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Art. 600-bis - Prostituzione minorile (1)

1. È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000 chiunque:

1) recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto;

2) favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 2, L. 269/1998, modificato dall’art. 1, L. 38/2006 e così sostituito dalla lettera g) del comma 1 dell’art. 4, L. 172/2012.

Rassegna di giurisprudenza

La condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non al comma primo dell’art. 600-bis (SU, 16207/2014).

L’instaurazione di un rapporto di convivenza “more uxorio” con una donna non discrimina, alla stregua di quanto avviene nei rapporti coniugali, l’attività di favoreggiamento e di sfruttamento della prostituzione della stessa, a nulla rilevando, data la “ratio” della norma incriminatrice, che i proventi della prostituzione siano impiegati allo scopo dichiarato di mandare avanti il “menage” familiare (Sez. 3, 15829/2018).

In tema di prostituzione minorile, le condotte di induzione, favoreggiamento o sfruttamento possono concorrere tra loro, in quanto l’art. 600 bis, comma primo,  anche dopo le modifiche introdotte dalla L. 172/2012  è norma a più fattispecie, tra loro distinte e costituite da elementi materiali differenti in rapporto alla condotta ed all’evento (Sez. 3, 19539/2015).

Integra il reato di induzione alla prostituzione minorile di cui all’art. 600 bis, comma primo, la condotta di chi determina, persuade o convince il soggetto passivo a concedere il proprio corpo per pratiche sessuali da tenersi anche con un solo soggetto, purché diverso dall’induttore (Sez. 3, 5927/2015).

L’elemento soggettivo del reato di prostituzione minorile è il dolo generico, anche nella forma del dolo eventuale, sicché, ai fini della sua concreta sussistenza, è sufficiente che l’autore del reato accetti anche solo il rischio di favorire o sfruttare la prostituzione di ragazze minori degli anni diciotto (Sez. 3, 35147/2011).

È configurabile il tentativo di induzione alla prostituzione nella condotta di chi, dopo aver intrattenuto telematicamente plurime conversazioni con soggetti minorenni aventi ad oggetto prestazioni sessuali dietro corrispettivo in denaro, pianifichi i successivi incontri, poi non avvenuti (Sez. 3, 4967/2011).

Soggetto attivo del reato di induzione alla prostituzione di minore di cui all’art. 600-bis, può essere anche la persona che abbia rapporti a pagamento con quest’ultimo, essendo tuttavia necessario che la stessa ponga in essere una attività di convincimento volta a superare le inibizioni morali e a vincere le resistenze del soggetto passivo, altrimenti potendosi configurare, nel caso di minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, la diversa ipotesi dell’art. 600-bis, commi secondo, terzo e quarto (Sez. 3, 26216/2010).

Il delitto di sfruttamento della prostituzione minorile, che richiede la consapevole partecipazione, anche occasionale, ai guadagni che il minore si procura con il commercio del proprio corpo, non è un reato abituale, in quanto anche il singolo episodio di percezione del denaro o di altra utilità è idoneo ad integrarne gli estremi (Sez. 3, 21335/2010).

Il reato di induzione alla prostituzione minorile è configurabile anche nel caso in cui il minore sia un soggetto non iniziato né dedito alla vendita del proprio corpo, in quanto è sufficiente che l’agente ponga in essere una condotta idonea a vincere le resistenze di ordine morale che trattengono la vittima dal prostituirsi al fine di una qualsiasi attività economica (Sez. 3, 18315/2010).

L’esercizio della violenza o della minaccia nei confronti della vittima non è evento necessario all’integrazione del reato di induzione alla prostituzione minorile che può essere commesso, a differenza del reato di violenza sessuale, anche solo con un’attività di persuasione ad acconsentire agli atti sessuali (Sez. 3, 21181/2009).

In tema di reati contro la prostituzione minorile, ove il tentativo di indurre un minore a prostituirsi sia commesso mediante conversazioni telefoniche, la competenza per territorio spetta al giudice del luogo ove si trovava il minore all’atto di ricevere le telefonate e non a quello del luogo da cui le stesse provengono, ciò in quanto l’attività persuasiva diretta a vincere la resistenza della vittima si realizza nel momento in cui il minore ha ricevuto le telefonate e nel luogo in cui si trovava al momento della ricezione (Sez. 3, 42371/2007).

Il delitto di cui all’art. 600-bis sussiste anche nel caso il cui l’autore del reato abbia indotto soggetti minorenni ad avere rapporti retribuiti non già con una pluralità indiscriminata di persone, ma solo con l’agente stesso; infatti l’interesse protetto dalla fattispecie – a differenza di quello tutelato nella L. 75/1958 in materia di sfruttamento della prostituzione – è il libero sviluppo psicofisico del minore, il quale può essere messo a repentaglio da qualsiasi tipo di mercificazione del suo corpo. Per tale ragione il legislatore ha previsto in riferimento alla prostituzione minorile, nei commi secondo e terzo della citata disposizione, la punibilità del «cliente» per la quale è sufficiente che il minore abbia ricevuto denaro od altra utilità economica in cambio di prestazioni di tipo sessuale (Sez. 3, 33470/2006).