x

x

Art. 317 - Concussione (1)

1. Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

(1) Articolo sostituito dall’art. 4, L. 86/1990 e dall’art. 1, comma 75, lett. d), L. 190/2012. Il testo vigente è stato introdotto dall’art. 3, comma 1, L. 69/2015.

Rassegna di giurisprudenza

Elementi strutturali

Il delitto di concussione, di cui all’art. 317 è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno “contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita (Sez. 6, 10278/2019).

Ai fini della configurabilità del delitto di concussione non rileva la portata più o meno coartante della minaccia, ma l’ingiustizia del male minacciato (Sez. 6, 37475/2014).

Il cosiddetto “metus” che caratterizza in reato di concussione è circostanza che si riconnette direttamente e necessariamente ad attività minacciose del pubblico ufficiale e alla sua naturale e consequenziale posizione di preminenza nei confronti del privato (Sez. 6, 46514/2009).

Commette il delitto di concussione il pubblico ufficiale che, nella sua interazione con il privato, utilizzi modi bruschi e stressanti, accompagnati da comportamenti di abusi della qualità e/o dei poteri, preordinati a creare nel destinatario una condizione di riduzione dello spatium deliberandi, idonea a determinare quest’ultimo a promettere o dare un’indebita utilità (Sez. 6, 10891/2013).

L’utilità che il pubblico ufficiale “indebitamente” si fa promettere o dare può anche identificarsi in una pretesa di per sé non illecita, ma la cui realizzazione venga ottenuta non con gli strumenti legali apprestati dall’ordinamento, bensì col mezzo della costrizione posta in essere mediante l’abuso funzionale (Sez. 6, 53940/2018).

Nell’ipotesi di medico preposto al pubblico servizio sanitario, dalle cui prestazioni dipende la conservazione di beni psicofisici fondamentali, deve ritenersi che anche la sola richiesta di compensi indebiti da parte del sanitario abbia una efficacia concussiva; né l'abuso costrittivo del pubblico agente deve necessariamente concretizzarsi in espressioni esplicite, potendo attuarsi anche mediante una minaccia implicita o allusiva, purché idonea a condizionare le scelte del paziente (Sez. 6, 29944/2022).

Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, l’espressione “altra utilità” di cui all’art. 317, ricomprende qualsiasi bene che costituisca per il pubblico ufficiale (o per un terzo) un vantaggio, non necessariamente economico, ma comunque giuridicamente apprezzabile (Sez. 6, 49839/2018).

Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, è irrilevante che il soggetto passivo sia costretto o indotto a procurare l’utilità indebita al pubblico ufficiale attraverso un “facere” o un “non facere (Sez. 6, 49839/2018).

La minaccia di un danno ingiusto del pubblico ufficiale finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione e non quello di induzione indebita pur quando la persona offesa, cedendo alle pretese dell’agente, consegue anche un vantaggio indebito, sempre che quest’ultimo resti marginale rispetto al danno ingiusto minacciato (Sez. 6, 6056/2015).

Non è ravvisabile l’ipotesi della concussione cosiddetta ambientale qualora il privato si inserisca in un sistema nel quale il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della ‘tangente sia costante, atteso che in tale situazione viene a mancare completamente lo stato di soggezione del privato, che tende ad assicurarsi vantaggi illeciti, approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch’egli protagonista del sistema (Sez. 6, 16335/2011).

Non integra la fattispecie di concussione o di induzione. la condotta di semplice richiesta di denaro o altre utilità da parte del pubblico ufficiale, in presenza di situazioni di mera pressione ambientale, non accompagnata da atti di costrizione o induzione (Sez. 6, 11946/2013).

 

Rapporti con altre fattispecie

Dopo quasi sei anni dall’entrata in vigore della cosiddetta legge anticorruzione (L. 190/2012), la giurisprudenza di legittimità continua ad essere impegnata nella elaborazione conseguente allo “spacchettamento” legislativo del previgente art. 317 nelle due fattispecie di concussione e d’induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater). Si è registrato uno sforzo interpretativo volto a delineare i rapporti interni tra le fattispecie ed a definire i rapporti tra la nuova figura criminosa prevista dall’art. 319-quater, quelle più propriamente corruttive, e quella disciplinata dall’art. 640.

L’elaborazione della Corte di cassazione ha originato anche un vivace dibattito dottrinario, caratterizzato da una diffusa rivisitazione critica non solo delle scelte legislative ma delle stesse opzioni della Corte, considerate, in taluni casi, influenzate da un approccio processuale-casistico, piuttosto che sistematico.

Il punto di partenza è indubbiamente costituito dalla sentenza delle Sezioni unite (SU, 1228/2014), che, chiamate a risolvere il contrasto giurisprudenziale sorto immediatamente dopo l’entrata in vigore della L. 190/2012, hanno affermato che: - sussiste continuità normativa fra la concussione per induzione di cui al previgente art. 317 ed il nuovo reato di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’art. 319-quater; - l’abuso costrittivo ex art. 317 evoca una condotta di violenza e di minaccia con conseguente individuazione di un autore e di una vittima; - ai fini della configurazione del delitto di induzione indebita ex art. 319-quater concorrono un elemento negativo, l’assenza di violenza-minaccia da parte dell’intraneus, ed uno positivo, il conseguimento di un vantaggio indebito in capo all’extraneus.

Le Sezioni unite, evidentemente consapevoli della difficoltà applicativa del criterio distintivo indicato ad una serie di situazioni non infrequenti, esplicitarono in motivazione la necessità di adattare e integrare il criterio generale in tutte quelle ipotesi caratterizzate dalla co-esistenza, secondo differenti moduli di gradazione, del requisito del danno ingiusto e di quello del vantaggio indebito.

Ci si riferisce alle situazioni cosiddette miste, di minaccia-offerta o minaccia-promessa, ai casi non classificabili, in cui è necessario impiegare il criterio sussidiario del bilanciamento dei beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale, alle ipotesi fondate sulla minaccia dell’uso di un potere discrezionale, alla prospettazione di un danno generico, per mezzo di autosuggestione o per metus ab intrinseco, alla presenza del c.d. abuso di qualità. In tali situazioni “il giudice dovrà procedere, innanzi tutto, all’esatta ricostruzione del fatto, cogliendone gli aspetti più qualificanti, e quindi al corretto inquadramento nella norma incriminatrice di riferimento, lasciandosi guidare, alla luce comunque dei parametri rivelatori dell’abuso costrittivo o di quello induttivo, verso la soluzione più applicativa più giusta” (cosi, testualmente, le Sezioni unite).

Si tratta di fattispecie in cui il giudice di merito è tenuto a verificare con rigore, attraverso l’analisi di tutti gli elementi di prova, se i rilievi mossi dal pubblico ufficiale - imputato siano o meno legittimi e non pretestuosi, e se, pertanto, la dazione di denaro da parte dell’extraneus sia o meno correlata ad un preciso interesse ad “oliare” il corso della procedura in funzione di vantaggi che non avrebbe potuto ottenere.

La prova di tali essenziali segmenti fattuali è in tali casi costitutiva  almeno in astratto  per sciogliere il nodo relativo al corretto inquadramento giuridico della fattispecie; essa è indispensabile al fine di accertare: 1) quale sia stata la condotta abusiva del pubblico ufficiale; 2) se, in presenza di essa, sia ravvisabile un indebito vantaggio personale della “persona offesa”, che quindi, abbia potuto di conseguenza agire non tanto per evitare un danno contra ius, ma al fine di ottenere un trattamento di favore; 3) se i fatti possano essere ricondotti ad altre fattispecie criminose, corruttive o di frode.

Sotto altro profilo, la Corte di cassazione ha chiarito che la distinzione tra il delitto di concussione “per induzione” e quello di truffa aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale va individuata nel fatto che nella prima fattispecie il privato mantiene la consapevolezza di dare o promettere qualcosa di non dovuto, mentre nella seconda la vittima viene indotta in errore dal soggetto qualificato circa la doverosità delle somme o delle utilità oggetto di dazione o promessa e la qualità di pubblico ufficiale concorre solo in via accessoria a condizionare la volontà del soggetto passivo (Sez. 6, 53436/2016) (riassunzione dovuta a Sez. 6, 41575/2018).

La condotta di sollecitazione, punita dal comma quarto dell’art. 322, si distingue sia da quella di costrizione (cui fa riferimento l’art. 317, nel testo modificato dall’art. 1, comma 75 L. 190/2012) che da quella di induzione (che caratterizza la nuova ipotesi delittuosa dell’art. 319-quater, introdotta dalla medesima L. 190) in quanto si qualifica come una richiesta formulata dal pubblico agente senza esercitare pressioni o suggestioni che tendano a piegare ovvero a persuadere, sia pure allusivamente, il soggetto privato, alla cui libertà di scelta viene prospettato, su basi paritarie, un semplice scambio di favori, connotato dall’assenza sia di ogni tipo di minaccia diretta o indiretta sia, soprattutto, di ogni ulteriore abuso della qualità o dei poteri (Sez. 6, 12208/2019).

Il delitto di concussione, di cui all'art. 317 nel testo modificato dalla L. 190/2012, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno "contra ius " da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all'alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall'art. 319-quater  introdotto dalla medesima L. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest'ultimo non si risolva in un'induzione in errore), di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico (Sez. 6, 5057/2021).

Diversamente dal delitto di concussione, nel delitto di induzione indebita ex art. 319-quater manca l’abuso costrittivo da parte del pubblico agente e la condizione del destinatario non è quella di chi, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene stretto fra l’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita, perché la condotta si configura come persuasione, sollecitazione, pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta nella prospettiva di conseguire quel vantaggio, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico (SU, 12228/2014).

Il delitto di concussione si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319-quater, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico (Sez. 6, 10278/2019).

Il reato di concussione e quello di induzione indebita a dare o promettere utilità si differenziano dalle fattispecie corruttive, in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre “l’extraneus”, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l’accordo corruttivo presuppone la “par condicio contractualis” ed evidenzia l’incontro libero e consapevole della volontà delle parti (Sez. 6, 50065/2015).