Covid: un'equazione per spiegarne l'origine
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Utilizzando queste premesse, i dati preliminari di V. Menachery illustrati nel Cap. 1 e le scoperte sugli effetti curativi degli inibitori di proteasi, che sono stati confermati da numerosi laboratori (Cap. 2), possiamo oggi scrivere una semplice equazione che può aiutare il lettore a comprendere e seguire sin dall’inizio questa ricerca sull’origine di SARS-CoV-2. Infatti, non solo in campo scientifico, ma anche nella stampa divulgativa e di generale informazione siamo ormai abituati all’utilizzo di equazioni matematiche che esprimono talvolta meglio, ma certamente quasi sempre in maniera più sintetica, relazioni complesse di varia natura. Chi non conosce ad esempio quella della teoria delle Relatività-Ristretta formulata da Albert Einstein nel 1905 (E = mc2)? Ed i bellissimi libri di Michael Guillen e di Ian Stewart ci spiegano come solo 5 ovvero 17 equazioni hanno profondamente modificato il nostro modo di pensare sia in matematica che in fisica.
Meno noto è forse il fatto che anche in biologia ed in particolare in biologia molecolare le equazioni sono state utilizzate con successo, per affrontare e risolvere nuovi problemi. Una delle più celebri è quella che ha permesso di risolvere un enigma essenziale della ricerca sul cancro, campo nel quale ho lavorato e lavoro da anni. Alla fine degli anni ‘60/inizio dei ’70, i laboratori di Peter Duesberg, Peter Vogt, Harold Varmus & Mike Bishop, Hidosaburo Hanafusa e Robin Weiss studiarono due classi di virus oncogeni (cioè virus che causano tumori) chiamate a e b. E cioè i virus a trasformazione acuta: classe a, esemplificati dal Virus del Sarcoma di Rous, o RSV) ed i virus della leucosi o leucemia (classe b: ad es., il Virus della Leucosi Aviaria o ALV).
L’equazione che Peter Duesberg e Peter Vogt pubblicarono dai dati scientifici sulle sequenze di questi due tipi di virus era:
a = b + x
dove appunto a e b corrispondevano alle due classi di virus, mentre x appariva come una nuova sequenza di natura ignota che era presente solo in a (in aggiunta alle sequenze comuni fra a e b). I dati di sequenziamento erano allora meno dettagliati di oggi, ma molto precisi, e si basavano direttamente sul sequenziamento dell’RNA, la molecola che costituisce il genoma di questi virus (retrovirus). Dopo alcuni anni, x venne caratterizzata da Dominique Stehelin nel laboratorio di Bishop & Varmus come l’ONCOGENE (SRC), l’elemento portante della teoria odierna sulla carcinogenesi, l’origine dei tumori.
Utilizzando un simile processo logico e di estrapolazione dei dati di sequenziamento ottenuti sino ad oggi possiamo descrivere il virus di COVID-19 come:
SARS-CoV-2 = x + FCS
In questa equazione conosciamo già il primo ed ultimo elemento, in quanto SARS-CoV-2 è il virus che ci ha perseguitato negli ultimi due anni, il virus della pandemia COVID-19. Conosciamo anche l’ultimo termine dell’equazione: FCS sta per FURIN CLEAVAGE SITE: lo abbiamo descritto sin dal 1° capitolo, dove è stato illustrato dagli interessanti esperimenti di Menachery et al.
Ci manca invece una comprensione finale dell’elemento x, anche se candidati e spiegazioni valide per x cominciano ad affiorare come descriverò nel resto dell’articolo. x può essere considerata come la base, lo scheletro, il cosiddetto backbone di SARS-CoV-2, dal quale il virus umano infettante e dilagante è direttamente derivato.
Anche se un “ospite intermedio” è stato inizialmente ipotizzato ed intensamente ricercato da scienziati ed autorità cinesi, uccidendo circa 100.000 animali di specie diverse, questo ospite intermedio non è mai stato identificato. Quindi ad oggi possiamo solo dire:
x è simile a > RaTG13
Nelle ultime settimane, quindi a febbraio 2022, è stata presentata con gran clamore sulla stampa nazionale la scoperta di nuove specie virali isolate nel Laos, che hanno un’omologia con SARS2 di poco superiore a quella di RaTG13 (si passerebbe cioè da un’omologia di 96.2% ad una di 96.8 nell’isolato più simile a SARS2, chiamato BANAL-52). Come spiegherò in dettaglio nella parte finale di questo Cap. 3, questa scoperta, non modifica in alcun modo l’interpretazione generale dei dati per due motivi principali: I. Gli isolamenti sono stati effettuati nel Laos, quindi in zone ancora più a sud e più lontane da Wuhan e II. Delle nuove specie virali scoperte, nessuna contiene il sito FCS, che è –come si evince già dai dati di Menachery e dai risultati con inibitori di proteasi e come descriverò in dettaglio nei prossimi capitoli- la vera e propria arma del delitto. Quindi, quanto qui presentato su RaTG13 è ugualmente applicabile alle sequenze BANAL-52, BANAL-103 e BANAL-236 scoperte adesso in Laos.
RaTG13 è la sequenza –che discuteremo a lungo successivamente- inizialmente pubblicata da SHI Zheng-li e colleghi in un lavoro che comparve sulla rivista Nature a febbraio 2020. Corrisponde ad un virus del pipistrello isolato intorno al 2012-14: la sua sequenza dimostra un’omologia del 96.2% con il virus umano (SARS-CoV-2). Quindi, come discuterò, questi due virus sono distanti da un punto di vista di evoluzione darwiniana circa 50-75 anni. E vi sono ancora –come appena accennato- altri virus che sono stati molto recentemente isolati in un altro paese a sud della Cina (Laos) che dimostrano un’omologia lievemente maggiore a SARS-CoV-2. Le lancette dell’orologio Darwiniano si sposterebbero di poco: la distanza diverrebbe 41.5-62.5 anni, una distanza quindi ancora inspiegabile per l’origine di SARS-CoV-2. Vi sono ulteriori sequenze (in totale 9 – 11 virus) che sono state evidenziate grazie proprio alle indagini sull’origine del virus: tutte queste corrispondono a possibili candidati, sia pur non perfetti per l’elemento x della nostra semplice equazione.
Vi è un ulteriore elemento misterioso in questa complessa indagine: RaTG13 era stato chiamato inizialmente con un nome totalmente diverso: BtCoV4991. La ragione non è totalmente chiara, ma sembrerebbe un tentativo di oscurare la suo origine. Il futuro della nostra ricerca (ed il resto di queste pagine) è dunque dedicato a capire l’origine di x. Resta quindi e comunque valida l’equazione che ho presentato e che definisce appunto x come
SARS-CoV-2 = x + FCS
Ovvero
X = Sars-CoV-2 - FCS
Concludo quindi questa breve panoramica sull’equazione che ho appena presentato per spiegare l’origine degli elementi salienti di SARS2.
Questa equazione costituirà la nostra stella polare o bussola da adesso in poi per spiegare la comparsa di questo mostro infettivo.
E vale quindi la pena fare alcune brevi considerazioni su quanto apparso sulla stampa nazionale nei giorni scorsi, concentrandosi sulle testate più lette.
Su La Repubblica di domenica 20 febbraio, Elena Dusi intitolava il suo pezzo: “Virus nei pipistrelli, trovati ceppi quasi uguali a Sars-Cov2”. Il titolo è certamente fuorviante per un lettore che non abbia la possibilità di analizzare attentamente i dati. Come già precedentemente discusso, i nuovi isolati virali ottenuti nel Laos, quindi molto più a sud della Cina ed in particolare della città di Wuhan dove si concentra la nostra attenzione, permettono di avvicinarci di circa 8-10 anni all’antenato comune di SARS2, ma restano da lui distanti almeno qualche decennio (4-6). Definendo questi ceppi come “quasi uguali”, si rischia di confondere completamente il lettore. Solo verso la fine del pezzo, viene aggiunto “un dubbio nella tesi”, nel senso che la distanza di circa 1700 km fra la città di Wuhan ed il Laos non è un dato facilmente spiegabile. E sin dall’inizio della pandemia abbiamo visto coi nostri occhi come l’infezione di COVID-19 si sia diffusa solo con movimenti di persone quantificabili e tracciabili. Cercare virus a sud e distanti dalla Cina non spiega come tutto sia partito da Wuhan intorno a dicembre 2019.
Più chiaro il pezzo su “Il Corriere della Sera”: “Covid e pipistrelli: tre virus simili a Sars-Cov-2 sono stati trovati nel Laos” di Laura Cuppini. Qui vengono presentati i dati in maniera fattuale, in particolare la variazione di pochissimi aminoacidi (uno o due) che permette a questi virus dal Laos di legarsi bene al recettore ACE2 umano e quindi anche ad infettare la specie umana. Va però rilevato e sottolineato con enfasi che 1. tutti questi isolati sono privi del sito FCS (vedasi precedente equazione) e 2. non vi sono evidenze che questi virus abbiano infettato o causato gravi episodi di morbidità o di mortalità, in particolare fra i raccoglitori di guamo in Laos o i membri di comunità ascetiche che trascorrono lunghi periodi in queste cave o anche i turisti che le visitano frequentemente. 3. in forte contrasto, il virus RaTG13 è stato identificato nelle cave di Mojiang nella regione dello Yunnan, China, dove si sono registrati gravi casi di polmoniti con letalità assai elevata (50%) nel 2012. Tutto questo va qui sottolineato, perché la patologia descritta nei minatori di Mojiang ricorda tristemente quella di COVID-19.
Benché il lavoro sui virus del Laos – con autore senior Marc Eliot – sia stato pubblicato sulla rivista Nature qualche giorno fa (16 febbraio 2022) è da mesi che si parla sia di questo che di un ulteriore lavoro scientifico su SARS2. Il secondo lavoro – con primo e corresponding author Zhiquiang WU- è anche estremamente importante ed interessante. Inoltre, una maggiore lunghezza di tempo o difficoltà per arrivare alla sua pubblicazione da ulteriore adito a critiche sul sistema di monitoraggio e peer reviewing per lavori scientifici, specie se così rilevanti come questo. Infatti, WU et al. dimostra che un’analisi accurata di un numero assai elevato di pipistrelli (13.064) raccolti in numerose località della Cina (703) non evidenzia alcun (quindi 0, ZERO) isolato simile o associabile a SARS-CoV-2. Il mistero s’infittisce: se non vi è traccia di virus simili a SARS2 che circolino in Cina ed in particolare nell’area metropolitana di Wuhan, questi dati sono a favore – per il principio logico di esclusione – del deposito o utilizzo, in ogni caso della fuoriuscita di SARS2 da un laboratorio all’interno di Wuhan.
Dei dettagli di questa ipotesi ci occuperemo quindi a partire dal prossimo capitolo