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Dal tempo delle leggi manifesto a quello delle leggi marketing

Dal tempo delle leggi manifesto a quello delle leggi marketing
Dal tempo delle leggi manifesto a quello delle leggi marketing

Bologna, 15 maggio 2016

 

Non è certo consolante avere negli occhi La verità svelata dal tempo di Gian Lorenzo Bernini, frutto perfetto della stagione barocca, e attendere con pazienza che le incongruenze (unioni vs. convivenze), le imposizioni (convivenze per tutti), le contraddizioni (nuovo matrimonio), gli effetti (spesa e contenzioso previdenziale) e le lacerazioni (obiezione di coscienza), della legge sulle unioni civili emergano nella loro evidenza in vista dell’annunciata puntata successiva. Per ingannare l’attesa (breve) mi soffermo su due argomenti emersi nel corso del dibattito (svoltosi più fuori che dentro le aule parlamentari). Sono utilizzati di frequente – come la spada di Alessandro che si abbatte sul nodo gordiano e, quindi, senza ammettere replica – allorquando il tema verta su questioni etico-morali, del tutto assenti, invece, almeno nella norma, quando il confronto si sposta su temi politico-economici.

Il primo è sostanzialmente il seguente: “finalmente l’Italia si è adeguata alla gran parte dei Paesi civili del mondo”. Il che vale a dire che siccome altri ordinamenti hanno adottato una determinata legge, allora anche l’Italia lo deve fare o comunque è bene (cioè virtuoso, in vista del bene comune) che lo faccia. La questione è davvero singolare e non può essere liquidata come mera esterofilia.

Non mi sembra che l’emulazione sia in quanto tale apprezzabile in campo legislativo (ammesso che lo sia in altri campi), se non altro perché la sovranità nazionale (certamente erosa da quella dell’Unione europea) esiste ancora. L’argomento è particolarmente paradossale in bocca ad un parlamentare. Equivale infatti a riconoscere il ruolo di mero ratificatore al nostro Parlamento, che potrebbe limitarsi a recepire in Italia le leggi approvate dagli altri Paesi del mondo. Non più Parlamento ma Osservatorio, non più parlamentari ma impiegati.

Quanti Paesi dovranno approvare normative analoghe a quella dell’eutanasia belga, perché scatti l’obbligo di adeguamento anche per l’Italia? definiamoli, determiniamo il numero e mettiamoci il cuore in pace, inutile pure avviare il dibattito sui mass media e tanto meno in Parlamento.

Il corollario di questo argomento è racchiuso nell’aggettivo “avanzati”, che si associa ai Paesi del mondo a cui si deve uniformare la legislazione italiana. In sostanza esistono Paesi avanzati che funzionano da guida e altri arretrati che a quei Paesi devono guardare. In questo argomento si legge innanzitutto una sorta di razzismo di ritorno (che è sintomo di crisi identitaria): non sono alcuni uomini ad essere inferiori, bensì alcuni Paesi, specialmente quelli nei quali la religione cattolica ha permeato la società (in che modo, perché, con quali effetti, non importa).

Non di rado peraltro nella stessa frase fa capolino il termine che mette in ghiaccio il confronto: medioevale. Forse è normale che sia così, il termine è stato coniato in senso spregiativo e continua ad esserlo, nonostante storici e filosofi di estrazione completamente diversa abbiano cercato di dare il giusto peso al periodo (nonostante tutto, molto più vicino a noi di quanto possiamo immaginare). Impossibile replicare: l’enfasi ricorda la logica della tabula rasa, che non è logica ma ideologia.

Lo stesso argomento è utilizzato capziosamente per forzare la mano proprio con specifico riferimento ai temi etico-morali. Visto che Paesi avanzati hanno adottato determinate legislazioni, la nostra lacuna crea una disparità di trattamento ai danni dei cittadini della Repubblica italiana, obbligati (chi può permetterselo) a spostarsi all’estero, in una sorta di ricerca della legislazione vantaggiosa, per tale intendendosi naturalmente quella che garantisce diritti/libertà. Ecco allora che l’adeguamento, perché di questo si deve parlare, è obbligatorio, quasi naturale e chi vi si oppone, non solo la pensa diversamente, ma è dalla parte sbagliata della storia e deve subire l’ostracismo, deve essere bandito non fisicamente ma intellettualmente.

In definitiva, quello che m’incupisce più di tutto della legge non è quello che vi si trova scritto (di cui mi occuperò), è quello che non c’è scritto: con questa legge si afferma la legislazione rivolta ad alcuni selezionati acquirenti-consumatori-target, che promette nuove operazioni a premio.

Oltre la legge manifesto (femminicidio, omicidio stradale) siamo alla legge marketing istituzionalizzata.

Bologna, 15 maggio 2016

 

Non è certo consolante avere negli occhi La verità svelata dal tempo di Gian Lorenzo Bernini, frutto perfetto della stagione barocca, e attendere con pazienza che le incongruenze (unioni vs. convivenze), le imposizioni (convivenze per tutti), le contraddizioni (nuovo matrimonio), gli effetti (spesa e contenzioso previdenziale) e le lacerazioni (obiezione di coscienza), della legge sulle unioni civili emergano nella loro evidenza in vista dell’annunciata puntata successiva. Per ingannare l’attesa (breve) mi soffermo su due argomenti emersi nel corso del dibattito (svoltosi più fuori che dentro le aule parlamentari). Sono utilizzati di frequente – come la spada di Alessandro che si abbatte sul nodo gordiano e, quindi, senza ammettere replica – allorquando il tema verta su questioni etico-morali, del tutto assenti, invece, almeno nella norma, quando il confronto si sposta su temi politico-economici.

Il primo è sostanzialmente il seguente: “finalmente l’Italia si è adeguata alla gran parte dei Paesi civili del mondo”. Il che vale a dire che siccome altri ordinamenti hanno adottato una determinata legge, allora anche l’Italia lo deve fare o comunque è bene (cioè virtuoso, in vista del bene comune) che lo faccia. La questione è davvero singolare e non può essere liquidata come mera esterofilia.

Non mi sembra che l’emulazione sia in quanto tale apprezzabile in campo legislativo (ammesso che lo sia in altri campi), se non altro perché la sovranità nazionale (certamente erosa da quella dell’Unione europea) esiste ancora. L’argomento è particolarmente paradossale in bocca ad un parlamentare. Equivale infatti a riconoscere il ruolo di mero ratificatore al nostro Parlamento, che potrebbe limitarsi a recepire in Italia le leggi approvate dagli altri Paesi del mondo. Non più Parlamento ma Osservatorio, non più parlamentari ma impiegati.

Quanti Paesi dovranno approvare normative analoghe a quella dell’eutanasia belga, perché scatti l’obbligo di adeguamento anche per l’Italia? definiamoli, determiniamo il numero e mettiamoci il cuore in pace, inutile pure avviare il dibattito sui mass media e tanto meno in Parlamento.

Il corollario di questo argomento è racchiuso nell’aggettivo “avanzati”, che si associa ai Paesi del mondo a cui si deve uniformare la legislazione italiana. In sostanza esistono Paesi avanzati che funzionano da guida e altri arretrati che a quei Paesi devono guardare. In questo argomento si legge innanzitutto una sorta di razzismo di ritorno (che è sintomo di crisi identitaria): non sono alcuni uomini ad essere inferiori, bensì alcuni Paesi, specialmente quelli nei quali la religione cattolica ha permeato la società (in che modo, perché, con quali effetti, non importa).

Non di rado peraltro nella stessa frase fa capolino il termine che mette in ghiaccio il confronto: medioevale. Forse è normale che sia così, il termine è stato coniato in senso spregiativo e continua ad esserlo, nonostante storici e filosofi di estrazione completamente diversa abbiano cercato di dare il giusto peso al periodo (nonostante tutto, molto più vicino a noi di quanto possiamo immaginare). Impossibile replicare: l’enfasi ricorda la logica della tabula rasa, che non è logica ma ideologia.

Lo stesso argomento è utilizzato capziosamente per forzare la mano proprio con specifico riferimento ai temi etico-morali. Visto che Paesi avanzati hanno adottato determinate legislazioni, la nostra lacuna crea una disparità di trattamento ai danni dei cittadini della Repubblica italiana, obbligati (chi può permetterselo) a spostarsi all’estero, in una sorta di ricerca della legislazione vantaggiosa, per tale intendendosi naturalmente quella che garantisce diritti/libertà. Ecco allora che l’adeguamento, perché di questo si deve parlare, è obbligatorio, quasi naturale e chi vi si oppone, non solo la pensa diversamente, ma è dalla parte sbagliata della storia e deve subire l’ostracismo, deve essere bandito non fisicamente ma intellettualmente.

In definitiva, quello che m’incupisce più di tutto della legge non è quello che vi si trova scritto (di cui mi occuperò), è quello che non c’è scritto: con questa legge si afferma la legislazione rivolta ad alcuni selezionati acquirenti-consumatori-target, che promette nuove operazioni a premio.

Oltre la legge manifesto (femminicidio, omicidio stradale) siamo alla legge marketing istituzionalizzata.