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Droga parlata: configurabilità del tentativo

TU 309/90 e stupefacenti
TU 309/90 e stupefacenti

La droga parlata è un tema ricorrente nei processi basati esclusivamente sulle intercettazioni telefoniche ed ambientali, senza sequestri e rinvenimenti dello stupefacente.

Quando la trattativa assume i caratteri della idoneità e univocità per considerare configurabile l'ipotesi del tentativo?

I contatti fra gli interessati e la mera possibilità dell'avvio di un'attività di fornitura di stupefacente configurano l’ipotesi tentata?

Una recente sentenza della cassazione della sezione IV n. 4147/2022 si è soffermata ad analizzare un caso di droga parlata, dove la corte di merito aveva utilizzato solo ed esclusivamente delle caaptazioni, peraltro dal contenuto controverso, senza attenersi al principio di una valutazione particolarmente attenta e rigorosa del compendio probatorio (meramente indiziario).

La giurisprudenza di legittimità, chiamata ad individuare le condizioni al cospetto delle quali può essere riconosciuto rilievo penale a condotte che non si sono tradotte nella consumazione di un determinato reato, id est nella lesione del bene giuridico tutelato dalla corrispondente fattispecie incriminatrice, ha chiarito, con indirizzo ormai univoco, che "Per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione abbia la significativa probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo" (Sez. 2, n. 24302 del 04/05/2017, Gentile, Rv. 269963; Sez. 5, n. 18981 del 22/02/2017, Macori, Rv. 269931; Sez. 2, n. 52189 del 14/09/2016, Gravina, Rv. 268644).

Con più specifico riferimento al delitto sanzionato dall'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la Corte di cassazione ha affermato che integra il tentativo la condotta che, collocandosi in una fase antecedente all'acquisto della proprietà della droga destinata ad essere trasferita, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla conclusione di tale accordo traslativo, dando vita ad una trattativa sul cui positivo esito risulti che — per la natura, la qualità ed il numero dei contatti intervenuti — i contraenti abbiano riposto concreto affidamento (Sez. 3, n. 7806 del 15/11/2017, dep. 2018, Bernal Moreno, Rv. 272446).

La terza sezione della cassazione, richiamando precedenti arresti di legittimità, ribadisce preliminarmente il principio – leggibile anche nella sentenza della sez. VI n. 11997/2018 – secondo cui la prova dei reati di spaccio di stupefacente può essere desunta anche da circostanze diverse dal suo rinvenimento ed anche in difetto di relativo sequestro, ma in questi casi, in cui gli elementi a carico consistono solo in intercettazioni telefoniche, la valutazione del giudice (nella sua applicazione della regola di inferenza) deve essere effettuata con particolare attenzione e rigore ed in proporzione al compendio probatorio (indiziario).

Quindi nel caso di caaptazioni la natura delle conversazioni dovranno assumere i seguenti contenuti per prospettare l’ipotesi del tentativo (a mero titolo esemplificativo, non certo esaustivo) :

  • la condotta di recarsi all'estero,
  • incontrare i venditori,
  • assaggiare il prodotto,
  • discutere dell'affare in più occasioni, cercando l'accordo, prospettando il prezzo, il quantitativo, il luogo di consegna, pur senza concretamente raggiungere tale accordo relativamente a detti elementi.

Al contrario non ricorrerà il delitto tentato quando nel caso concreto, rimesso all'esame del giudice di merito, emergano condotte che non evidenziano una seria volontà di raggiungere l'accordo (es. meri contatti informativi non seguiti da condotte concrete di avvicinamento).

Nella parte motiva della sentenza n. 11997/2018 della sezione VI della Suprema Corte si argomenta: “Che le intercettazioni richiamate avessero captato conversazioni scambiate con un linguaggio criptico emerge senz’altro dalle motivazioni, ma, come si è appena constatato, le “traduzioni”, peraltro non specificamente giustificate, dei giudici di merito non costruiscono un apparato motivazionale sufficiente a supportare l’imputazione per cui il D.B. è stato condannato. Se è vero, infatti, che la prova dei reati di illecita detenzione e di spaccio non deriva soltanto dal rinvenimento dello stupefacente, potendosi desumere anche da altre risultanze probatorie (cfr. Cass. sez. 4, 18 novembre 2009 n. 48008; Cass. sez. 4, 28 ottobre 2005 n. 46299; Cass. sez. 6, 14 ottobre 1986 n. 13904) – al punto che si è recentemente affermato (per quanto in difformità rispetto a un altro, non remoto arresto: Cass. sez. 6, 16 ottobre 2008 – 19 gennaio 2009 n. 1870) che pure l’aggravante di ingente quantità D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, comma 2, può ritenersi sussistente in difetto di sequestro della sostanza, purchè vi siano elementi di prova certi che consentono di pervenire indirettamente alla individuazione del dato quantitativo, come, appunto, le conversazioni telefoniche intercettate (così Cass. sez. 4, 5 luglio 2013 n. 46194) -, è parimenti da considerare, però, che, se gli elementi a carico di un soggetto consistono in mere dichiarazioni senza riscontri oggettivi, la loro valutazione deve essere espletata dal giudice con particolare attenzione e rigore, ovvero in proporzione al contenuto limitato del compendio probatorio (cfr. p.es. Cass. sez. 6, 19 dicembre 2013-31 gennaio 2014 n. 5073, per l’ipotesi, affine, in cui gli elementi a carico consistano esclusivamente in intercettate dichiarazioni fra terzi) …”.

In concreto le caaptazioni che raccolgono conversazioni generiche sulla progettata transazione e le relative modalità operative ma non anche specificando quantità, qualità e prezzo dello stupefacente oggetto della trattativa non sono sufficienti per configurare il reato neanche nell’ipotesi tentata.

In altre parole: “la trattativa affidante potrà evidenziarsi in quelle specifiche condotte assunte dalle parti che esprimano una seria volontà di concludere un accordo (a mero titolo esemplificativo, non certo esaustivo, la condotta di recarsi all'estero, incontrare i venditori, assaggiare il prodotto, discutere dell'affare in più occasioni, cercando l'accordo, prospettando il prezzo, il quantitativo, il luogo di consegna, pur senza concretamente raggiungere tale accordo relativamente a detti elementi). Tale ipotesi non ricorrerà solo allorché, nel caso concreto rimesso all'esame del giudice di merito, emergano condotte che non evidenziano una seria volontà di raggiungere l'accordo (es. meri contatti informativi non seguiti da condotte concrete di avvicinamento)”. (Sez. 3, n. 7806 del 15/11/2017, dep. 2018, Bernal Moreno, Rv. 272446)

In ordine alla valenza delle trattative per configurare il tentativo del reato di cessione di sostanza stupefacente, la cassazione ha ripetutamente affermato che :"Integra il tentativo di importazione di sostanze stupefacenti la condotta che, collocandosi in una fase antecedente all'acquisto della proprietà della droga destinata ad essere trasferita nel territorio nazionale, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla conclusione di tale accordo traslativo, dando vita ad una trattativa sul cui positivo esito risulti che - per la natura, la qualità ed il numero dei contatti intervenuti - i contraenti abbiano riposto concreto affidamento. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza cautelare impugnata che aveva escluso, sul piano indiziario, la fattispecie tentata in esame pur in presenza di numerosi contatti telefonici fra i potenziali acquirenti per il finanziamento dell'operazione, di trasferte all'estero, di incontri con gli intermediari ed, altresì, di "assaggi" di campioni di sostanza stupefacente)" (da ultimo ex multis: Sez. 3, Sentenza n. 7806 del 15/11/2017 dep. 19/02/2018, Rv. 272446).

Nondimeno, al fine di ritenere sussistente il delitto tentato, è necessario che il giudice chiarisca qual è il quadro probatorio di riferimento, essendo indispensabile che sia configurabile, una trattativa affidante in relazione al singolo episodio contestato, non bastando che risulti dai contatti fra gli interessati la mera possibilità dell'avvio di un'attività di fornitura (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 6180 del 27/11/2019, dep. 17/02/2020, Rv. 278484, sez. IV n. 4147/2022 dep. 07/02/2022).