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The Zoom era

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Oggi sono stato a Milano, poi ho fatto una puntata di un paio d’ore a Berlino e in serata ho passato un’oretta a San Francisco. No, non ho utilizzato il teletrasporto, per questo mio giro del mondo a costo zero, ma Zoom*, una delle più famose piattaforme di video call che ha avuto il suo massimo boom da quando siamo stati afflitti da Covid 19.

Seduto comodamente alla scrivania di casa, ho potuto incontrare una startup basata a Milano, assistere all’investor day di un acceleratore di Berlino e ad uno workshop tenuto a San Francisco. In epoca pre Covid questo non era possibile, non perché non ci fosse la tecnologia, ma perché non si tenevano gli eventi in questo modo, e quindi per parteciparvi dovevi fisicamente spostarti da un luogo all’altro.

E badate bene, nella mia attività, nessuno mi paga per questi spostamenti, anzi avrebbero un costo rilevante per me e nel 99% dei casi non sarei mai andato nemmeno ad uno di questi eventi se mi fossi dovuto spostare fisicamente.

Le attività “in remoto” sono ormai diventate parte integrante della nostra vita, dalla DAD allo Smart Working, tanto vituperate in questo periodo nel quale abbiamo tutti nostalgia delle nostre vecchie e care abitudini come farci ore di commuting per andare a sederci di fronte ad un computer alla scrivania dell’ufficio in centro o scorazzare allegramente sui mezzi pubblici per andare a scuola in aule spesso fredde, scomode e a volte pericolanti.

È vero che ci sono svantaggi nel fare tutto da casa, ma c’è anche qualcosa di positivo. Ma siccome la materia della quale mi occupo sono le startup vorrei affrontare l’argomento per la realtà che vivo io, e chissà che si possa poi applicare qualche riflessione anche ad altre realtà.

Come ho già detto, la possibilità di assistere ad eventi in tutto il mondo senza spostarsi è un grande vantaggio, come quello di incontrare persone senza spostarsi. Si vedono più cose e più persone di quanto si potesse immaginare prima, e nel mio caso nessuno mi obbliga a farlo, quindi scelgo io quanto tempo dedicare a queste attività, ma il mio tempo di lavoro, al netto degli spostamenti non è cambiato molto, anzi, faccio più cose in molto meno tempo e questo credo si possa applicare a tante situazioni lavorative. Ma la qualità di quello che faccio è migliorata o drasticamente peggiorata?

Dal mio punto di vista ci sono cose che si fanno molto meglio on-line e cose per le quali occorre un incontro fisico tra le persone. Questo confine però non è fisso, è mutevole, in continuo movimento, perché dipende dalle nostre abitudini e dalle nostre capacità di apprendere il corretto uso delle nuove modalità di interazione.

Faccio un esempio che prende a riferimento la scuola. Quando ero al liceo, non brillavo per attenzione in classe e spesso venivo richiamato dai professori a “stare attento” (immagino cosa avrei fatto con la DAD!). Poi all’università ho capito che se prestavo attenzione ed interagivo col professore durante la lezione avrei avuto molta più facilità a capire le materie che studiavo. Questo però è avvenuto per due fattori: una maggiore consapevolezza dell’uso dello strumento “lezione” (dovuto anche all’età) e l’interesse per il contenuto che veniva erogato da questo strumento (cosa molto più debole al liceo).

Questi due elementi sono fondamentali per trarre il meglio dalle attività in remoto anche ora, nel mio lavoro. Se devo ad esempio incontrare una startup in un processo di valutazione dell’investimento, tipicamente, dopo aver colto spunti interessanti dai documenti che mi vengono inviati, organizzo un primo incontro conoscitivo per avere un contatto con le persone che sono l’elemento chiave della scelta d’investimento.

Il tasso di successo (la trasformazione poi in vero investimento) dei miei primi incontri conoscitivi è tra il 2 e il 3%. Questo vuol dire che 97/98 incontri non hanno un impatto vero su quello che è il mio lavoro (anche se imparo sempre qualcosa da ogni incontro). Il processo però non si ferma qui, dopo il primo segue un secondo incontro (più o meno nel 20% dei casi) e poi si prosegue se l’interesse viene via via dimostrato e si va più in profondità nell’analisi e nella reciproca conoscenza.

Prima del Covid facevo già incontri in remoto, ma quando potevo organizzavo sempre incontri di persona, e non riuscivo a trarre il meglio dagli incontri in remoto. Il motivo principale era la scarsa familiarità con il rapportarsi in remoto con i miei interlocutori. La difficoltà a cogliere i segnali non verbali nella valutazione di un team costituisce un problema, in parte ancora per me irrisolto perché la mia abitudine è di cogliere questi segnali dal vivo. Però il valore di questi segnali aumenta man mano che si va avanti nel processo che ho descritto.

I macro segnali, positivi o negativi, si possono cogliere bene anche in remoto e facendolo sono diventato più bravo a farlo. Non riesco ancora a prendere le decisioni finale di sì o no all’investimento senza avere incontrato il team di persona, ma ci arrivo molto vicino, perché almeno l’80% delle cose che mi interessano le posso indagare efficacemente da remoto. In molto meno tempo e con molti meno costi… Mai, in passato, avrei avuto la possibilità di valutare compiutamente (incontrandoli direttamente) realtà residenti al di fuori dell’Italia e magari in un altro continente. Sarebbe stato possibile solo al prezzo di un volo intercontinentale per poi facilmente rientrare nel 97%.

Un’altra parte importante della mia attività è riservata alla formazione e al networking e in questi casi entra maggiormente in gioco il tema del vero interesse. Sento spesso dire che quando si assiste ad eventi in remoto ci si distrae più facilmente ed è vero, capita spesso anche a me. Ma ho capito che questo dipende molto dal mio livello di interesse per il tema trattato. Siamo tutti un po’ vittime di questa bulimia informativa per la quale ci sentiamo in dovere di ingerire quante più informazioni possibile per poi trattenerne in realtà una minima parte. E la possibilità di accedere con un clic ad eventi in tutto il mondo è una tentazione forte. Ma se una cosa interessa davvero, con un po’ di sforzo si acquisisce la capacità di restare attenti e concentrati anche in un modo che ci è piuttosto innaturale. E quando mai mi poteva capitare di assistere ad eventi in diretta e, volendo, anche interagire con i guru della Silicon Valley che tengono un talk od un webinar?

Certo, conoscerli di persona e stringergli la mano (ammesso che sia possibile) è diverso, ma l'alternativa, fino a ieri era leggere un articolo su un giornale di un cronista spesso poco informato della materia.

Il networking però mi manca. Fare amicizia con le persone incontrandole in remoto è ancora e forse sarà sempre per me molto complicato; la mediazione dello schermo del computer non permette di cogliere quei segnali che fanno sì che le persone entrino veramente in empatia, ma, come le persone sviluppano amicizie o anche si innamorano sui social network, senza nemmeno conoscere il reciproco aspetto fisico, forse questo capiterà a me in futuro anche con le video call.

Come per molte cose però, è possibile che il giusto stia nel mezzo. E che possiamo trarre qualche vantaggio dalla situazione di difficoltà nella quale ci troviamo ora.

Quando saremo finalmente di nuovo liberi di incontrarci fisicamente e di “fare assembramenti”, ci sarà sicuramente una tendenza a ritornare a farlo più del necessario, ma spero che, alla fine, tutti avremo imparato, ognuno nella sua attività, che utilizzare la modalità in remoto può portare anche diversi vantaggi e non sarà più un obbligo, ma sarà opportunità potremo vederne ridotti i difetti e i limiti.

Spero quindi in un futuro di eventi misti, dove chi non può partecipare, o chi non è disponibile a pagare gli elevati costi di spostamento o chi semplicemente vuol continuare a “navigare” in varie parti del globo in una sola giornata, possa scegliere tra un’opzione on line ed un'opzione offline, integrate ed efficaci entrambe. E questo vale per il lavoro ma anche per la scuola.

Ne avremmo un beneficio tutti... (anche le azioni di Zoom* ;-)

 

*Ex startup californiana fondata nel 2011 da un ex dirigente di Cisco e quotata in borsa al NASDAQ di New York dall’aprile 2019. Da allora e nell’ultimo periodo il valore dell’azione pari a 36$ al collocamento è arrivato a sfiorare i 600$ a metà ottobre 2020 per poi ritracciare a 376$ all’annuncio dei vaccini Covid 19. Oggi il valore è di nuovo vicino ai 500$ ed in crescita.