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Assegno di mantenimento ai figli: quando non è dovuto?

Stop al mantenimento per i figli maggiorenni
Stop al mantenimento per i figli maggiorenni

Assegno di mantenimento ai figli: quando non è dovuto?

Il mantenimento ai figli non è dovuto per sempre. È obbligatorio sino a quando gli stessi sono minorenni e, raggiunta la maggiore età, sussiste esclusivamente se il genitore non dimostra che il giovane è inerte nel rendersi economicamente indipendente.
 

C’è un’età in cui il figlio perde il diritto al mantenimento?

Non esiste un’età predisposta dal Legislatore a partire dalla quale i genitori possono negare il mantenimento al figlio, ma le scelte di quest’ultimo possono avere delle ripercussioni in tema di mantenimento.

Difatti, un giovane che ha terminato l’istruzione obbligatoria e non si immette nel mondo del lavoro o che ha deciso di non proseguire gli studi, iscrivendosi a un corso di laurea o d altro corso di formazione, non può restare inerte a lungo. E siccome, secondo la Cassazione, bisogna anche sapersi accontentare di ciò che il mercato offre, in questi casi, il giovane potrebbe perdere il mantenimento anche a partire da 20-25 anni. 

Una casistica diversa è invece quella del giovane che ha optato per proseguire gli studi e dimostra di impegnarsi.

In tale ipotesi, l’obbligo di mantenimento permane fino al conseguimento del titolo e anche un po’ oltre (es. conseguimento di una specialistica o di un master), fino a quando non può presumersi che il protrarsi dello stato di disoccupazione sia dovuto a inerzia e non a difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro. Statisticamente questo “limite” coincide con il raggiungimento dei 30-35 anni.
 

Se il figlio non dà gli esami perde il mantenimento?

Il figlio che frequenta corsi di studio, siano essi universitari o corsi di formazione, deve essere profittevole, in altre parole deve mostrare i “frutti” derivanti dagli studi intrapresi.

Questo non significa che la legge imponga al giovane di avere un rendimento alto, al contrario, anche chi ha un rendimento mediocre ha tutto il diritto di essere mantenuto finché non finisce gli esami universitari e si laurea o finché non perfezione il corso di formazione.

La legge richiede l’esistenza di un progetto formativo. In tale ottica i Supremi Giudici  hanno affermato che “il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento si giustifica all’interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, considerato che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell’obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società” (Cass. 5088/2018; Cass. 12952/2016).
 

E il figlio non trova lavoro?

Non trovare lavoro non rappresenta, di per sé, una valida giustificazione. Secondo i Supremi Giudici, i giovani devono fare i conti con l’attuale mercato del lavoro che non sempre garantisce a tutti di trovare immediatamente l’agognato lavoro. Di tal ché si rende necessario fare esperienza, “sporcarsi le mani” anche con lavori più umili, in altri termini fare “gavetta”. Il tutto perché bisogna staccarsi dai genitori il più presto possibile.

Recentemente la Cassazione con l’ordinanza del 30 marzo 2021 - 2 luglio 2021 n. 18785, ha confermato l’orientamento secondo cui si deve escludere che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale, incondizionata e illimitata, per i figli maggiorenni disoccupati.

Gli ermellini richiamano la recente giurisprudenza (Cass. 5088/2018; Cass. 12952/2016Cass. 17183/2020) secondo la quale l’obbligo di mantenimento a beneficio dei figli, anche maggiorenni, sussiste solo nel caso in cui non abbiano ancora raggiunto l’autosufficienza reddituale, senza loro colpa

La Corte sembra così superare ogni precedente cautela in favore dei figli non economicamente autonomi, anticipando il limite di età oltre il quale il diritto del figlio a ottenere un contributo per il proprio mantenimento viene a scemare sino a cessare.
 

Come può il figlio maggiorenne non perdere il mantenimento?

Quello di mantenere il figlio maggiorenne è un obbligo, gravante su entrambi i genitori, che dalla nascita arriva fino al raggiungimento dell’indipendenza economica da parte del figlio, così come previsto dall’articolo 147 Codice Civile La norma ha copertura costituzionale, essendo previsto all’articolo 30 Costituzione che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio.

Pertanto, pur non essendo previsto un limite di legge relativo all’età, la persistenza dell’obbligo in capo ai genitori è legata, come ricordato dalla costante giurisprudenza della Cassazione, al corrispondente onere, gravante in capo al figlio maggiorenne, di perseguire concretamente un progetto educativo e un percorso di formazione “nel rispetto delle sue capacità e inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni”.

I figli maggiorenni per godere dell’assegno di mantenimento dovranno dar prova del loro impegno negli studi o nella ricerca di un’attività lavorativa consona al percorso formativo seguito. In mancanza di questa diligenza, i genitori potranno essere esonerati dall’obbligo.
 

Vivere ancorati alla famiglia

Se quanto esposto finora ha rilevanza giuridica e offre un’analisi generale della materia in oggetto, non ci si può esimere dall’analizzare socialmente tale fenomeno che prevalentemente appare essere nostrano: “i figli “bamboccioni” che restano ancorati all’alveo familiare.

Per assurdo, oggi i giovani hanno tutto quanto si può considerare “superfluo”, dai vestiti agli apparecchi tecnologici, ma mancano invece di ciò che più gli sarebbe necessario, ovvero responsabilità e possibilità di mantenersi in modo da non restare parcheggiati dentro ad una situazione che da un lato non sentono loro, ma dall’altro, fa invece comodo e prolunga di fatto lo stato di non crescita e di non responsabilità. I genitori a loro volta non fanno nulla affinché i figli si stacchino con maggiore facilità e diventino a tutti gli effetti individui che vivono nella società, impegnati nella professione e magari anche in una famiglia propria.

Secondo Eurostat l’età media di uscita di casa dei genitori in Italia è di 30,1 anni, molto più di molti altri paesi europei, che invece si attestano intorno ai 25 anni. Ma il dato preoccupante è che la media in Italia continua ad aumentare, sottolineando un ancorato ideale di verghiana memoria.

Certo è che un argomento di questa portata e così delicato da un punto di vista sociale non può esaurirsi in poche righe e in questa sede, ma non può lasciarci indifferente e farci riflettere.