La casa assegnata al coniuge in godimento sconta comunque l’ICI

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Corte di Cassazione, Sezione Quinta, sentenza n. 730 del 19 gennaio 2021

In tema di ICI, il coniuge al quale sia assegnata la casa di abitazione posta nell’immobile di proprietà (anche in parte) dell’altro coniuge non è soggetto passivo dell’imposta per la quota dell’immobile stesso sulla quale non vanti il diritto di proprietà ovvero un qualche diritto reale di godimento, come previsto dal Decreto legislativo n. 504 del 1992 articolo 3 poiché con il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione personale o di divorzio, viene riconosciuto al coniuge un diritto personale atipico di godimento e non un diritto reale, sicché in capo al coniuge non è ravvisabile la titolarità di un diritto di proprietà o di uno di quei diritti reali di godimento, specificamente previsti dalla norma, costituenti il presupposto impositivo del tributo.

Totalmente differente è, invece, la normativa vigente in materia di IMU, che come è noto ha sostituito la preesistente ICI, dal momento che la stessa prevede la totale detassazione per la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso.    

Finalmente dunque nel passaggio da un’imposta all’altra si può dire realizzato, da parte del legislatore tributario, quel giusto coordinamento delle normali e legittime esigenze di imposizione tributaria e di riscossione del gettito locale con le necessità delle nuove forme “ familiari “ al fine di non irreggimentare la disciplina della “ nuova “ imposta IMU al solo istituto della famiglia nata dal matrimonio, come invece accadeva per la ormai abrogata imposta ICI.

 

Corte di Cassazione, Sezione Quinta, sentenza n. 730 del 19 gennaio 2021

La vicenda

La vicenda che ci occupa trae origine da un accordo, assunto in sede di separazione consensuale omologata tra due coniugi, entrambi comproprietari al 50 % ciascuno di ambedue i piani della medesima abitazione, con il quale era stata disposta l’assegnazione del primo piano ad uso esclusivo della moglie e del piano terra ad uso esclusivo del marito, senza costituzione di un diritto reale in favore di quest’ultimo su detta pozione di immobile, bensì con il riconoscimento in suo favore di un mero diritto personale di godimento sul predetto piano terra, e dal conseguente avviso di accertamento Ici con il quale l’ente locale impositore aveva preteso dalla moglie comproprietaria il pagamento dell’imposta, per la quota di proprietà corrispondente, sul predetto piano terra.

La menzionata contribuente, infatti, aveva impugnato detto avviso di accertamento ed a seguito della pronuncia emessa dalla Commissione Regionale con la quale era stata riconosciuta la legittimità dello stesso in quanto comunque titolare di un diritto reale pari al 50 % della proprietà su tale cespite ai sensi del Decreto Legislativo n. 504 del 1992 articolo 3 nel testo vigente ratione temporis, aveva formulato ricorso per la cassazione della sentenza in parola.

La decisione

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha stabilito che “ ….In tema di ICI, il coniuge al quale sia assegnata la casa di abitazione posta nell’immobile di proprietà (anche in parte) dell’altro coniuge non è soggetto passivo dell’imposta per la quota dell’immobile stesso sulla quale non vanti il diritto di proprietà ovvero un qualche diritto reale di godimento, come previsto dal Decreto legislativo n. 504 del 1992 articolo 3 poiché con il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione personale o di divorzio, viene riconosciuto al coniuge un diritto personale atipico di godimento e non un diritto reale, sicché in capo al coniuge non è ravvisabile la titolarità di un diritto di proprietà o di uno di quei diritti reali di godimento, specificamente previsti dalla norma, costituenti il presupposto impositivo del tributo" (Cass. 7395/19; così Cass. nn. 30872/19; 25486/08; 6192/07 ed altre)….”.

Alla luce di tanto, quindi, i Giudici di legittimità “….esclusa l’attribuzione del piano terra alla proprietà esclusiva del marito, così come la costituzione a favore di quest’ultimo, sul medesimo piano terra, di altro diritto reale….” hanno affermato il permanere in capo alla moglie comproprietaria della originaria quota sull’immobile assegnato al marito il titolo costituente il presupposto necessario e sufficiente per l’imposizione ICI e per la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato.

Le riflessioni conclusive e la differenza rispetto alla normativa IMU

La sentenza della Corte Suprema che oggi si analizza affronta un interessante argomento in materia di imposizione ICI sulla casa di abitazione assegnata al coniuge separato o divorziato e ci consente di verificare come nel tempo sia mutato considerevolmente l’atteggiamento del legislatore in materia di siffatta tassazione.

In primo luogo occorre rilevare come questa pronuncia assuma valenza giuridica unicamente per la fattispecie con la stessa considerata, non avendo essa attualmente rilevanza pratica per la nota abrogazione dell’imposta ICI disposta, a seguito dell’introduzione dell’IMU, dagli articoli 8 e 9 del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 e per la conseguente applicazione di detta ultima imposta a decorrere dal 2012 ai sensi dell’articolo 13 del D. L. n. 201 del 2011.

In definitiva, pertanto, allo stato la regolamentazione, certamente più chiara ed esplicita, anche di questi casi-limite da parte del legislatore tributario in materia di IMU non dovrebbe più portare a controversie di tal genere che, pertanto, permangono, come nel caso trattato, solo in quanto riferite ad anni di imposta pregressi ed alla contestazione di atti impositivi emessi in costanza della normativa ICI.

Pur nel superamento normativo della fattispecie esaminata, tuttavia, quest’ultima ci appare meritevole di considerazione e di analisi proprio per la specificazione, nel corpo della sentenza che si commenta, di alcuni fondamentali principi di diritto che riguardavano un tempo i rapporti patrimoniali tra i coniugi a seguito di separazione e/o divorzio e la diversa incidenza che in passato ha assunto, in tema di ICI, il semplice godimento dell’immobile ad uso abitazione oggetto degli accordi tra coniugi.

È significativo, invero, il fatto che i Giudici di legittimità, nel solco peraltro di una giurisprudenza costante e pacifica che essi stessi richiamano in applicazione, abbiano fondato la propria decisione, affermativa della legittimità dell’imposizione tributaria contestata, sulla sussistenza, come detto, di un semplice “diritto personale atipico di godimento” ( così viene testualmente definito nella sentenza) in capo al coniuge assegnatario dell’abitazione, anche per la quota corrispondente all’altro.

Più precisamente, la Corte ha ritenuto di dare una applicazione rigorosa e decisa della normativa già regolante l’ICI e, segnatamente, dell’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992 laddove si ravvisavano, quali soggetti passivi dell’imposta, oltre naturalmente al proprietario ed all’usufruttuario dell’immobile, anche il titolare di un uso o di un diritto reale di abitazione, da intendersi quali diritti di godimento su un bene altrui disciplinati dagli articoli 1021 e seguenti del Codice Civile, il titolare di un’enfiteusi o di un diritto di superficie ex articoli 952 e segg. Codice Civile o ancora il titolare di un contratto di leasing finanziario o, infine, il concessionario di beni immobili insistenti su aree demaniali.

Ebbene il punto fondamentale della controversa questione è determinato proprio dal concetto giuridico e sostanziale di “abitazione”, o se vogliamo di godimento dell’immobile per uso abitativo, che i Giudici di legittimità hanno voluto esplicitamente riaffermare per distinguerlo, in maniera netta ai fini della imposizione tributaria di cui si discuteva, dal diritto reale di abitazione, come detto disciplinato dagli articoli 1021 e segg. del Codice Civile.

Nel primo caso, infatti, si tratta soltanto, in capo al soggetto assegnatario, di “un diritto esclusivo di godimento di natura meramente personale ed obbligatoria” avente ad oggetto un immobile o, come in questo caso, una porzione di esso e scaturente da un accordo convenzionale assunto dalle parti in sede di separazione e/o divorzio, senza dunque che lo stesso possa mai acquisire quella pregnanza giuridica e sostanziale che è propria del vero e proprio diritto di abitazione.

Quest’ultimo, invero, è come è noto un diritto reale di godimento su bene immobile altrui che ha per oggetto una casa ad uso abitativo e che naturalmente comporta il diritto del suo titolare ad abitarla solo per i suoi bisogni o per quelli della sua famiglia, al punto da non poterla cedere ad altri o concederla in locazione a terzi, ben diverso dall’assegnazione o dal riconoscimento della casa coniugale o di una porzione di questa che costituisce, appunto, diritto di natura personale (vedi per tutte Cass. Civ. Sez. Quinta, sentenza n. 6192/2007).

La stessa Corte, peraltro, rimarca la particolarità della fattispecie considerata e dell’imposta ICI applicata rispetto a quella, IMU, che successivamente l’ha sostituita poiché essa afferma che “….Quanto al diverso regime risultante dal D.L. n. 16 del 2012, articolo 4, comma 5, conv. in L. n. 44 del 2012, nel senso della realità (diritto di abitazione) dell’assegnazione della casa coniugale in sede di separazione o divorzio, basterà rilevare come esso sia stato dal legislatore espressamente riferito all’Imu, non risultando dunque applicabile all’Ici precedentemente vigente…..”.

In detto D.L. n. 16/2012, infatti, rubricato come “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, all’articolo 13 comma 2 punto c) espressamente si prevede come “ ... L’imposta municipale propria non si applica ... c) alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio …”.

In questo contesto normativo, poi, la chiara dizione utilizzata dal legislatore tributario in sede di recente regolamentazione dell’imposta IMU e contenuta nell’articolo 1 della Legge 27 dicembre 2019 n. 160 (meglio conosciuta come Legge di bilancio 2020) al comma 741 al punto c) sub 4) dovrebbe aver dissolto qualsivoglia dubbio interpretativo poiché in essa si fa esplicito riferimento, quanto alle ipotesi di esenzione dal pagamento del tributo in parola, alla “ casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso…”.     

L’espressione “casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli” in luogo di quella, precedente, di “casa coniugale assegnata al coniuge”, come correttamente precisato anche dal Dipartimento delle Finanze del MEF nella Circolare esplicativa sull’IMU n. 1/DF Prot. N. 6867/2020 del 18 marzo 2020, fa chiaramente intendere come la “abitazione principale” ai fini dell’esenzione dal tributo debba essere considerata quella oggetto di un provvedimento giudiziale di assegnazione emesso nell’interesse prioritario dei figli, da intendersi minorenni ovvero maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti e quindi bisognevoli dell’assistenza economico-patrimoniale del genitore (non più affidatario alla luce della attuale normativa in tema di affidamento congiunto o condiviso) con loro convivente anche in assenza di un precedente rapporto coniugale”.     

Anche la inequivocabile attestazione che il Legislatore fa circa la sussistenza del “diritto di abitazione in capo al genitore affidatario”, sia pure ai fini dell’applicazione dell’imposta, da intendersi, per quanto detto, come diritto reale ex articoli 1021 e segg. Codice Civile, dimostra il superamento integrale di ogni retaggio della precedente normativa ICI nel nostro vigente sistema tributario e la volontà di esso Legislatore di rapportare evidentemente questa imposta, così rilevante nel generale panorama della tassazione, al nuovo vivere civile ed alle nuove dinamiche familiari e coniugali che contraddistinguono ormai la nostra società (v. Corte di Cassazione sentenza n. 11416/2019 in tema di detassazione IMU anche per le coppie di fatto).

Non può sfuggire, infatti, alla nostra attenzione il fatto che si sia voluto finalmente coordinare le normali e legittime esigenze di imposizione tributaria e di riscossione del gettito locale con le necessità delle nuove forme “familiari”, al fine di non irreggimentare la disciplina della “nuova” imposta IMU al solo istituto della famiglia nata dal matrimonio, come invece accadeva per la preesistente imposta ICI.

In un contesto, pertanto, in cui il problema dell’imposizione fiscale e tributaria rappresenta una delle principali criticità del sistema-Italia, il notare, anche solo dall’esame di una sentenza come quella oggi in commento, l’enorme, e non sempre apprezzato, salto di qualità che la legislazione tributaria, almeno in questo specifico contesto, ha saputo fare deve essere motivo di piacevole sorpresa.