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Art. 501 - Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio (1)

1. Chiunque al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 516 a euro 25.822.

2. Se l’aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate.

Le pene sono raddoppiate:

1) se il fatto è commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri;

2) se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.

3. Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto è commesso all’estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani.

4. La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.

(1)  Articolo così sostituito dall’art. 2, DL 704/1976.

Rassegna di giurisprudenza

Il delitto di aggiotaggio è un reato di pericolo astratto, in quanto richiede che la condotta tipica sia realizzata con modalità tali da rendere concreta la possibilità del verificarsi, in conseguenza della stessa, di una sensibile alterazione del valore degli strumenti finanziari (Sez. 5, 4324/2012).

L’aggiotaggio informativo è un reato istantaneo che si perfeziona nel momento e nel luogo in cui viene posta in essere una specifica condotta di diffusione di notizie false. La replica o la conferma di una notizia falsa, anche se già nota al mercato, non rappresenta un post factum non punibile, in quanto diretta anche a destinatari che meglio possono essere persuasi sulla convenienza dell’operazione o anche investitori nuovi non precedentemente raggiunti dall’informazione (Sez. 5, 29832/2011).

Non commettono il delitto di manovre speculative su merci previsto dall’art. 501 c.p., esercitando, anzi, una legittima forma di sciopero, coloro i quali si limitino a sospendere collettivamente la propria attività produttiva (nella specie, panificazione) al fine di ottenere un aumento del prezzo del prodotto imposto dalla autorità amministrativa (Sez. 6, 13.11.1980).