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Comunicare con i clienti: cosa è cambiato?

oltre i colori
Ph. Fabio Toto / oltre i colori

La comunicazione è decisamente un’attività divenuta centrale nella professione forense, ma cosa è cambiato rispetto ad un tempo? La pandemia cosa ha modificato? Vediamo i nuovi parametri della comunicazione dello Studio legale verso i clienti.

Si aprono qui tre ambiti comunicativi:

  1. la comunicazione di supporto all’attività forense;
  2. la comunicazione per la gestione e la fidelizzazione del cliente;
  3. la comunicazione promozionale, per lo sviluppo del business.

Se di quest’ultima, il c.d. legal marketing ne abbiamo già fatto cenno in altro articolo, affrontiamo qui gli altri due tipi di comunicazione.

 

La comunicazione di supporto all’attività forense

L’avvocato, d’affari o tradizionale, ha il compito di contribuire a valorizzare verso i terzi (clienti, fornitori, banche, istituzioni finanziarie, investitori) le proprie qualità professionali, ma anche le qualità dell’impresa che assiste. La comunicazione dello Studio legale non è solo intesa internamente allo studio o, al contrario, per fare marketing, esiste anche una comunicazione dello Studio verso i clienti, per aiutare le aziende a comunicare a propria volta con i propri dipendenti e stakeholder.

La cura dello strumento comunicativo da parte dell’avvocato diventa così parte integrante del suo bagaglio professionale, andando a completare e valorizzare le hard skills proprie del giurista, quindi le competenze tecnico-giuridiche, oggetto primario della consulenza.

Allargando lo sguardo oltre l’avvocatura d’affari, che è l’avvocatura di consulenza specialistica tipicamente corporate oriented, estendiamo queste considerazioni anche all’avvocatura più tradizionale, fatta di aule giudiziarie, carte bollate, clienti-azienda, ma anche clienti-individui.


Il cliente ora partecipa

Il cliente ora, più di un tempo, vuole partecipare e capire, vuole condividere le scelte col proprio legale e vuole avere la sensazione di avere in mano la situazione. I tempi in cui il cliente si affidava ciecamente nelle mani del legale conferendogli pieni poteri discrezionali attraverso la classica frase “avvocato, faccia lei”, oppure dove era il legale a licenziare l’incontro con “non si preoccupi, ci penso io”, sono finiti, o in fase di estinzione. Cambiando il cliente, cambiano anche i rapporti e le relazioni. Il cliente sempre di più si informa (o pensa di farlo) attraverso la bocca della verità onnisciente, che nei tempi moderni ha assunto il nome di Google. Non vi è ancora capitato il cliente che si presenta in studio da voi dicendovi che ha letto su Internet che…? No?! Questione di tempo, vi capiterà!

Dunque, cosa possiamo concludere? Che l’avvocato sempre di più verrà valutato dal proprio cliente, azienda o individuo che sia, non solo per le proprie competenze giuridiche (la bravura, come si diceva una volta), ma anche per le capacità comunicative, sia nella relazione diretta avvocato-cliente (capacità di spiegare, di ascoltare, di condividere), sia nella comunicazione a sostegno della questione affidatagli (capacità di comunicare con i sindacati, con i dipendenti dell’azienda, con la controparte, di mediare e di saper consigliare il da farsi in modo comprensibile al proprio cliente). A ben vedere, poi, quanti clienti hanno la capacità di valutare le effettive competenze giuridiche del proprio legale? Pochi, se non pochissimi. Dunque, il parametro che avrà più peso sarà il solito vecchio ago della bilancia: se l’avvocato mi ha fatto ottenere quello che speravo, oppure no; in seconda battuta poi conteranno le capacità comunicative e la relazione instaurata. Molta attenzione, dunque, va oggi posta al fattore comunicativo e relazionale, molto più di un tempo.

Con eccezione per il cliente incline al masochismo, a cui piace essere trattato male dal proprio legale, dove anzi vede nella ruvidità dei modi tanta maggior forza e competenza, per tutti gli altri la relazione ha assunto un ruolo importante nella scelta e nel mantenimento del proprio consulente.

 

Come migliorare la comunicazione con i clienti

Cosa fare in concreto per migliorare le proprie doti comunicative nella relazione con la clientela?

La regola è allenare quotidianamente tre abilità che diventeranno nel tempo competenze preziose:

  1. la prima è la capacità di fare domande aperte: sono queste le domande dirette a coinvolgere l’interlocutore in una spiegazione, racconto, approfondimento; in questo modo l’interlocutore si sentirà al centro dell’attenzione (e questo piace a tutti), parlerà di sé e della propria vicenda (e anche questi piace a tutti) e comincerà a creare una relazione “umana”, prima che professionale, con il proprio legale;
  2. la seconda è la capacità di ascolto attivo: è l’ascolto interessato, non il semplice sentire distratto; è l’ascolto coinvolto, dove l’ascoltatore partecipa al racconto dell’interlocutore senza giudicarlo, senza cercare torti e ragioni, il giusto e lo sbagliato, ma con l’unico intento iniziale di capire e condividere;
  3. l’astensione dal giudizio: questa delle tre è la più difficile; per un avvocato poi è uno sforzo titanico. Astenersi dal giudicare (nella fase iniziale in cui si raccolgono informazioni), vuol dire in concreto lasciar andare i giudizi che necessariamente si palesano alla propria mente e rimanere presenti e vicini al racconto dell’interlocutore; questo permette una maggior lucidità di pensiero, una visione più completa dei fatti e riduce il rischio di generalizzazioni, dove l’esperienza fa sì che vengano applicate vecchie soluzioni a casi nuovi, solo perché fanno parte del proprio passato e hanno magari già funzionato.

 

Come la comunicazione fidelizza il cliente

Quanto visto sopra apre le porte ad un altro effetto della comunicazione efficace da parte dell’avvocato: la fidelizzazione della propria clientela. Se infatti il cliente è più attivo nella gestione della propria vicenda, è anche più attivo di un tempo nel valutare (e cambiare) il proprio avvocato, laddove non ne sia soddisfatto.

Molti su questo punto sono focalizzati nel ritenere che il cliente cambi per motivi economici, applicando, di conseguenza pratiche di dumping per mantenere i propri clienti e per portar via i clienti ai colleghi. Niente di più sbagliato. La leva economica sicuramente è un fattore importante nelle scelte comportamentali del cliente, ma ancora di più lo è l’aspetto emotivo e relazionale. Una volta che ci si è assicurati di essere economicamente competitivi sul mercato, ricordiamoci che il cliente cambierà il proprio avvocato non perché è caro, ma perché ritiene che sia ingiustificatamente caro. Detto in altri termini, se il cliente ritiene che quel tipo di servizio possa averlo a prezzi inferiori, allora sarà portato a valutare di cambiare per risparmiare. Ecco che qui entra in gioco l’aspetto della comunicazione. La strategia per affrontare un potenziale esodo di clientela, non è abbassare i prezzi, bensì sviluppare servizi innovativi, modalità nuove per erogare servizi standard e gestire meglio la relazione con il cliente. Il cliente difficilmente cambierà se ritiene di essere adeguatamente seguito, curato, compreso, aggiornato dal proprio legale. La relazione vale più del risultato sul lungo periodo. Questo, chiariamoci, non vuol dire che una sopperisca all’altra. Entrambe devono essere presenti nel bagaglio professionale dell’avvocato: competenza, professionalità, dedizione e capacità relazionale ed empatica. Essere molto competenti e poco comunicativi, avrà come effetto quello di non valorizzare a dovere la professionalità; essere molto comunicativi e poco competenti avrà invece le gambe corte e alla lunga non reggerà.

La pandemia non ha fatto altro che acuire questi aspetti e creare una maggiore distanza tra studi legali che sanno comunicare bene e studi che ignorano completamente la comunicazione snobbandola.

Il futuro è dell’avvocato molto competente - meglio se specializzato o comunque con esperienza focalizzata in uno o pochi settori - e dotato di grandi doti comunicative e relazionali.