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Sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento del risarcimento del danno

Sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento del risarcimento del danno
Ph. Luca Martini / Sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento del risarcimento del danno

Quando il giudice non può subordinare la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno alla parta civile.

Sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento del risarcimento del danno

La sospensione condizionale della pena non può essere subordinata al risarcimento del danno senza una valutazione delle reali condizioni economiche dell’imputato, quando queste emergano dagli atti processuali.

La premessa si evince dall’esame di due recenti sentenze della Suprema Corte che ci permettono di approfondire un’aspetto peculiare del “potere” del giudice di obbligare l’imputato al risarcimento del danno per poter avere il beneficio della pena sospesa.

Nel primo caso la cassazione sezione V con la sentenza n. 3187/2021 depositata il 26 gennaio 2021 ha deliberato che in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la decisione del giudice di merito che, senza operare una effettiva verifica della capacità economica del condannato, aveva subordinato la concessione del beneficio della sospensione della pena al risarcimento del danno in favore della parte civile entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, nonostante risultasse dagli atti che il destinatario del provvedimento versava in una situazione di indigenza tale da legittimare l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato).

Fatto: la difesa aveva contestato la decisione  del primo giudice, che aveva subordinato la sospensione condizionale della pena  al risarcimento del danno in favore della parte civile, entro novanta giorni dal  passaggio in giudicato della sentenza, facendo rilevare che l'imputato non avesse  la possibilità di adempiere, in quanto versava (e versa tuttora) in gravi, se non  addirittura indigenti condizioni economiche, tant'è che lo stesso aveva dovuto fare  ricorso all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (avendo prodotto, nel  corso dell'anno di riferimento, un reddito di soli euro 4938,00, con a carico moglie  disoccupata e figlio minore). 

A tal proposito, la difesa aveva richiamato pronunce con le quali la cassazione  aveva dichiarato illegittima - in quanto in contrasto con i princìpi di legalità e  tassatività - la decisione con cui il giudice subordina la sospensione condizionale  della pena al risarcimento del danno, senza aver proceduto, con apprezzamento  che ne desse conto in motivazione, alla verifica delle condizioni economiche  dell'imputato e della sua concreta possibilità di sopportare l'onere del risarcimento  pecuniario. 

Ciò nonostante la Corte di Appello, nella sentenza impugnata, si era limitata ad osservare che la  subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del  danno dovesse essere confermata perché essa prescinde dall'incensuratezza del  condannato, atteso che "tale specifico provvedimento non è diretto a favorire la  posizione di quest'ultimo, sulla base della prognosi favorevole di futura astensione  dalla commissione di reato (già operata con la concessione del beneficio), quanto  piuttosto a salvaguardare la posizione di coloro che sono stati pregiudicati dal fatto  di reato, inducendo l'autore a rimuoverne gli effetti più immediati".

Cassazione: decisione e motivazione

 

Nel caso in esame gli Ermellini ritengono, che gravava sul  giudicante innanzitutto l'obbligo di motivazione che sussiste anche in relazione alla  decisione di subordinare, ai sensi dell'art. 165 comma 1 cod. pen., la sospensione  condizionale della pena al risarcimento del danno, trattandosi di statuizione che,  a differenza di quella di cui al comma secondo dell'art. 165 cod. pen., non è  imposta dalla legge, ma è frutto dell'esercizio del potere discrezionale del giudice. 

Ne consegue che il giudice che, in esplicazione di tale potere, opera tale  subordinazione, deve dare conto dei motivi sottesi alla decisione di modulare,  anche mediante tale imposizione, il giudizio prognostico ( se del caso dovrebbe  indicare anche le ragioni per le quali ha ritenuta consona una determinata modalità  di condizionamento rispetto ad un'altra, essendo diverse le ipotesi previste dall'art.  165 comma 1 cit. ). 

Se è vero, infatti, che mediante la subordinazione si realizza la salvaguardia di  interessi di terzi ( nel caso del risarcimento del danno, si avvantaggia la persona  pregiudicata dal fatto reato ), è altrettanto vero che un siffatto provvedimento  costituisce comunque un corollario del beneficio della sospensione condizionale  della pena che è ancorato alla prognosi favorevole in ordine al futuro  comportamento del condannato, prognosi che quella subordinazione va in ogni  caso a completare, puntellandone la formulazione ( risolvendosi l'obbligo a carico  dell'imputato in un ulteriore impegno che si aggiunge a quello di non commettere  ulteriori reati nei termini e nei modi indicati dall'art. 168 cod. pen., pena - sia  nell'uno che nell'altro caso - la revoca del beneficio ). 

Un principio analogo è stato, d'altronde, già affermato dalla cassazione in tema di reati edilizi - ma ovviamente l'affermazione  è valida con riferimento anche ad altre ipotesi di reato e di subordinazione - ; si è  in particolare ritenuto che il giudice, nella sentenza di condanna, può  legittimamente subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena  alla demolizione dell'opera abusiva, in quanto tale ordine ha la funzione di  eliminare le conseguenze dannose del reato, dovendo, tuttavia, indicare le ragioni  per le quali, nel formulare il giudizio prognostico di cui all'art. 164, comma primo,  3  cod. pen., ritenga necessario porre l'esecuzione di tale ordine come condizione per  la fruizione del beneficio (Sez. 3, Sentenza n. 39471 del 18/07/2017, Rv. 272503  - 01 . conf. 3, Sentenza n. 17729 del 10/03/2016, Rv. 267027 -01). 

In altri termini il potere discrezionale di subordinare il beneficio della sospensione  condizionale della pena ai sensi dell'art. 165 cod. pen, è correttamente esercitato  quando, in considerazione delle circostanze di fatto, la prognosi di astensione del  reo dal commettere nuovi reati può essere positivamente pronunciata solo in  presenza di una manifestazione di effettivo ravvedimento, che si traduce  nell'adempimento di un obbligo di "facere" direttamente funzionale al ripristino del  bene offeso ( Sez. 3, n. 3139 del 03/12/2013 - dep. 23/01/2014, Domingo e altro,  Rv. 258587; Sez. 3, sentenza n. 43576 del 20altro, Rv. 258587; Sez. 3, sentenza  n. 43576 del 2014, ric. Principalli ed altro, non massimata). 

E' necessario quindi spiegare perché, sul piano prognostico di cui all'art. 164 c.p.,  comma 1, si ritenga necessario porre l'esecuzione di tale ordine come condizione  per la fruizione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Altrimenti  ragionando si finirebbe per elidere ogni differenza tra l'ipotesi, facoltativa, di cui  all'art. 165 cod. pen., comma 1, e quella, obbligatoria, di cui all'art. 165 c.p., comma 2.  Ne discende che la prognosi favorevole non può che investire anche la possibilità  di adempimento dell'obbligo imposto con la subordinata perché altrimenti  perderebbe di significato il riconoscimento del beneficio medesimo se subordinato  a qualcosa che in partenza si appalesa come non realizzabile ( e ciò di là del fatto  che l'oggetto della subordinata si risolva, in realtà, in un vantaggio per soggetti  diversi dall'imputato ). 

Come quando si formula la prognosi sul futuro comportamento di astensione dal  commettere altri reati si deve verificare se una tale evenienza sia sostenibile sulla  base degli elementi concreti, così anche in relazione all'adempimento dell'obbligo  oggetto della subordinata si devono operare i preliminari accertamenti perché non  avrebbe senso una sua previsione ove si dovesse escludere in partenza la  possibilità di realizzazione. 

Una siffatta anticipata valutazione al momento della cognizione consentirà al  giudice anche di scegliere l'obbligo che meglio si attaglia al caso concreto, evitando  di prevedere adempimenti che sono destinati a rimanere sulla carta in quanto non  assolvibili da parte del condannato. 

In definitiva, nella sentenza esaminata i giudici non condividono l'indirizzo ermeneutico, sostenuto in  alcune pronunce della Suprema Corte, secondo le quali, in tema di sospensione  condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato  all'adempimento dell'obbligo risarcitorio, il giudice della cognizione non è tenuto a  svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell'imputato - Sez. 6,  4  n. 33020 del 08/05/2014, Rv. 260555 -, in quanto rientra nella competenza del  giudice dell'esecuzione valutare l'assoluta impossibilità di adempiere che  impedisce la revoca del beneficio (Sez. 3, n. 38345 del 25/06/2013, Corsano,  Rv. 256385). 

Nella sentenza presa in esame, si ritiene, invece, condivisibile il principio già affermato dalla Suprema Corte secondo  cui in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del  danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento  delle condizioni economiche dell'imputato, deve tuttavia effettuare un motivato  apprezzamento di esse se dagli atti emergono elementi che consentono di dubitare  della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi  vengono forniti dalla parte interessata in vista della decisione (Sez. 5 , n. 40480  del 24/06/2019, Rv. 278381 - 02 , Sez. 5, n. 21557 del 02/02/2015, Rv. 263675  - 01, Sez. 5, n. 14205 del 29/01/2015, Rv. 263185 - 01). 

Pur non volendo giungere ad affermare che sussista un onere di  accertamento/indagine da parte del giudice della cognizione - non essendo il  giudizio di merito deputato ad accertare le condizioni economiche dell'imputato e  ben potendo la parte interessata comunque rappresentare o sottoporre al giudice  gli elementi specifici al riguardo - si deve concludere che un onere di motivato  apprezzamento sussista quanto meno quando dagli atti emergono elementi che  consentono di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta, ovvero  quando tali elementi vengono forniti dalla parte interessata in vista della decisione. 

In conclusione, la Corte di Appello avrebbe dovuto indagare lo spessore  delle difficoltà economiche, invocate come ostative della possibilità di adempiere  in concreto al pagamento del risarcimento del danno, e motivare sul punto, al fine  di rendere la statuizione di subordinazione della sospensione condizionale della  pena effettiva e non equivalente ad un mero passaggio formale irrealizzabile e,  dunque, inesigibile dall'imputato, e non limitarsi ad affermare che un siffatto  accertamento non compete.

Altra decisione analoga, alla precedente, è la sentenza n. 40041 depositata il 30 settembre 2019 della cassazione sezione V che ha stabilito: “Il giudice che intenda subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno (nella specie, al pagamento della provvisionale stabilita) ha l'obbligo di valutare le reali condizioni economiche del condannato in ogni caso e, ancor di più, quando vi sia un accenno di prova dell'incapacità di questo di sopportare l'onere del pagamento risarcitorio. (In motivazione, la Corte ha altresì evidenziato come l'obbligo in questione sia coerente con il principio costituzionale di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e con la funzione rieducativa della pena prevista dall'art. 27 Cost.)”.

Nella parte motiva si legge: “Ebbene, le opzioni preferibili a giudizio del Collegio sono quelle che si fanno  carico di indicare al giudice di merito un obbligo di verifica delle reali condizioni  economiche del condannato in ogni caso e, ancor più, nell'ipotesi in cui vi sia già un  accenno di prova dell'incapacità dell'imputato di adempiere al risarcimento del  danno (nel caso di specie, al pagamento della provvisionale stabilita), cui si voglia  subordinare la sospensione della pena. 

E', infatti, sicuramente più coerente con il principio costituzionale di eguaglianza  (art. 3 Cost.), ma anche con la funzione rieducativa della pena (art. 27 Cost.),  sondare le effettive possibilità del condannato di fruire del beneficio della  sospensione condizionale subordinandolo ad un obbligo risarcitorio che egli possa  realmente assolvere, altrimenti ci si troverebbe dinanzi ad una statuizione  vanamente disposta dal giudice, con una percezione di ingiustizia complessiva della  pena da .parte di colui nei cui confronti è inflitta, che confligge con la finalità  rieducativa, e ad una sperequazione tra imputati, collegata alle loro eventuali,  diverse condizioni economiche, inaccettabile nel nostro sistema costituzionale.  Nel caso di specie, deve  concludersi che sul giudice di merito gravava l'onere di verificare se il ricorrente  avesse la concreta possibilità di adempiere all'obbligo risarcitorio impostogli come  condizione cui subordinare il beneficio ex art. 165 cod. pen., in presenza di una  documentata situazione di difficoltà economica esposta dalla difesa con l'atto di  appello, evidenziata dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato”.