“Droga parlata”: quando l’esistenza di un “fatto” si presta a tante interpretazioni
ABSTRACT
Lo scritto analizza i canoni valutativi imposti dalla giurisprudenza di legittimità nei giudizi per violazioni della normativa sugli stupefacenti nei quali la disponibilità delle sostanze di stupefacenti e il loro uso illecito siano desunti esclusivamente da conversazioni captate mediante intercettazioni telefoniche o tra presenti.
The paper analyzes the evaluation fees imposed by the jurisprudence of legitimacy in judgments for violations of the law on drugs in which the availability of drugs and their illicit use are derived exclusively from conversations captured by wiretapping or between present.
Sommario
1. Premessa definitoria
2. Indirizzi interpretativi di legittimità
2.1 Il ragionevole dubbio e il suo superamento
2.2 Gli elementi utilizzabili per la decrittazione delle conversazioni intercettate
2.3 Le condizioni e i limiti della prova indiziaria nei giudizi di “droga parlata”
3. Conclusioni
Summary
1. Definitory premise
2. Interpretative guidelines of legitimacy
2.1 Reasonable doubt and its overcoming
2.2 The elements that can be used for the decryption of intercepted conversations
2.3 The conditions and limits of circumstantial evidence in “spoken drug” judgments
3. Conclusions
1. Premessa definitoria
L’espressione “droga parlata” che dà il titolo a questo scritto definisce i casi nei quali taluno sia accusato in sede penale per violazione delle fattispecie incriminatrici previste dal DPR 309/1990 e gli elementi dimostrativi proposti dall’accusa derivino esclusivamente dai risultati conoscitivi acquisiti mediante intercettazioni telefoniche o tra presenti.
Nei relativi giudizi mancano dunque prove “fisiche” della reale esistenza della sostanza stupefacente, della sua tipologia, del suo peso complessivo e della quantità di principio attivo che se ne può ricavare.
Mancano ugualmente prove dirette dell’uso illecito della sostanza stupefacente.
2. Indirizzi interpretativi di legittimità
La particolarità dei casi di “droga parlata” ha indotto la giurisprudenza di legittimità a pretendere dai giudici di merito un elevato rigore valutativo.
In altri termini, è richiesto al decidente un uso estremamente sorvegliato e attento delle inferenze indiziarie del quale deve dar conto in modo capillare ed analitico così che risultino dimostrati l’inesistenza di tesi alternative a quella dell’accusa e, più in generale, il superamento del ragionevole dubbio.
2.1 Il ragionevole dubbio e il suo superamento
Sul punto si è espressa di recente Cass. Pen., sez. IV, sentenza n. 9710/2022, secondo la quale «l’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. consente la possibilità di desumere un fatto da indizi alla condizione che questi siano gravi, precisi e concordanti: questa disposizione, finalizzata a «circondare di cautele la valutazione di una prova ritenuta infida», oggi deve essere necessariamente letta unitamente al principio contenuto nell’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., secondo cui la colpevolezza dell’imputato deve risultare «al di là di ogni ragionevole dubbio».
Ciò comporta che, soprattutto in presenza di prove indiziarie, il giudice di merito, al quale vengano prospettate più ipotesi ricostruttive del fatto, non può adottarne una, che conduce alla condanna, solo perché la ritiene più probabile delle altre, in quanto la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio”, impone di pronunciare condanna a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili “in natura”, ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Sez. 1, n. 1792 del 03/03/2010, Giampà; Sez. 1, n. 23813 del 08/05/009, Manickam). In altri termini, il procedimento logico deve condurre alla conclusione caratterizzata da un alto grado di credibilità razionale, quindi alla “certezza processuale”».
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