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Perdita di chance: esentasse

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Perdita di chance: esentasse

La Corte di Cassazione, Sez. V Civile con sentenza n. 14842 del 10.05.2022, mette un punto definitivo alla questione della risarcibilità del danno derivante da perdita di chance.
 

Perdita di chance: la vicenda e i profili civilistici

L'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso avverso un Dirigente Medico dell’ASP di Crotone che, a sua volta,  si era opposto alla sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, che - nella causa di impugnazione dell'avviso di accertamento che recuperava a tassazione Irpef, per l'annualità 2009, quale reddito di lavoro dipendente, le somme riconosciute dall'Azienda sanitaria provinciale di Crotone al proprio dipendente, a titolo di risarcimento del danno, in esecuzione di un accordo transattivo a conclusione di una causa, oggetto della pronuncia del Tribunale del lavoro di Crotone che si era conclusa con la condanna dell'Azienda sanitaria a risarcire al proprio dipendente il danno derivante dalla violazione degli obblighi di cui all'art. 52 del c.c.n.l. (dell'08/06/2000), rimettendone la quantificazione ad un separato giudizio - nel contraddittorio dell'ufficio finanziario, accoglieva l'appello del contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Crotone, che aveva rigettato il ricorso introduttivo della medesima parte privata.

Per la C.T.R., la lite, transatta, tra il contribuente e l'A.S.P. riguardava il risarcimento del danno da perdita di chance di accrescimento professionale, come accertato dal giudice del lavoro con la citata sentenza passata in giudicato,; pertanto, l’importo ricevuto dall'interessato era da ritenersi privo di rilievo fiscale, in linea con la giurisprudenza di legittimità, per la quale, in tema di imposte sui redditi, in base all'art. 6 t.u.i.r., comma 2, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se risultino destinate a reintegrare un danno da mancata percezione di redditi, mentre non costituiscono reddito imponibile nell'ipotesi in cui tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa, come, appunto, quello da perdita di chance.

E' aspetto privo di rilievo, a giudizio della Commissione regionale, che ai fini della quantificazione in termini monetari del pregiudizio le parti abbiano richiamato l'art. 52 del c.c.n.l., che rappresenta un semplice meccanismo di determinazione dell'importo dovuto, ma non incide sulla qualificazione giuridica del danno.

La vicenda de qua, infatti, si sostanziava in un pregiudizio per il Dottore allorquando rappresentava una “perdita di chance” in senso stretto, ovverosia, la privazione della possibilità di sviluppi e progressioni nell'attività lavorativa a seguito dell'ingiusta esclusione da un concorso per la progressione in carriera.

Insomma, una vera e propria lesione della professionalità del sanitario.

La Suprema Corte di Cassazione evidenziava, a fortiori, come il il titolo al risarcimento del danno, connesso alla "perdita di chance", non avesse natura reddituale, poichè consistente nel mero ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale; ne consegue che la chance è anch'essa una entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente valutabile, la cui perdita produce un danno attuale e risarcibile, qualora si accerti, anche utilizzando elementi presuntivi, la ragionevole probabilità della esistenza di detta chance intesa come attitudine attuale (Cass. n. 11322 del 2003), e, su tale base concettuale, stabiliva che il ricorrente doveva ragionevolmente e legittimamente percepire il risarcimento per la perdita di possibilità conseguente ad irregolarità verificatesi nello svolgimento del predetto concorso interno per la promozione a funzionario.

In effetti, giova evidenziare che già il Tribunale di Crotone - nella persona del giudice del lavoro- aveva riconosciuto al ricorrente il risarcimento del danno emergente e, per la quantificazione dell'importo dovuto, aveva fatto ricorso al criterio di valutazione equitativa con riferimento al maggior stipendio non conseguito.

Tale criterio rileva ai limitati fini della determinazione del quantum e non è idoneo a mutare il titolo dell'attribuzione, la quale non è riconducibile all'art. 6 T.u.i.r., perchè non ha natura reddituale e non è sostitutiva del reddito non percepito.

Pertanto, emerge con lapalissiana evidenza come sia ormai opinione consolidata della Suprema Corte quella di ritenere sono assoggettabili a imposta le somme percepite dal lavoratore dipendente, a titolo di risarcimento del danno, solo ed allorquando siano volte a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (c.d. lucro cessante), mentre non siano da considerarsi fiscalmente rilevanti quelle intese a riparare un pregiudizio di natura diversa (c.d. danno emergente), ex multis Cass. 21/02/2019, n. 5108; Cass. Sez. L, 03/02/2021, n. 2472.