Domanda risarcitoria conseguente all’annullamento del provvedimento favorevole al privato: Giudice ordinario o Giudice amministrativo?

Domanda risarcitoria conseguente all’annullamento del provvedimento favorevole al privato: Giudice ordinario o Giudice amministrativo?
ABSTRACT
La competenza a decidere su una domanda risarcitoria proposta dal privato a seguito dell’annullamento, per via giurisdizionale, di un provvedimento amministrativo adottato in suo favore, si presta ad essere devoluta al Giudice ordinario, sulla base dell’art. 1 comma 1 (obbligo della PA di rispettare il principio di legalità) nonché dell’art. 1 comma 2 (facoltà di aggravare il procedimento per motivate esigenze istruttorie, al fine di ridurre al minimo la possibilità di errore nel qualificare come legittimi atti ampliativi che invece poi si scoprono essere illegittimi) e dell’art. 10 (partecipazione del privato al procedimento mediante memorie scritte e documenti e quindi ulteriore riduzione del suddetto margine di errore) della Legge 241/90.
Jurisdiction to decide on a claim for compensation filed by a private individual following the judicial annulment of an administrative provision adopted in their favor is best transferred to the ordinary courts, pursuant to Article 1, paragraph 1 (the public administration's obligation to respect the principle of legality), Article 1, paragraph 2 (the power to exacerbate the proceedings for justified investigative needs, in order to minimize the possibility of error in classifying as legitimate extensions that are later discovered to be illegitimate), and Article 10 (the private individual's participation in the proceedings through written submissions and documents, and thus further reducing the aforementioned margin of error) of Law 241/90.
Tuttavia, la stessa competenza si presta anche ad essere devoluta al Giudice amministrativo, in base all’art. 20 comma 3 della Legge 241/90, il quale riconosce alla PA il potere di annullare per motivi di legittimità anche atti ampliativi che si sono formati per espressa previsione di legge (silenzio assenso) e senza che a tale annullamento possa conseguire alcuna domanda risarcitoria da parte del privato, ed anche in base al fatto che un sostanziale apporto partecipativo del privato al procedimento è previsto solo per far rilevare vizi di merito degli atti (art. 21 quinquies), e non anche vizi di legittimità degli stessi.
However, the same jurisdiction can also be devolved to the Administrative Court, pursuant to Article 20, paragraph 3 of Law 241/90, which grants the Public Administration the power to annul, on grounds of legitimacy, even broadening acts that were drawn up by express legal provision (tacit consent), without such annulment being able to give rise to any claim for compensation by the private individual. This is also based on the fact that a substantial participation by the private individual in the proceedings is required only to highlight defects of substance in the acts (Article 21 quinquies), and not also defects of legitimacy.
La Corte di Cassazione a SSUU, investita di un ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, è stata stata chiamata a pronunciarsi in merito alla seguente questione: se, nel caso in cui il Giudice abbia annullato un atto amministrativo adottato in favore del privato, la competenza a decidere sulla domanda di risarcimento danni proposta da quest’ultimo sia del Giudice ordinario o del Giudice amministrativo.
Nella fattispecie, il privato, che aveva in precedenza ottenuto un permesso per demolire e ricostruire un fabbricato in zona agricola, citava in giudizio il Comune a seguito dell’annullamento del medesimo permesso da parte del Consiglio di Stato, annullamento disposto per via di un ricorso proposto dal proprietario dell’area confinante. Egli chiedeva il risarcimento del danno per aver in buona fede confidato nella legittimità del provvedimento amministrativo ampliativo.
Il Comune eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sul rilievo che l’art. 7 del d.lgs. n. 104/2010 (Codice del Processo Amministrativo) attribuisce alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie in cui si faccia questione di comportamenti riconducibili “anche mediatamente all’esercizio del potere amministrativo” nelle materie dell’urbanistica e dell’edilizia.
Il privato proponeva innanzi alla Corte di Cassazione il ricorso sopra citato.
Le SS.UU., con la sentenza n. 26080 del 25.09.2025, in accoglimento dell’istanza del privato, hanno affermato che la tutela del legittimo affidamento in merito alla piena legittimità di un atto ampliativo si basa sul generale dovere di buona fede e correttezza cui entrambe le parti, privato e PA, sono tenute al momento in cui tra le stesse si instaura un determinato rapporto, e che pertanto “il fulcro della pretesa risarcitoria risiede nella violazione dei doveri che la disciplina ha recepito nella conformazione normativa del contenuto del rapporto amministrativo (art. 1, comma 2 bis, L. 241/1990), non di regole che incidono sulla validità dei provvedimenti adottati”. Esse hanno quindi stabilito che la competenza a decidere in merito all’istanza risarcitoria proposta dal privato a seguito dell’annullamento giurisdizionale dell’atto adottato in suo favore, è del Giudice ordinario.
Al riguardo, si osserva quanto segue.
L’art. 1 comma 2 bis della Legge 241/90 (di seguito “Legge”) prevede effettivamente che “i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”.
Ritenere che la lesione del legittimo affidamento derivante dal rilascio di un atto ampliativo, debba essere sottoposta alla giurisdizione del Giudice ordinario, significa postulare una sorta di “presunzione di piena legittimità” dell’attività istruttoria (e quindi decisionale) eseguita dalla PA: quest’ultima, in sostanza, “deve sapere” che il suddetto rilascio potrebbe anche essere ritenuto illegittimo dal Giudice, ove un controinteressato faccia ricorso avverso l’atto stesso. Quindi la mancata conoscenza dei (possibili) vizi di legittimità del provvedimento deve necessariamente comportare, nel caso in cui l’atto venga annullato, il sorgere di un diritto risarcitorio in favore del destinatario dell’atto. La PA, prima di procedere all’adozione di un atto in favore del privato, è tenuta ad accertare scrupolosamente quelli che potrebbero essere i vizi di legittimità del medesimo. Essa, essendo tenuta a garantire il principio di legalità dei propri atti (art. 1 comma 1 Legge), assume, nel momento in cui decide di adottare un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del privato, il ruolo di “sostanziale garante” della piena conformità del medesimo alle norme di legge, e, di conseguenza, l’eventuale annullamento per via giudiziale dell’atto stesso deve necessariamente comportare l’attrazione della domanda risarcitoria del privato nella giurisdizione del Giudice ordinario.
Questa tesi – fatta propria dalle SSUU nella sentenza in commento e basata, come si ripete, su una “presunzione di piena conformità degli atti amministrativi alla legge” – sembrerebbe trovare conferma nel fatto che la PA, ai sensi dell’art. 1 comma 2 della Legge, ha la facoltà di aggravare il procedimento “per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”. Essa, proprio al fine di garantire al privato, prossimo destinatario dell’atto ampliativo, la totale inattaccabilità di quest’ultimo sotto il profilo della legittimità, ha il potere di dilatare ulteriormente i termini previsti per la sua adozione, in quanto un’attività di accertamento ancor più approfondita non può che ridurre, se non eliminare del tutto, qualsivoglia dubbio in ordine al rispetto dei dettami normativi. Pertanto se poi l’atto sopra citato è stato annullato dal Giudice, ciò è, presumibilmente, accaduto perché l’attività istruttoria riguardo alla mancata violazione di prescrizioni di legge non è stata eseguita in modo sufficientemente accurato. Quindi, il radicamento, in capo al Giudice ordinario (anziché in capo al Giudice amministrativo), della giurisdizione sulla domanda risarcitoria proposta dal privato a seguito dell’annullamento, deriva dal mancato utilizzo di uno strumento – appunto l’approfondimento dell’attività istruttoria ex art. 1 comma 2 della Legge – che la PA ha il potere – dovere di utilizzare proprio al fine di evitare che l’atto ampliativo venga ad essere successivamente annullato dal Giudice.
Questa “presunzione di perfezione dell’agire della PA”, e quindi di piena legittimità degli atti da essa adottati, dalla quale poi deriva la devoluzione al Giudice ordinario della domanda risarcitoria conseguente all’annullamento, appare ulteriormente suffragata dal fatto che il procedimento amministrativo non si caratterizza come attività la quale è riservata in via esclusiva alla PA e che quindi, proprio per questo motivo, potrebbe, al limite, anche giustificare, quanto meno in determinati casi, una certa “scusabilità dell’errore di diritto” in cui la medesima sia incorsa nel ritenere come legittimo un atto che invece il Giudice accerterà poi essere illegittimo, scusabilità che si origina dal principio per cui chi opera senza l’apporto di nessun altro soggetto è, fatalmente, più esposto all’errore. E’ solo in tal caso che potrebbe configurarsi, da parte della PA, un errore scusabile e che quindi la cognizione della domanda risarcitoria conseguente all’annullamento dell’atto dovrebbe essere devoluta al Giudice amministrativo.
Al contrario, la valutazione degli aspetti fattuali e giuridici della fattispecie, nella quale il procedimento amministrativo si sostanzia, è aperta alla partecipazione da parte del privato, che può avvenire mediante la presentazione, da parte di quest’ultimo, di memorie scritte e documenti (art. 10 della Legge), tramite cui la PA stessa ha modo di verificare, in maniera ancor più accurata, l’eventuale presenza di vizi di legittimità di quello che dovrebbe essere l’atto conclusivo del procedimento. Pertanto, proprio in virtù dell’apporto partecipativo del privato – che, tra l’altro, giova ricordarlo, attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili, ex art. 29 comma 2 bis della Legge – l’annullamento giurisdizionale dell’atto ampliativo dovrebbe giustificare l’attrazione della (conseguente) domanda risarcitoria nell’ambito della giurisdizione del Giudice ordinario.
Tuttavia, si considerino anche i seguenti aspetti.
La PA, in base all’art. 20 comma 3 della Legge, può annullare in via di autotutela, per motivi di legittimità, anche un provvedimento che si sia formato per effetto del tacito assenso previsto dalla legge. Un atto ampliativo può essere riconosciuto dalla PA come illegittimo, e perciò stesso annullato, anche laddove il medesimo sia derivato non dalla conclusione del procedimento amministrativo mediante l’adozione di un provvedimento espresso, ma da un silenzio assenso previsto per legge, a causa del decorso del termine stabilito ai fini della stessa adozione. Ebbene, l’atto ampliativo, se può essere annullato dalla PA per motivi di legittimità anche quando il suo formarsi discende direttamente da una disposizione di legge, e ciò – è questo il punto – senza che sia previsto in capo alla PA alcun obbligo risarcitorio, a maggior ragione potrà essere annullato dal Giudice senza che tale annullamento possa qualificarsi come lesivo di “un diritto soggettivo” (anziché di un interesse legittimo) e quindi senza che la conseguente domanda risarcitoria venga attratta nella competenza del Giudice ordinario.
Quanto all’apporto partecipativo del privato, questo viene stabilito, dall’art. 10 bis della Legge, solo in relazione ai provvedimenti di diniego dell’istanza del privato, e non anche a quelli ampliativi. Tale norma, infatti, prevede che la PA, prima di adottare un atto di diniego, debba notificare un avviso al privato, di modo che poi quest’ultimo possa presentare memorie e documenti tali da convincere la PA circa la piena legittimità di quello che potrebbe essere un atto di accoglimento dell’istanza dallo stesso presentata. Ciò vuol dire che, invece, per quanto riguarda gli atti ampliativi, la responsabilità in merito alla legittimità dei medesimi è attribuita in via esclusiva alla PA, e quindi torna in auge il principio della “scusabilità dell’errore”, o quanto meno della “non perfezione, sotto il profilo giuridico, degli atti amministrativi,” il quale è il presupposto per ricondurre la domanda risarcitoria post annullamento nell’alveo della giurisdizione del Giudice amministrativo.
Inoltre, una concreta compartecipazione del privato nell’adozione degli atti amministrativi si rileva solo in relazione alla revoca, e non anche all’annullamento, dei medesimi. L’art. 21 quinquies della Legge prevede che “ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico”. Un dovere di buona fede e correttezza del privato, e quindi anche una corresponsabilità del medesimo (vedi riduzione dell’indennizzo spettante), nel rilascio di un atto un proprio favore, sussiste soltanto laddove l’atto venga poi successivamente revocato. Il privato ha l’obbligo di segnalare alla PA profili di contrarietà dell’atto, che dovrebbe essere adottato a suo favore, a ragioni di merito (ossia opportunità e convenienza dell’atto stesso rispetto all’interesse pubblico), e non anche a motivi di legittimità. Ciò testimonia che la valutazione in ordine alle ragioni di legittimità dell’atto ampliativo è di esclusiva competenza della PA, la quale quindi, non potendo in tal caso contare sulla partecipazione del privato, è, inevitabilmente, più esposta ad incorrere in “errori di diritto” e quindi a violazioni di legge, ritenendo, appunto erroneamente, come legittimo un atto che invece è illegittimo. L’accentramento, in capo alla PA, della suddetta valutazione, è tale da esporre naturalmente quest’ultima alle suddette violazioni, e quindi il mancato sostegno del privato nell’individuazione di quelli che potrebbero essere vizi di legittimità dell’adottando atto ampliativo, non può che avere, quale contrappeso, la devoluzione al Giudice amministrativo, anziché al Giudice ordinario, della conoscenza sulla domanda risarcitoria conseguente all’annullamento, disposto per via giudiziale, dell’atto stesso.