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Art. 316-bis - Malversazione di erogazioni pubbliche (1)

1. Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni, finanziamenti,
mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o più finalità, non li destina alle finalità previste, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. (2)

(1) Articolo aggiunto dall’art. 3, L. 86/1990, poi così modificato dall’art. 1, L. 181/1992. L'originaria rubrica è stata sostituita dall'attuale ad opera dell'art. 2, comma 1, lett. b), n. 1, DL n. 13/2022.

(2) Comma così modificato dell'art. 2, comma 1, lett. b), n. 2, DL n. 13/2022.

Rassegna di giurisprudenza

In tema di legislazione emergenziale volta al sostegno delle imprese colpite dalla pandemia da Covid-19, è configurabile il reato di cui all'art. 316-bis, nel caso in cui, successivamente all'erogazione, da parte di un istituto di credito, di un finanziamento assistito dalla garanzia rilasciata dal Fondo per le PMI, ai sensi dell'art. 13, lett. m) DL 23/2020 (cd. "decreto liquidità"), convertito con modificazioni dalla L.40/2020, gli importi erogati non vengano destinati alle finalità cui detto finanziamento è destinato per legge (Sez. 6, 28416/2022).

Deve escludersi che, in presenza di un finanziamento erogato ai sensi della L. 40/2020 e assistito dalla garanzia a prima richiesta di una società privata controllata indirettamente dallo Stato e, dunque, non qualificabile come ente pubblico, l'omessa destinazione delle somme così ottenute alle finalità di interesse generale previste dall'art. 1 della legge citata possa configurare la condotta sanzionata dall'art. 316-bis (fattispecie in cui all’imputato era contestato il reato di cui all'art. 316-bis perché, nella qualità di legale rappresentante della xxx SRL, dopo avere ottenuto, in data 18 giugno 2020, l'erogazione del finanziamento di euro 25.000,00, a titolo di prestito garantito dalla Stato, come previsto dal cd. Decreto Liquidità (DL 23/2020, convertito dalla L. 40/2020), avrebbe impiegato tale somma per finalità diverse da quelle cui detto finanziamento era destinato per legge, trasferendo la somma di euro 20.000,00 su conti correnti personali suoi e della figlia, attraverso bonifici) (Sez. 6, 22119/2021).

Il delitto di malversazione ai danni dello Stato è reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui le sovvenzioni, i finanziamenti o i contributi pubblici vengono distratti dalla destinazione per cui sono erogati (Sez. 6, 7117/2019).

Il reato di cui all’art. 316-bis ha natura istantanea e quindi si consuma quando i fondi oggetto di contributi o sovvenzioni o finanziamenti sono distratti dalla loro destinazione. D’altro canto, esso consiste anche nell’elusione del vincolo di destinazione gravante sui finanziamenti erogati per la realizzazione di una determinata finalità pubblica, proprio per questo perfezionandosi nel momento della mancata destinazione dei fondi allo scopo per cui erano stati ottenuti (Sez. 6, 40375/2002). Ciò significa che, pur non richiedendosi la destinazione delle medesime banconote, occorre comunque che il valore erogato sia concretamente destinato dal soggetto beneficiario alla finalità prevista, la sola che avrebbe potuto giustificare l’erogazione. Corrispondentemente deve ritenersi illecito ogni utilizzo del finanziamento ricevuto per una finalità diversa, sia che la somma erogata formi oggetto di appropriazione e occultamento sia che la stessa venga utilizzata per la realizzazione di opere diverse o per qualsivoglia diversa finalità (Sez. 6, 29266/2018).

L’interesse tutelato dall’art. 316-bis è quello alla corretta gestione delle risorse pubbliche destinate a fini di incentivazione economica ed alla repressione delle frodi successive al conseguimento delle prestazioni pubbliche, tant’è che il delitto si realizza nel momento in cui si attua la mancata destinazione dei fondi allo scopo per il quale erano stati ottenuti. La norma, in sostanza, ha riguardo allo scopo perseguito dall’ente pubblico erogante piuttosto che all’opera o all’attività di per sé considerata, nel senso che l’interesse pubblico dell’opera o dell’attività non è connesso alla natura oggettiva dell’una o dell’altra, ma piuttosto alla provenienza pubblica del finanziamento gratuito o agevolato ed al vincolo di destinazione dello stesso, quale espressione delle scelte di politica economica e sociale dello Stato o di altro ente pubblico, con la conseguenza che si verifica certamente distrazione del contributo pubblico dalla finalità prevista nell’ipotesi di scostamento in itinere dal progetto finanziato, sì da frustrare lo scopo di pubblico interesse per il quale il sovvenzionamento fu concesso (Sez. 6, 34900/2016).

L ‘interesse protetto dalla norma di cui all’art. 316-bis è individuabile nella corretta gestione delle risorse pubbliche destinate a fini di incentivazione economica e attiene, più che alla pubblica amministrazione, all’economia pubblica. Come è noto, presupposto del reato è l’avere l’agente, soggetto estraneo alla Pubblica Amministrazione, ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico un contributo, una sovvenzione o un finanziamento destinati a una determinata finalità pubblica. La condotta consiste nel distrarre, anche in parte, la somma ottenuta dalla predetta finalità, violando in una qualsiasi maniera il vincolo di destinazione della sovvenzione. La norma incriminatrice è volta a tutelare non il momento percettivo della prestazione pubblica, come accade nel reato di cui all’art. 640-bis, ma quello della fase esecutiva della detta erogazione. La nozione di “opere” o “attività di pubblico interesse” a cui la norma fa riferimento, in quanto scarsamente selettiva, non può che essere intesa in senso molto ampio, sì da escludere dal suo ambito applicativo soltanto quei sussidi economici elargiti per finalità assistenziali o sociali senza alcun vincolo preciso di destinazione. La formula normativa, in sostanza, ha riguardo allo scopo perseguito dall’ente pubblico erogante piuttosto che all’opera o all’attività di per sé considerata. L’interesse pubblico dell’opera o dell’attività non è connesso alla natura oggettiva dell’una o dell’altra, ma piuttosto alla provenienza pubblica del finanziamento gratuito o agevolato e al vincolo di destinazione dello stesso, quale espressione delle scelte di politica economica e sociale dello Stato o di altro ente pubblico (Sez. 2, 14125/2015).

È pacifico che l’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 316-bis si risolve nella volontà cosciente di sottrarre le risorse allo scopo prefissato, rimanendo, quindi, irrilevanti le finalità di qualsiasi tipo che l’agente abbia inteso perseguire (Sez. 6, 34900/2016).

Nel reato di malversazione a danno della Stato la nozione di “estraneità” alla pubblica amministrazione, presupposto soggettivo che caratterizza la fattispecie dell’art. 316-bis, deve intendersi in senso ampio, tale da escludere non solo coloro che non siano inseriti nell’apparato organizzativo dell’amministrazione, ma anche coloro che, pur legati da un vincolo di subordinazione, non partecipino alla procedura di controllo delle erogazioni (Sez. 6, 21494/2015).

È del tutto pacifico che gli artifici e raggiri non costituiscono l’unica modalità attraverso la quale possa ottenersi la percezione dei finanziamenti e delle altre forme di provvidenze previste dall’art. 316-bis, così come, per contro, la percezione illegittima, non necessariamente sfocia nello storno delle somme erogate dalla loro finalità che individua l’elemento caratterizzante della disposizione di cui all’art. 640-bis (SU, 7537/2011).

Il reato di malversazione in danno dello Stato (art. 316-bis) concorre con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis) (SU, 20664/2017).

Il tratto differenziale tra le fattispecie di cui all’art. 316-bis e quelle di cui agli artt. 316-ter e 640-bis è rinvenibile nella violazione del vincolo di destinazione che grava sulle erogazioni ottenute, e che pacificamente non grava sulle erogazioni a fini assistenziali, mentre le differenze tra la fattispecie di cui all’art. 316-ter e il delitto di truffa di cui all’art. 640-bis discendono dai connotati delle condotte nel senso che la condotta di cui all’art. 316-ter non implica la induzione in errore o un danno per l’ente erogatore sicché il reato è ravvisabile in quelle situazioni del tutto marginali, come quella del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale perché il procedimento di erogazione delle pubbliche sovvenzioni non presuppone l’effettivo accertamento da parte dell’erogatore dei presupposti del singolo contributo, ma ammette che il riconoscimento e la stessa determinazione del contributo siano fondati, almeno in via provvisoria, sulla mera dichiarazione del soggetto interessato, riservando eventualmente a una fase successiva le opportune verifiche, sicché, in questi casi, l’erogazione può non dipendere da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell’erogatore, che in realtà si rappresenta correttamente solo l’esistenza della formale dichiarazione del richiedente (Sez. 6, 51962/2018).