto di falsa testimonianza anche nei riguardi di chi, già imputato in procedimento connesso o collegato definito con sentenza irrevocabile, abbia deposto senza la dovuta assistenza del difensore (Sez. 6, 10235/2007).

 

Cause di non punibilità

La causa sopravvenuta di esclusione della punibilità prevista dall’art. 376 in favore di chi, avendo reso falsa testimonianza, l’abbia ritrattata, ha natura soggettiva e, come tale, non opera nei confronti dell’istigatore, concorrente nel reato di cui all’art. 372, salvo che la ritrattazione sia il risultato del comportamento attivo dell’istigatore, diretto a sollecitarla per neutralizzare gli effetti del falso, lesivi dell’interesse alla realizzazione del giusto processo (SU, 37503/2002).

La causa sopravvenuta di esclusione della punibilità prevista dall’art. 376, secondo comma, che opera in favore di chi avendo reso falsa testimonianza l’abbia ritrattata, deve consistere in una smentita non equivoca del fatto deposto e nella manifestazione del vero (Sez. 6, 175/2018).

Non può essere applicata l’esimente di cui all’art. 384, secondo comma, all’imputato del delitto di falsa testimonianza per dichiarazioni rese nell’ambito di un giudizio civile, in quanto in relazione a questo l’art. 249 CPC si riferisce solo alla facoltà di astensione per il segreto professionale, per il segreto d’ufficio e per il segreto di stato, e non richiama anche l’art. 199 CPP, che attiene alla facoltà di astenersi dal deporre dei prossimi congiunti dell’imputato (Sez. 6, 49542/2014).

Non è invocabile l’esimente dello stato di necessità nell’ipotesi in cui l’imputato abbia reso una falsa testimonianza in presenza di un pericolo non incombente, ma solo genericamente temuto, di un danno grave alla persona (Sez. 6, 34595/2009).

 

Legittimazione all’opposizione alla richiesta di archiviazione

Non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione colui che ha presentato denunzia- querela per il delitto di falsa testimonianza, non essendo titolare o contitolare dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice (Sez. 6, 45137/2015).

 

Casistica

Non può essere pronunciata condanna per falsa testimonianza esclusivamente sulla base del contrasto tra le dichiarazioni rese in dibattimento e quelle rese nel corso delle indagini preliminari ed utilizzate per le contestazioni di cui all'art. 500; tale contrasto può assumere rilevanza ai fini dell'accertamento del reato solo ove siano emersi altri elementi di prova atti a riscontrare la veridicità delle primigenie dichiarazioni e la falsità di quelle successivamente rilasci (Sez. 6. 11240/2022)

Il difensore può essere ritenuto concorrente nel delitto di falsa testimonianza ex artt. 110 e 372 se induce taluno a fornire false notizie a favore del suo assistito all’AG sicché assume rilevanza penale ai fini della integrazione del contributo istigativo ogni condotta che sia volta a conseguire l’indicato risultato senza che rilevi, al fine di escludere la necessaria efficienza causale del contributo, la non identità di tempo e luogo in cui l’istigazione venga posta in essere rispetto alla falsa testimonianza resa dinnanzi all’ufficio giudizio procedente che è, invece, fisiologica rispetto ad una siffatto concorso nel reato tipico (Sez. 6, 10893/2019).

Nel caso in cui il teste nella medesima fase del giudizio reiteri la falsa dichiarazione testimoniale il reato si consuma con la prima dichiarazione falsa mentre la successiva non assume autonomo rilievo penale (Sez. 6, 43896/2018).

In relazione al delitto di falsa testimonianza commesso dall’acquirente di modiche quantità di sostanza stupefacente per uso personale che, sentito come testimone in dibattimento sulle sommarie informazioni rese nel corso delle indagini preliminari, neghi di aver sottoscritto il relativo verbale, non è applicabile l’esimente di cui all’art. 384, in quanto la garanzia della non punibilità copre unicamente il contenuto dichiarativo idoneo a determinare un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore e non può estendersi al contenuto delle altre dichiarazioni riferite a dati di fatto obiettivi quali l’intervenuta sottoscrizione del verbale di sommarie informazioni (Sez. 6, 90/2014).

È configurabile il delitto di falsa testimonianza anche quando le dichiarazioni mendaci sono rese in risposta a domande dirette a sondare l’attendibilità del teste, poiché le stesse sono dotate dei caratteri della pertinenzialità, sia pur mediata, rispetto ai temi del processo e della rilevanza ai fini del giudizio (Sez. 6, 41572/2013).

Nell’ambito di un procedimento per falsa testimonianza, è legittima l’acquisizione al fascicolo dibattimentale, a norma dell’art. 431 CPP, del verbale di sommarie informazioni rese ai carabinieri per verificare il contenuto delle dichiarazioni al fine di rilevare le eventuali difformità dalle successive dichiarazioni, in quanto tale atto costituisce atto irripetibile nonché elemento integrativo del corpo del reato assumendo il connotato della prova storica del fatto che le dichiarazioni sono state rese (Sez. 6, 43193/2004).

Risponde del delitto di cui all’art. 372 il testimone che nel procedimento civile si dichiari «indifferente» alla causa, tacendo dell’esistenza di rapporti con le parti in causa o di interessi nella causa stessa, in quanto la suddetta dichiarazione ha una valenza obiettiva ai fini della decisione, fondandosi su di essa il giudizio di attendibilità del teste (Sez. 6, 40821/2004).

È configurabile il concorso formale di reati tra la minaccia messa in opera per costringere taluno a rendere falsa testimonianza e il concorso nella falsa testimonianza resa dal soggetto minacciato (Sez. 6, 25711/2003).