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Facebook: una bastonata che fa male e che costituisce un precedente importante

Scorci serali
Ph. Niccolò Gurioli / Scorci serali

A volte non basta una vita per cancellare un attimo, ma basta un attimo per cancellare una vita” avrebbe forse sussurrato il leggendario Jim Morrison alla lettura dell’ordinanza 5206/2020 del Tribunale di Bologna.

Il 10 marzo 2021 il Tribunale ha infatti riconosciuto la responsabilità del social network Facebook per aver illecitamente posto fine alla vita (virtuale, s’intende) di un proprio utente cancellandone il relativo profilo, nonché due fan page sulla storia militare ad esso associate, senza alcuna ragione giustificativa, violando così le Condizioni d’Uso del social.

La decisione nasce da ricorso ex articolo 702-bis Codice Procedura Civile di un avvocato che lamentava come la cancellazione del proprio profilo e delle due fan page da lui gestite, oltre a essere illecita, fosse altresì avvenuta a scopo ritorsivo. Il profilo veniva infatti chiuso all’improvviso proprio 20 giorni dopo l’invio di una diffida alla società Facebook in rappresentanza di un altro utente cancellato dal social network (certo qualche dubbio viene…).

Il caso è ricco di molti elementi in diritto di rilevante interesse, che sintetizziamo per categorie.

 

Giurisdizione

Preliminarmente, il Tribunale risolve l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata da Facebook, respingendola.

La società, ritenendo che il ricorrente non potesse considerarsi un consumatore in quanto utilizzatore del profilo come vetrina promozionale per la propria attività di avvocato, asseriva che la giurisdizione, compatibilmente alle condizioni generali di utilizzo del social, spettasse ai giudici della Repubblica d’Irlanda.

Il Tribunale respinge l’eccezione argomentando che, in carenza di specifiche evidenze circa il carattere meramente professionale dell’account, la circostanza che un utente di Facebook tragga vantaggio dai propri profili personali anche per la propria attività professionale non vale ad escludere la sua natura di consumatore, nella misura in cui il profilo, come nel caso di specie, venga impiegato per svolgere una parte della propria vita di relazione mediante il social.

 

Rapporto negoziale

Respinta l’eccezione, il Tribunale specifica quello che ormai sa ogni abitante della Facebook community.

Il rapporto tra ogni utente e Facebook è un rapporto contrattuale sinallagmatico a titolo oneroso. In altre parole, Facebook garantisce a ogni utente la possibilità di pubblicare ogni giorno un bel post di “buongiornissimo” e in cambio l’utente acconsente al trattamento dei propri dati personali per finalità di raccolta pubblicitaria.

Questo rapporto negoziale è regolato principalmente dalle Condizioni d’Uso del social network, le quali autorizzano Facebook a sospendere o disabilitare in modo permanente l’accesso dell’utente al suo account solo ove quest’ultimo abbia “chiaramente, seriamente o reiteratamente violato le condizioni o normative, fra cui in particolare gli Standard della community” o “se questi viola in modo ripetuto i diritti di proprietà intellettuale di altri utenti o in caso Facebook sia obbligato a farlo per motivi legali”, previa informazione all’utente e illustrazione delle opzioni a sua disposizione per chiedere una revisione.

 

Responsabilità contrattuale di Facebook

Chiarita la natura contrattuale del rapporto tra Facebook ed ogni utente, il Tribunale rileva quindi che l’eliminazione di un profilo e/o di una pagina dal social senza la provata esistenza di una delle giuste cause disciplinate dalle Condizioni d’Uso configura un recesso ad nutum in violazione delle fonti contrattuali che regolano il rapporto, rappresentando dunque un inadempimento contrattuale del gestore ai sensi dell’articolo 1218 del Codice Civile.

Nel caso di specie, l’organo giudicante rimarca come la società resistente non sia stata capace di dedurre alcuna violazione degli standard contrattuali quali, ad esempio, “la pubblicazione di post offensivi, discriminatori o razzisti, o di notizie false, i quali avrebbero ben potuto motivare, e giustificare senz’altro, la reazione del gestore per violazione degli standard contrattuali, anche con la rimozione dell’account” che sarebbe stata “reazione del gestore assolutamente conforme ai valori costituzionali che informano il nostro ordinamento”. Inutile dire che se Facebook intervenisse effettivamente a rimuovere ogni account-utente che si macchiasse di queste violazioni, probabilmente rimarrebbero “in piedi” una manciata di profili (di cui la metà falsi).   

Tirando le fila sul punto: sei un seminatore d’odio e di fake news? Facebook ti può (deve?) chiudere il profilo. Sei una persona sana? Sei sempre il benvenuto su Facebook. Come sempre succede, la realtà non è all’altezza della fantasia.

 

Danno risarcibile

E finalmente possiamo passare a parlare di soldi. Qual è il danno risarcibile per l’erronea eliminazione del profilo utente?

Il Tribunale, dopo aver ricordato che il danno non patrimoniale ex articolo 2059 Codice Civile è risarcibile anche quando derivi da un inadempimento contrattuale, sottolinea come sia “evidente, secondo massima di comune e indiscussa esperienza, che la partecipazione al social network Facebook rappresenti nell’attualità un elemento rilevantissimo per la vita di relazione dei suoi utenti” e che il danno patito dall’utente dall’aver perso definitivamente la rete di contatti frutto di un’attività sociale di lungo periodo (10 anni, nel caso di specie) è suscettibile di essere “grave, anche irreparabile alla vita di relazione, alla possibilità di continuare a manifestare il proprio pensiero utilizzando la rete di contatti sociali costruita sulla piattaforma e, in ultima analisi, persino alla stessa identità personale dell’utente”.

In cifre? Dato l’utilizzo intenso del social e l’impossibilità di ripristinare l’account – con perdita definitiva di tutti i contatti, i messaggi e dei documenti conservati – il Tribunale ha ritenuto equa la cifra di 10.000 euro per il profilo personale e 2.000 euro per ognuna delle due pagine eliminate.

 

Condotta processuale scorretta

La ciliegina sulla ricca torta dell’ordinanza in commento è la condanna a Facebook per aver messo in atto una strategia difensiva in evidente mala fede.

Osserva il Tribunale: “non vi è infatti dubbio che il rifiuto di identificare lo stesso rapporto negoziale, la contraddittorietà delle difese, la repentina distruzione di tutti i documenti contrattuali nonostante la loro natura meramente elettronica, abbia impedito alla controparte e alla stessa Autorità giudiziaria di verificare le ragioni dell’improvviso recesso e di accertare l’effettivo andamento dei rapporti negoziali, ivi compreso l’effettivo utilizzo dell’account, costringendo ad una valutazione equitativa del danno tenendo conto di una mera presunzione fondata su dati statistici”.

Ancora, “la condotta processuale della resistente, società operante in un contesto internazionale, si è caratterizzata per il manifesto proposito di sottrarre il proprio comportamento e le proprie scelte negoziali alla valutazione e al controllo dell’Autorità giudiziaria nazionale”.

Il giudicante ha ritenuto così opportuno liquidare l’importo nell’ordine di 12.000 euro, compreso tra il doppio ed il triplo delle spese processuali.

Nel motivare l’importo, argomentando come la giurisprudenza sia chiara circa il fatto che la somma non sia suscettibile di alcun limite quantitativo e debba soggiacere solo al principio equitativo, il Tribunale usa un approccio molto common law, sostenendo l’equità della somma liquidata tramite il riferimento a un precedente della Corte di Cassazione, la quale aveva ritenuto non irragionevole la condanna del soccombente a pagare una somma pari al triplo di quanto liquidato per diritti e onorari.

 

Il conto, per favore

Il conto di quanto sia costato a Facebook eliminare il profilo del ricorrente e le due fan page associate è quindi di:

  • 14.000 euro (oltre interessi) a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti;
  • 12.000 euro a titolo di condanna per condotta processuale scorretta;
  • 4.900 euro (oltre spese generali, IVA e CPA) a titolo di spese di lite.

Briciole per il colosso irlandese, ovvio.

Certo è che se mai dovessi trovarmi a piangere l’eliminazione ingiustificata del mio profilo Facebook in un’automobile nuova di zecca – per 28.000 euro qualcosina si trova – forse tutto sommato non sarebbero lacrime così amare!