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Costituisce reato di oltraggio a magistrato in udienza l’applauso ironico

Oltraggio alla magistratura
Oltraggio alla magistratura

Indice

1. Il fatto: l’applauso di scherno al magistrato

2. La decisione della Corte di Cassazione

3. Considerazioni sul reato di oltraggio a magistrato in udienza

 

1. Il fatto: l’applauso di scherno al magistrato

Dopo la lettura del dispositivo della sentenza pronunciata dal Tribunale di Palermo, l’imputato (condannato in quella sede) si avvicinava al Pubblico Ministero proferendo la frase “adesso è contento Pubblico Ministero?”, accompagnando la frase con un applauso.

Ciò viene ritenuto penalmente rilevante ai sensi dell’articolo 343 Codice Penale, con condanna del Tribunale confermata anche dalla Corte d’Appello.

Il ricorso per Cassazione viene proposto in quanto, secondo la difesa, l’atto (inteso come gesto di dissenso) sarebbe giustificato dal diritto di difesa ex articolo 598 Codice Penale.

La Cassazione, Sezione Sesta Penale, si pronuncia con Corte di sentenza 14 marzo - 28 novembre 2019, n. 48555.

 

2. La decisione della Corte di Cassazione

La Corte deve valutare se la frase rivolta al PM vada intesa come scherno di natura ingiuriosa o atto scriminato ex articolo 598 Codice Penale dal diritto alla difesa (qui inteso come diritto di critica all’operato della pubblica accusa).

In motivazione, la VI sezione della Cassazione evidenzia come, da orientamento consolidato, non è punito l’apprezzamento verso un provvedimento giudiziario, purché questo non colpisca la persona del magistrato. Viene spiegato che: “l’esercizio del diritto di critica presuppone che le espressioni debbano essere contenute in termini corretti e misurati e non assumano toni lesivi della onorabilità del destinatario”.

Nel caso di specie non si può, a parere della Corte, considerare la frase rivolta al PM, ed accompagnata da un applauso di scherno, giustificabile quale diritto di critica. Tale gesto va invece considerato un comportamento oltraggioso contro l’operato del PM, in quanto manifestato con modalità offensive esorbitanti il c.d. “mero sfogo difensivo”.

Pertanto il comportamento dell’imputato “ha assunto una evidente e obbiettiva natura oltraggiosa per le modalità irriguardose e perentorie con cui è stata proferita, proprio alla stregua del contegno irrispettoso dell’imputato, accompagnato da eloquente gestualità dell’ironico applauso.

Esula dai limiti del legittimo diritto di critica, come sopra delineata, la condotta posta in essere che si è estrinsecata in un insulto secco, proferito fuori da atti procedurali di pertinenza dell’imputato e senza collegamenti a specifiche e concrete argomentazioni difensive”.

 

3. Considerazioni sul reato di oltraggio a magistrato in udienza

Come ben noto, il delitto ex articolo 343 Codice Penale rappresenta una forma speciale di fattispecie di oltraggio (si vedano gli articoli 341 bis, 342 Codice Penale) contro chi esercita funzioni pubbliche, e nello specifico per i casi di offese o minacce al magistrato nel corso di una udienza, sia pubblica che in camera di consiglio, purché lo stesso sia presente in loco.

Tale scelta legislativa trova motivo nella volontà di tutelare “il prestigio e corretto andamento della funzione giudiziaria”, ritenuto che, per l’importanza istituzionale quale l’udienza assume, una offesa rivolta al magistrato arrechi un nocumento particolarmente grave all’Autorità Giudiziaria, tale da giustificare la creazione di una autonoma fattispecie rispetto al delitto di oltraggio a pubblico ufficiale.

Non a caso la norma, che come detto è forma speciale rispetto ad altre fattispecie, non trova applicazione nel caso di comportamento oltraggioso verso un magistrato al di fuori dell’udienza (o in assenza dello stesso nel corso di una udienza), trovando in quel caso applicazione l’articolo 342 Codice Penale od altri illeciti previsti dal codice.

Si fa presente altresì che l’offesa non deve essere necessariamente recepita dal diretto interessato (sez. VI, 17/10/2018, n.51970).

Occorre ora definire (e delimitare) il concetto di oltraggio e quello di critica lecita.

Si è ritenuto, anche al fine di poter stabilire a priori il confine tra critica difensiva ed oltraggio, che certamente l’utilizzo di apprezzamenti negativi sulla persona del magistrato (come anche quelli di scherno) costituiscano il reato di cui all’articolo 343 Codice Penale.

Secondo questo principio è certamente ammissibile la “dialettica processuale” (tutelata dal diritto alla difesa) qualora la critica, anche accesa, riguardi solamente l’oggetto della controversia e sia pronunciata nel corso di un atto processuale (interrogatorio, dichiarazione spontanea, ecc.).

Principio indiscusso è che la persona offesa possa essere sia un magistrato giudicante che inquirente (come nel caso di specie), in quanto il testo di legge si riferisce non alla figura del giudice ma a quella più generica del magistrato.

È utile infine ricordare la pronuncia della Corte Costituzionale (n.380/1999), chiamata anche a giudicare una eventuale violazione dei principi costituzionali nella parte in cui nell’articolo 343 non è prevista la stessa sanzione anche in favore del difensore oltraggiato in udienza, in nome della parità processuale tra accusa e difesa. La consulta, che dichiarò non fondata quella questione, motivò così: “Sotto il profilo del principio di eguaglianza, la parità delle parti, pubblica e privata, che è inerente al processo, non implica necessariamente che sia identica la qualificazione soggettiva di esse, né impone la eguaglianza del loro stato e della loro condizione, al di là della “parità delle armi” che è propria del processo”.

Letture consigliate:

E. FIANDACA - G. MUSCO, Diritto penale, parte speciale, Zanichelli 2012.

C.F. GROSSO- M. PELISSERO, Trattato di diritto penale. Parte speciale. Reati contro la pubblica amministrazione, Giuffrè 2015.

L. LEVITA, I delitti contro l’amministrazione della giustizia, Giuffrè 2014.