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Art. 105 - Professionalità nel reato

1. Chi, trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità, riporta condanna per un altro reato, è dichiarato delinquente o contravventore professionale qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate nel capoverso dell’articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato.

Rassegna di giurisprudenza

La dichiarazione di professionalità nel reato, essendo successiva alla dichiarazione di abitualità, ivi compresa la abitualità nelle contravvenzioni, può, in linea di principio, anche prescindere dallo status di recidivo, essendo tale status necessariamente connesso alla pregressa commissione di delitti (peraltro non colposi) e non anche di contravvenzioni (Sez. 3, 50619/2017).

Ai fini della preclusione di cui all’art. 444, comma 1-bis, CPP, occorre distinguere, la condizione dei delinquenti abituali, professionali e per tendenza da quella dei recidivi soltanto per i primi è prevista la sussistenza della relativa dichiarazione al momento della richiesta di applicazione della pena, non anche per i recidivi, cosicché, per il sorgere della detta preclusione, non è necessario che il sospetto sia stato dichiarato recidivo, ma è sufficiente che si trovi nelle condizioni per esserlo, anche con la sentenza nel procedimento in cui è proposto il patteggiamento.

Del resto, come emerge, dalla lettura degli art. 102, 103, 104, 105 e 108, in tema di abitualità, professionalità e tendenza a delinquere, e 99 c.p., in tema di recidiva, solo nelle prime ipotesi è prevista la "dichiarazione" del giudice, mentre in caso di recidiva si fa luogo direttamente all’aumento di pena per chi si trovi nelle condizioni richieste dalla norma.

Né, in senso contrario, potrebbe rilevare la circostanza che, per effetto del bilanciamento delle circostanze, la recidiva, pur ritualmente contestata, ceda di fronte a un’attenuante, perché, nel caso di specie, la recidiva non è circostanza aggravante ad applicazione facoltativa che la volontà delle parti possa liberamente escludere, bensì condizione ostativa, posta dalla legge, all’ammissibilità del rito speciale (Sez. 2, 44604/2006).

Ai fini dell’ammissibilità dell’oblazione speciale di cui all’art. 162-bis non è richiesto che la recidiva reiterata, l’abitualità e la professionalità nelle contravvenzioni siano state giudizialmente dichiarate dal giudice, essendo sufficiente la mera cognizione del magistrato della sussistenza di detti "status", dal momento che l’art. 162-bis subordina la non ammissibilità dell’oblazione al fatto che "ricorrano" i casi previsti dal terzo capoverso dell’art. 99, dall’art. 104 o dall’art. 105 stesso codice, ovvero che permangano le conseguenze dannose o pericolose del reato, eliminabili da parte del contravventore, come si desume dal tenore letterale e logico della disposizione (Sez. 1, 17316/2006).