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Danno non patrimoniale: la Suprema Corte ritorna sul tema

Danno non patrimoniale
Danno non patrimoniale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15733/2022, è tornata a esprimersi in materia di risarcimento del danno non patrimoniale, ribadendo la totale autonomia del cosiddetto danno morale da quello biologico.

 

Danno non patrimoniale: la vicenda e le motivazioni del ricorso

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 2019, confermava la decisione del Giudice di prime cure con cui veniva condannata l’assicurazione Alpha al risarcimento dei danni subiti da Tizio a causa di un sinistro stradale.

La Corte d’Appello, rilevata la correttezza della decisione del Giudice di primo grado escludeva la sussistenza di alcun residuo di inabilità permanente, a carico del danneggiato, in grado di incidere sulla relativa capacità lavorativa, specificava come la liquidazione delle voci di danno patrimoniale e non patrimoniale fossero concretamente comprovate.

Con ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, segnatamente al primo motivo Tizio lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente disatteso la richiesta di adeguamento delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, segnatamente sotto il profilo della mancata personalizzazione e maggiorazione di detti importi, al fine di procedere in modo autonomo alla liquidazione del danno morale, che i Giudici di merito avevano ritenuto integralmente assorbito dalla liquidazione del danno biologico operata secondo le c.d. tabelle milanesi, escludendo il riconoscimento del disturbo post-traumatico da stress subito in conseguenza del sinistro stradale”.

Con il secondo motivo, il danneggiato lamentava poi la circostanza che la Corte d’Appello avesse “erroneamente omesso di rilevare l’incidenza, sulla capacità lavorativa specifica del ricorrente, dei postumi permanenti residuati a seguito del sinistro, fondandosi esclusivamente sulle argomentazioni articolate nella consulenza tecnica disposta d’ufficio, senza motivare in modo adeguato sul rigetto delle contrarie considerazioni avanzate nella consulenza tecnica di parte”.

Con il terzo e il quarto motivo, il ricorrente segnatamente censurava la sentenza impugnata con riferimento alla compensazione integrale delle spese del giudizio di primo grado operata dal Tribunale ed il rimborso delle spese relative al grado di appello in favore della controparte.

 

Danno non patrimoniale: la decisione della Cassazione

Rigettando il ricorso e condannando il ricorrente al rimborso delle spese di giudizio, gli ermellini tuttavia, ricordano il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “il positivo riconoscimento e la concreta liquidazione, in forma monetaria, dei pregiudizi sofferti dalla persona a titolo di danno morale mantengono integralmente la propria autonomia rispetto ad ogni altra voce del c.d. danno non patrimoniale, non essendone in alcun modo giustificabile l’incorporazione nel danno biologico, trattandosi (con riguardo al danno morale) di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per la compromissione degli aspetti puramente dinamico-relazionali della vita individuale.

Specificando quest’ultima forma di personalizzazione, con riferimento al danno biologico, i Supremi Giudici, richiamano l’art. 138, co. 3, Cod. Ass., secondo cui “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%”.

Gli ermellini ritengono doveroso richiamare anche l’art. 138, co. 2 lettera a), cod. ass., il quale offre la definizione di danno biologico individuandola come “la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”, raccordandosi con la successiva lettera e) del medesimo comma 2 secondo cui, ”al fine di considerare la componente morale da lesione dell’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico è incrementata in via progressiva e per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione”.

Pertanto, trova definitiva conferma sul piano normativo il “principio dell’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma “danno morale” allude a una realtà che (diversamente dal danno biologico) rimane in sé insuscettibile di alcun accertamento medico-legale, e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore del tutto autonomo e indipendente (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato”.

 

Autonomia del danno morale rispetto al danno biologico

I Supremi Giudici prevedono e disciplinano le casistiche di liquidazione con riferimento alla sussistenza o meno del danno morale.

Se vengono liquidate entrambe le poste di danno, il problema non si pone. In tal caso è sufficiente l’applicazione delle tabelle milanesi per la determinazione del quantum risarcitorio, che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno. Al contrario, se “la componente interiore” non sussiste, e conseguente esclusione del “danno morale”, “depurata dall’aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, liquidando, conseguentemente il solo danno dinamico-relazionale”.

In caso di positivo accertamento dei presupposti per la cosiddetta personalizzazione del danno (biologico),” si dovrà infine procedere “all’aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, co. 3, del novellato codice delle assicurazioni”.

Nel giudizio de quo, la Cassazione concludendo il dispositivo, sottolinea la correttezza della decisione appellata, tenuto conto che il riconoscimento di tale disturbo (generante il danno korale) era comparso nella sola consulenza tecnica di parte e non già nella consulenza tecnica d’ufficio, ritenuta dal Giudice di maggiore attendibilità per le relative qualità di completezza ed esaustività (esplicitamente rilevate), oltre che in ragione dei relativi caratteri di terzietà ed imparzialità.

Cass. III Sez. Civile, sent. n. 15733/2022

Art. 138 Cod. Ass.