Abuso edilizio da parte del conduttore e domanda giudiziale del locatore per la risoluzione anticipata del contratto: il locatore è comunque soggetto ad ICI sui fabbricati?

Abuso edilizio da parte del conduttore e domanda giudiziale del locatore per la risoluzione anticipata del contratto: il locatore è comunque soggetto ad ICI sui fabbricati?
ABSTRACT
Il locatore, il quale abbia ottenuto dal Giudice la risoluzione anticipata del contratto di locazione a seguito di abuso edilizio commesso dal conduttore, non può essere assoggettato ad imposta ICI sul fabbricato.
Ciò in quanto, in base all’art. 16 bis del D.P.R. 917/1986, non può essere assoggettato ad imposta il contribuente il quale si sia attivato giudizialmente per la prevenzione di atti illeciti, di qualsiasi tipo essi siano (e quindi anche abusi edilizi), da parte di terzi, ed in quanto l’esercizio, da parte del locatore, di un’azione giudiziale volta a far valere i propri diritti contrattualmente previsti (artt. 936 e 1587 c.c.), laddove abbia fatto venir meno, in capo al medesimo, il presupposto di una “maggiore imposta” (ICI sul fabbricato anziché sull’area concessa in locazione), non può essere qualificata come “operazione priva di sostanza economica” ex art. 10 bis dello Statuto del Contribuente e quindi come vantaggio fiscale “indebito”.
A landlord who has obtained early termination of the lease from a judge following unauthorized construction by the tenant cannot be subject to ICI tax on the building.
This is because, pursuant to Article 16 bis of Presidential Decree 917/1986, a taxpayer who has taken legal action to prevent unlawful acts of any kind (including unauthorized construction) by third parties cannot be subject to tax. Furthermore, the landlord's exercise of legal action to enforce its contractual rights (Articles 936 and 1587 of the Italian Civil Code), where it has resulted in the landlord no longer being entitled to a "higher tax" (ICI on the building rather than on the leased area), cannot be classified as a "transaction devoid of economic substance" pursuant to Article 16 bis of Presidential Decree 917/1986. 10 bis of the Taxpayer Statute and therefore as an “undue” tax advantage.
A norma dell’art. 1 comma 2 del D.lgs. 504/1992 (di seguito “D.lgs.”), il presupposto dell’imposta comunale sugli immobili è “il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa”.
L’art. 3 stabilisce che soggetti passivi d’imposta sono “il proprietario … ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie”. Tra i titolari dei diritti reali non viene menzionato il conduttore, e pertanto quest’ultimo non è soggetto passivo di imposta.
La Cassazione, Sezione Tributaria, con ordinanza n. 26166 del 25.09.2025, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, e 53, primo comma, Cost., dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, nella parte in cui non esclude la soggezione all’ICI del proprietario (o titolare di altro diritto reale di godimento) del terreno sul quale il conduttore abbia edificato un fabbricato in difetto di concessione edilizia e senza l’assenso (preventivo o successivo) del locatore, allorquando quest’ultimo, dopo averne avuto cognizione, si sia immediatamente attivato in sede giudiziale per la restituzione coattiva del terreno locato, nonché, in sede amministrativa, per l’annullamento in autotutela della concessione edilizia in sanatoria rilasciata al conduttore privo di titolo, ed abbia curato la demolizione del manufatto abusivo dopo lo sgombero coattivo del terreno medesimo.
La questione è, quindi, la seguente: nel caso in cui il conduttore di un terreno abbia edificato un fabbricato senza permesso di costruire e senza l’assenso (né preventivo né successivo) del locatore, e quest’ultimo si sia successivamente attivato per ottenere dal Giudice civile la restituzione coattiva del terreno locato e per ottenere dalla PA l’annullamento, in via di autotutela, del permesso di costruire in sanatoria rilasciato allo stesso conduttore, il locatore è comunque obbligato a pagare l’ICI?
Come abbiamo visto, il proprietario (locatore) di un’area, ossia di un fondo non ancora edificato, è comunque soggetto all’imposta.
Il problema, pertanto, si pone nel caso in cui l’ICI sui fabbricati sia di importo maggiore rispetto a quella dovuta sulle aree fabbricabili e/o sui terreni agricoli. In tal caso, infatti, il proprietario (locatore), a seguito dell’abuso edilizio commesso dal conduttore, si ritroverebbe a versare all’Amministrazione Finanziaria (di seguito AF) una somma superiore a quella che egli avrebbe versato (ICI sulla sola area) nell’ipotesi in cui la costruzione non fosse stata realizzata.
• Se analizziamo la questione dal punto di vista del contributo che il locatore, esercitando l’azione giudiziale volta alla restituzione dell’area (e quindi proponendo domanda di risoluzione anticipata del contratto di locazione), fornisce al ripristino della legalità violata dal conduttore mediante l’abuso edilizio, si può osservare quanto segue.
A norma dell’art. 14, comma 4-bis, L. 24 dicembre 1993 n. 537, introdotto dall'art. 2, ottavo comma, L. 27 dicembre 2002 n. 289, non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato. Il contribuente, per le spese sostenute in relazione a fatti configuranti un illecito penale, non può chiedere la deduzione, e quindi non può fruire di un beneficio fiscale.
Se questa norma viene interpretata nel senso che l’impossibilità di fruire della deduzione opera anche quando l’illecito penale sia stato commesso da terzi, allora, per questo stesso principio, si dovrebbe ritenere che il contribuente (locatore) non possa essere esentato dal pagamento dell’ICI neanche nel caso in cui sia stato il conduttore (ossia un terzo), e quindi non lui stesso, a realizzare la costruzione in assenza di permesso di costruire, e pertanto a commettere un illecito amministrativo (abuso edilizio).
Tuttavia, l’art. 16 bis del D.P.R. 917/1986 (Testo Unico Imposte sui Redditi, di seguito “TUIR”) riconosce una detrazione del 36% al contribuente il quale abbia effettuato spese relative “all'adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi”. La norma tributaria riconosce al contribuente un beneficio fiscale per aver posto in essere atti diretti ad evitare la commissione, da parte di terzi, di un qualsivoglia illecito, e quindi, ipoteticamente, anche di un illecito amministrativo, quale quello commesso dal conduttore nel caso di specie (abuso edilizio). La ratio della norma è quella di “premiare” (detrazione) il contribuente il quale abbia concorso, attraverso un’azione preventiva, a tutelare il principio di legalità da possibili violazioni da parte di terzi. Per questo stesso motivo, allora, un analogo “premio” dovrebbe essere riconosciuto, sotto forma di “esenzione” dall’imposta, al contribuente (locatore) il quale, mediante un’azione giudiziale intrapresa successivamente all’illecito amministrativo (abuso edilizio) commesso da terzi (conduttore), abbia consentito alla PA di ripristinare il medesimo principio di legalità, ossia la conformità delle costruzioni alle prescrizioni urbanistico – edilizie.
• Se analizziamo la questione dal punto di vista della effettiva sussistenza, in capo al locatore, della qualità di “proprietario” di un fabbricato realizzato dal conduttore senza il suo assenso (né preventivo né successivo), e quindi di soggetto “comunque tenuto al pagamento dell’imposta su una costruzione”, possiamo considerare quanto segue.
L’art. 934 c.c. stabilisce che “qualunque costruzione … esistente … sopra il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto è disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge”. L’art. 936 c.c. prevede che quando le costruzioni sono state fatte da un terzo, il proprietario del suolo può domandare che le stesse vengano tolte, a spese del terzo stesso, il quale, tra l’altro, potrà essere condannato al risarcimento del danno.
Nel caso di specie, l’azione giudiziale intrapresa dal proprietario (locatore) al fine di ottenere la restituzione coattiva dell’area (e, pertanto, la risoluzione anticipata del contratto di locazione), ha determinato la mancata acquisizione, da parte del medesimo, del diritto di proprietà del fabbricato, e quindi il venir meno del presupposto (“proprietario di fabbricati”) previsto dall’art. 1 comma 2 del D.lgs. per il pagamento di una “maggiore” imposta.
E, del resto, l’art. 1593 c.c., nel disciplinare la “addizioni” apportate dal conduttore alla cosa locata, prevede che sia libera scelta del proprietario quella di “ritenere” o meno tali addizioni: se per “addizione” si intende anche la “costruzione” eseguita dal conduttore sul fondo concesso in locazione, il comportamento del locatore il quale non soltanto abbia “rifiutato” di divenire proprietario della costruzione ma abbia, anzi, agito giudizialmente per far accertare l’illiceità della costruzione stessa, dovrà necessariamente escludere, a maggior ragione, la sussistenza, in capo al locatore, della qualità di “proprietario del fabbricato”.
A norma dell’art. 26 comma 1 del TUIR, i canoni non percepiti dal locatore non concorrono a formare il reddito (fondiario) imponibile dei medesimi, laddove gli stessi abbiano proposto domanda giudiziale di sfratto per morosità oppure abbiano ottenuto dal Giudice l’ingiunzione di pagamento. Il principio è quello per cui il locatore non viene tassato quando la mancata percezione del canone, e pertanto l’inesistenza della base imponibile, sono state causate dall’inadempimento del conduttore, e quando il locatore stesso si sia attivato per ottenere il pagamento del canone, e quindi per fare in modo che il presupposto dell’imposta venisse a sussistere. Egli, in tal caso, mediante l’azione giudiziale, non ha voluto sottrarsi al pagamento dell’imposta, ma, al contrario, ha voluto che se ne creasse il presupposto (ottenimento del canone e quindi maturazione di un reddito imponibile).
Nel caso di cui all’ordinanza in commento, il locatore, ottenendo dal Giudice la risoluzione anticipata del contratto di locazione per aver il conduttore realizzato la costruzione senza il suo assenso (né preventivo né successivo), ha determinato il venir meno, in capo a lui, del presupposto (“proprietario di fabbricato”) di una “maggiore” imposta, ossia quella da corrispondere appunto a valere sul fabbricato, ma non per questo si è sottratto all’imposta da pagare in relazione all’area concessa in locazione. Egli ha esercitato l’azione giudiziale di risoluzione non a scopo evasivo/elusivo, ma, unicamente, al fine di non essere sottoposto, a causa dell’illecito edilizio commesso dalla controparte, ad una imposta di importo superiore a quello da corrispondere in base al contratto di locazione (ossia come proprietario della “sola area”). Ebbene, l’art. 10 bis della Legge 212/2000 (Statuto del Contribuente), nel disciplinare le c.d. “operazioni abusive”, e cioè quelle attività “prive di sostanza economica” tramite cui il contribuente realizza “vantaggi fiscali indebiti”, prevede, al comma 3, quale “indice di mancanza di sostanza economica”, “la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme”. Pertanto, è “privo di sostanza economica” (e, conseguentemente, è foriero di un “vantaggio fiscale indebito”) quell’atto o fatto che viene formalmente qualificato dal contribuente in modo da rientrare nella categoria degli atti “non soggetti ad imposta”, ma che, sostanzialmente, si caratterizza per essere, invece, un atto “soggetto ad imposta”. Il riferimento in ambito civilistico è alla simulazione (relativa) di un contratto: le parti avevano dichiarato di voler stipulare un certo tipo di contratto, per il quale era prevista una tassazione minore, ma, nella sostanza, ne hanno concluso un altro, per il quale è prevista una tassazione maggiore. Ma la fattispecie descritta dall’art. 10 bis comma 3 dello Statuto non sembra avere nulla a che vedere con quella che ricorre nel caso di cui all’ordinanza in commento, ossia con l’esercizio, da parte del locatore, di un diritto previsto contrattualmente, e cioè quello di rifiutare (art. 1593 c.c.) le addizioni (costruzioni) apportate dal conduttore senza il suo consenso, e, in ogni caso, con l’esercizio del diritto, da parte del proprietario del suolo, di non accettare (art. 936 c.c.) le costruzioni realizzate da terzi sul suolo stesso. Mentre nella simulazione relativa il soggetto passivo di imposta pone in essere un comportamento fraudolento a scopo evasivo/elusivo, nel caso di specie invece egli (locatore), ottenendo la restituzione coattiva dell’area ed attivandosi personalmente per la demolizione del fabbricato abusivo, non fa altro che esercitare, in modo pienamente legittimo, i propri diritti contrattuali.
Alla luce delle considerazioni su esposte, si deve pertanto ritenere che il locatore, il quale abbia ottenuto dal Giudice la risoluzione anticipata del contratto di locazione a seguito di abuso edilizio commesso dal conduttore, non possa essere assoggettato ad imposta ICI sul fabbricato.