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Art. 311 - Circostanza diminuente: lieve entità del fatto

1. Le pene comminate per i delitti preveduti da questo titolo sono diminuite quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.

Rassegna di giurisprudenza

Il concetto di "tenuità" non è strettamente limitato al valore economico: lo si ritrova, tra l’altro, nell’art. 311, laddove la "particolare tenuità del danno o del pericolo" che rende il fatto di lieve entità (comunque punibile) è riferita a reati contro la personalità dello Stato, quindi certamente non si tratta di danno "economico". Ciò introduce l’ulteriore argomento che il danno può essere definito "tenue" solo a fronte della complessiva minima capacità della condotta di danneggiare, in modo oggettivo, la sfera globale di interessi della persona offesa danneggiata, appunto, dal reato.

Si è osservato, infatti, che laddove il danno debba essere considerato con esclusivo riferimento al valore dell’oggetto, la legge ha utilizzato una diversa espressione, come nel caso del furto che è punibile a querela dell’offeso se il fatto è commesso su "cose di tenue valore" (Sez. 2, 56627/2018).

Il parametro di valutazione ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante ex art. 311 è costituito dalla effettiva gravità del fatto-reato con riguardo alle caratteristiche oggettive dell’azione criminosa (Sez. 1, 14724/1986), presupponendo detta applicazione che il fatto, nel suo complesso, risulti di lieve entità, sicché essa è esclusa quando manchi tale requisito o in rapporto all’evento o anche solo per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze della condotta ovvero in rapporto all’entità del danno o del pericolo (Sez. 1, 56329/2017).