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Editoriale: Intelligence e sicurezza

n. 2/2022.
Philippines
Ph. Max Gibelli / Philippines

Gentili Lettori,

le origini delle tensioni tra Russia e Ucraina son ormai note a tutti. Da molto tempo l’Ucraina sta tentando di entrare a fare parte della NATO, mentre Mosca vuole continuare ad avere una influenza su un’ex-repubblica sovietica con cui condivide oltre 1500 chilometri di confine e da cui transita quasi il 40% del gas russo destinato all’Europa.

La crisi tra Russia e Ucraina non è scoppiata all’improvviso: il contrasto dura apertamente da otto anni, ovvero da quando nel 2014, dopo la Rivoluzione di Euromaidan culminata con la cacciata dell’allora presidente Janukovyč, Mosca ha invaso e annesso la penisola di Crimea e sostenuto i movimenti separatisti nella regione del Donbass.

Il 24 Febbraio il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di invadere l’Ucraina. La decisione è avvenuta poco dopo il riconoscimento ufficiale delle repubbliche separatiste del Donbass situate in territorio ucraino, Donetsk e Lugansk, e l’invio di truppe nel territorio con la motivazione ufficiale di un’iniziativa di peacekeeping.

Il conflitto tra la Russia e l’Ucraina sta portando ad una rivalutazione delle criptovalute. Per la prima volta l’Ucraina chiede finanziamenti diretti in criptovaluta. Ciò ha condizionato un innalzamento del prezzo di numerose criptovalute, con Bitcoin ed Ethereum che hanno registrato un aumento di valore del 22% a partire dal 28 di febbraio. Riguardo gli attacchi cyber, alcuni stati hanno adottato misure per fronteggiare attacchi cibernetici alle reti informatiche.

La nostra Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) si è attivata tramite lo CSIRT che, già nella giornata del 14 febbraio, segnalava “il significativo rischio cyber derivante da possibili impatti collaterali a carico di infrastrutture ICT interconnesse con il cyberspazio ucraino, con particolare riferimento ad enti, organizzazioni ed aziende che intrattengono rapporti con soggetti ucraini e con i quali siano in essere interconnessioni telematiche (e.g., connessioni B2B, utenze presso reti ucraine e viceversa, condivisione di repository o piattaforme collaborative)”, raccomandandosi di innalzare il livello di attenzione adottando in via prioritaria le azioni di mitigazione che riportava. Per quanto riguarda gli altri paesi, come ad esempio la Lituania, Croazia, Polonia, Estonia, Romania e Paesi Bassi che, rispondendo alla richiesta di sostegno proveniente dall’Ucraina, hanno attivato un Cyber Rapid Response Team.

L’attenzione – come ci hanno di recente ricordato la Banca d’Italia e l’Uif – va quindi innalzata sulle minacce cyber e sulle Sos.

Le nostre strutture di Difesa e di Intelligence sono eccellenze, adesso in coordinamento funzionale da parte dell’ANC.

Possiamo essere quindi, come ha giustamente ricordato anche il Presidente del Consiglio con il nostro Ministro della Difesa, partner affidabili (parafraso) e motori propulsivi di un nuovo atteggiamento verso la difesa non convenzionale. Bisogna passare per obiettivi comuni, ad esempio definendo la cyberdifesa non solo in termini di cyberwar, ma soprattutto di cybersecurity e cybercrime. Gli Stati Ue devono fare fronte solidale nella condivisione di intelligence predittiva, disciplinando lo scambio di informazioni e la fornitura di tecnologie ed expertise.

Vanno riformulati i reati informatici, che, al contrario, devono atteggiarsi in modo da contemplare la possibilità di attacco/resistenza a postazioni ostili, sempre in chiave preventiva e difensiva, ovviamente. Senza la capacità normativa della “attribuzione” dei delitti informatici avremo sempre armi spuntate. E qui c’è davvero poco da discutere. Le faziosità, come quelle sul (fisiologico, invece) incremento delle spese militari nell’Ue, vanno lasciate altrove.

 

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