Colpa di A...

Amazon
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È di questi giorni la notizia che a Torino ha chiuso la storica libreria Paravia. La notizia è stata riportata con enfasi dai giornali come la motivazione data dalle due proprietarie: “la colpa è di Amazon”.

Si sa, i giornali vanno sempre a ricercare il lato emotivo degli avvenimenti per farne una notizia, ma se proviamo a guardare un po’ più in dettaglio cosa significa l’affermazione che quanto è accaduto nel mondo dei libri o del retail è colpa di Amazon, potremmo forse scoprire che è qualcos’altro che dovremmo veramente chiederci e dovrebbe forse preoccuparci.

È sempre triste quando una storica attività, con il suo fascino un po’ romantico deve chiudere perché non rispetta più le ragioni economiche del suo esistere. E tutti siamo in fondo un po’ dispiaciuti perché è un pezzo del mondo che conoscevamo che sparisce e che ne certifica il cambiamento.

È vero anche che le librerie sono luoghi speciali, con il loro fascino legato agli oggetti, al modo di fruirne e alla cultura che trasmettono e pertanto sono un simbolo che colpisce maggiormente un immaginario collettivo che ha bellamente ignorato la progressiva scomparsa dei negozi di dischi, delle videocassette, cd e dvd, dei negozi di fotografia, delle agenzie di viaggio e di tante altre attività, un tempo fiorenti che sono state rese perlopiù inutili dalle nuove tecnologie.

Ecco, proprio qui sta il punto, l’utilità. L’utilità, in primo luogo per i consumatori, cioè per noi nel ruolo di fruitori di questi prodotti e servizi.

Quello che spesso si dimentica è che tutte queste attività erano nate ed avevano prosperato perché soddisfacevano in modo efficace le esigenze dei clienti, perché il mercato era configurato in quel modo e rendeva economicamente conveniente avviare una piccola attività che fornisse quel tipo di servizio.

Poi la tecnologia ha cambiato tutto, rendendo possibile un effetto che noi come consumatori non possiamo ignorare ed al quale diamo la massima priorità, un miglior servizio (a volte anche prodotto), ad un prezzo più basso. Un servizio però non leggermente migliore, ma incomparabilmente migliore, ad un prezzo che va dal leggermente più basso al molto più basso.

Pensiamo al mondo del noleggio dei film.

Un mondo relativamente recente (molto più recente del cinema) che aveva visto prosperare una grande quantità di piccoli esercizi di noleggio locali e alcuni grandi player come Blockbuster. Il servizio si basava sulla possibilità e la comodità di vedersi un film a casa, da soli o con amici, in alternativa ad andare al cinema.

Questa esigenza dei consumatori aveva ovviamente creato problemi ai cinema che vedevano un calo di spettatori. Richiedeva comunque di uscire di casa, andare al negozio, noleggiare un oggetto fisico, inserirlo nel proprio videoregistratore o lettore dvd e poi il giorno dopo restituirlo andando di nuovo in negozio e pagando una penale nel caso ci si fosse scordati di restituirlo nei tempi concordati.

Poi è arrivata Netflix, lo streaming ha sostituito tutto questo processo, portando i film on demand direttamente sul televisore della nostra casa con un solo clic di telecomando e con un abbonamento mensile che consente di vedere tutto ciò che vogliamo. La tecnologia si è evoluta e ha permesso di risolvere il bisogno del cliente (vedere un film comodamente a casa propria) in un modo molto più efficiente e ad un costo molto più basso.

Non ricordo particolari nostalgie per le videoteche o i Blockbuster, forse perché erano di per sé troppo giovani per suscitarla, ma lo stesso è accaduto per le fotografie. Ogni foto che abbiamo fatto con la macchina digitale prima e col telefonino poi ha contribuito a decretarne la scomparsa, colpa della Amazon di turno?

Per i libri è successo lo stesso, più o meno.

Organizzando la logistica sia di approvvigionamento che di distribuzione, Amazon è riuscita a farci avere a casa nostra in un giorno, qualsiasi libro ci vada di comprare ad un prezzo più basso perché taglia tutti i costi di intermediazione. Ma soprattutto perché rende più efficiente tutto il processo e offre un migliore servizio ad un prezzo più basso. Nessuna libreria riuscirà mai ad avere il catalogo di Amazon e ad offrire un servizio di quel livello per lo stesso identico prodotto ad un costo inferiore. Inoltre, con gli e-book, Amazon offre un servizio incomparabilmente più efficiente, ad un prezzo ancora più basso che ha come deterrente solo l’amore per la carta che fruscia dei clienti più attempati, non certo dei nativi digitali.

E non tragga in inganno il clamore mediatico che accompagna “la rinascita del vinile” o il sopravvivere delle librerie superspecializzate. L’effetto di questi fenomeni dal punto di vista economico è del tutto insignificante e viene evidenziato solo perché, ancora una volta, colpisce l’immaginario collettivo che si culla nella nostalgia dei tempi che furono o nelle mode retrò.

La domanda quindi non è come ci si difende da Amazon, ma perché ci si dovrebbe difendere da Amazon? (e dagli altri colossi delle nuove tecnologie).

Il problema che vedo io non è legato alla nostalgia di un mondo che fu, o alla aprioristica difesa del piccolo commercio. Se poi la guardiamo dal lato del consumatore, i colossi delle nuove tecnologie portano solo vantaggi, sotto tutti i punti di vista, nel soddisfarne le esigenze.

Quindi perché?

Il tema principale è legato ad un elemento che è nodale nell’attività che svolgo, di investitore nelle startup e si chiama scalabilità. La scalabilità è la possibilità e capacità di un business di crescere in maniera esponenziale utilizzando risorse umane ed economiche in modo molto meno che proporzionale rispetto al proprio tasso di crescita.

È l’elemento che tutti gli investitori cercano in una startup perché è quello che veramente fa diventare le aziende enormi, come Amazon, Google, Facebook, Apple, i più noti campioni di scalabilità. La scalabilità è figlia delle nuove tecnologie che permettono di gestire in maniera rapida e flessibile quantità inimmaginabili di informazioni e di digitalizzare contenuti che prima erano custoditi e veicolati in supporti fisici.

Produrre e soprattutto distribuire dei bit tramite la rete è molto meno costoso di stampare, immagazzinare, consegnare con i camion a grossisti, distributori nazionali, locali, negozi, che hanno orari, commessi etc.

Se guardiamo bene, Amazon è quella che ha rivoluzionato meno il mondo precedente rispetto agli altri tre citati, ma ha comunque tagliato una componente di costo e di limite alla scalabilità importante, ha eliminato i negozi e ne ha fatto uno solo, enorme, virtuale e aperto 24 al giorno e 365 giorni all’anno.

Il rovescio della medaglia della scalabilità però è che porta naturalmente alla concentrazione dell’attività economica nelle mani di pochi soggetti, e che nelle sue forme più estreme porta ad un monopolio naturale. Che non è un monopolio nazionale o europeo, ma immediatamente planetario. Questo elemento tende a concentrare enormi ricchezze e di conseguenza enorme potere nelle mani di pochi campioni di scalabilità.

Si potrebbe forse obiettare che i monopoli sono sempre esistiti ma non sono mai durati in eterno e prima o dopo lasciano il posto ad altri soggetti che creano almeno un’alternanza e in un mondo che va sempre più veloce questi tempi si accorceranno. La natura globale delle tecnologie che permettono la gestione e la distribuzione delle informazioni hanno però un potenziale economico così enorme che chi ne riesce a beneficiare ha poi i mezzi e la mentalità per prevenire la crescita di competitor che possano scalzare il loro monopolio. Come dimostra il caso di Facebook che ha acquisito Whatsapp e Instagram prima che portassero una minaccia reale al monopolio creato da Facebook, ottenendo di rafforzarlo, consolidarlo e prorogarlo per ancora molti anni e così stanno facendo e faranno tutti gli altri big della tecnologia.

Questo aspetto che ha ed avrà sempre più un impatto dirompente sull’intero ordine mondiale, viene perlopiù trascurato e ignorato, non solo dai media, ma anche dalle istituzioni di molti stati che al massimo si concentrano sulla pagliuzza del problema fiscale.

Forse è di altro, quindi, che ci dovremmo preoccupare, che non delle nostre nostalgie, e non essendoci oggi alcuna soluzione forse dovremmo anche smettere di dire solo che è “colpa di A...lfredo”.