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Art. 317-bis - Pene accessorie (1)

1. La condanna per i reati di cui agli articoli 314, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio. Nondimeno, se viene inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o se ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, primo comma, la condanna importa l’interdizione e il divieto temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni né superiore a sette anni.

2. Quando ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, secondo comma, la condanna per i delitti ivi previsti importa le sanzioni accessorie di cui al primo comma del presente articolo per una durata non inferiore a un anno né superiore a cinque anni.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 5, L. 86/1990, poi modificato dall’art. 1, comma 75, lett. e), L. 190/2012 e da ultimo interamente sostituito dalla L. 3/2019.

Rassegna di giurisprudenza

La L. 190/2012 ha esteso l’ambito applicativo dell’art. 317-bis attraverso il riferimento ai reati di cui agli artt. 319 e 319-quater. La norma non contiene nessun riferimento alle pene stabilite per il corruttore dall’art. 321 che, a sua volta, non fa riferimento all’art. 317-bis. Ne consegue che, nel regime previgente, la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici, specificamente prevista dall’art. 317-bis, non poteva trovare applicazione nei confronti del corruttore. In tal senso depone significativamente la circostanza che, successivamente alla presente decisione è stata approvata la L. 3/2019, che ha modificato l’art. 317-bis, prevedendone espressamente l’applicazione anche nel caso di condanna per il corruttore ai sensi dell’art. 321 (Sez. 6, 5457/2019).

Per l’interdizione dai pubblici uffici, in caso di più reati unificati dalla continuazione, occorre fare riferimento alla misura della pena base stabilita in concreto per il reato più grave (come risultante a seguito della diminuzione per la scelta del rito) e non a quella complessiva risultante dall’aumento della continuazione (Sez. 5, 28584/2017). Il giudice oltre ad aver e riguardo alla base stabilita per il reato più grave, in difetto di specifiche diverse indicazioni normative (durata non precisata dall’art. 317-bis) deve stabilire la durata della pena accessoria dell’interdizione in misura corrispondente ("durata eguale") a quella della pena principale inflitta, ai sensi dell’art. 37 (Sez. 1, 14790/2018).

Sebbene l’art. 317-bis non preveda tra i reati che comportano l’interdizione dai pubblici uffici l’induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’art. 319-quater, essa consegue comunque perché trattasi di reato commesso con abuso di poteri (SU, 12228/2014).

A mente dell’art. 317-bis, la condanna per il reato di cui all’art. 314 - come per gli altri ivi previsti - comporta l’applicazione dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero, se la pena inflitta in virtù delle circostanze attenuanti è inferiore a tre anni, dell’interdizione solo temporanea. Nondimeno detta disposizione deve essere coordinata con l’art. 445 CPP che, in caso di patteggiamento ordinario (id est non allargato), prevede che all’imputato non possano essere applicate pene accessorie, al cui novero sono pacificamente riconducibili le interdizioni contemplate dall’art. 317-bis (Sez. 6, 31368/2015).

La condanna per i reati previsti dall’art. 317-bis, nell’ipotesi di reati omogenei uniti dal vincolo della continuazione per i quali sia stata inflitta la pena della reclusione per un tempo complessivamente non inferiore a tre anni, importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici (Sez. 6, 39784/2014).