Federico Umberto D’Amato e la sua riforma dei servizi segreti

Federico Umberto D'Amato
Federico Umberto D'Amato

Federico Umberto D’Amato pubblica, il 24 ottobre del 1993, una lezione sulla riforma dei Servizi segreti italiani. Con la falsa modestia che gli era consueta Federico Umberto D’Amato la definisce la “modesta proposta avanzata da un modesto uomo dei Servizi”.

La proposta è pubblicata in tempi di Sisde-gate, quando ancora la bufera non aveva investito il Quirinale.

Vi ricordate il Sisde-gate, Malpica, Broccoletti, la zarina e “Io non ci sto” di Scalfaro? Era il 3 novembre del 1993 quando il Presidente della Repubblica appare sugli schermi televisivi e a reti unificate urla “Non ci sto”.

La proposta di Federico Umberto D’Amato è sfuggita ai più (storici compresi) e dall’oblio dei ricordi Filodiritto la pubblica per intero memore della grande verità “Non vi è nulla di più inedito di ciò che è già stato pubblicato” parole di Umberto Eco, il cimitero di Praga.

Federico Umberto d’Amato nella sua proposta di riforma dei servizi parla del segreto di Stato, di come dovrebbe essere organizzata la rete dei Servizi segreti, delle assunzioni clientelari e degli assegni “in nero” corrisposti a chicchessia dagli anni Sessanta in avanti.

Ricordiamo che Federico Umberto D’Amato è stato uno dei maggiori esperti di polizia politica e di controspionaggio del nostro Paese, avendo operato nel settore dal 1943 al 1984.

Nel numero 37 del 24 ottobre 1993 sull’agenzia di stampa Cronache della Disinformazione, la nostra “Spia intoccabile” pubblica l’articolo “Sui servizi segreti i suggerimenti di D’Amato”.

D'Amato e i servizi segreti

 

Federico Umberto D’amato esordisce parlando del segreto di Stato

1 - Il punto di partenza è il segreto di Stato. Uno Stato che non ha segreti e che non è capace di salvaguardarli, non è uno Stato serio.

E l’Italia, purtroppo, non vuole esserlo. In ogni Paese civile e bene ordinato, il segreto di Stato è un illecito, quando non addirittura un crimine, se serve a coprire altri crimini. E’ ragionevole allora proporre il rigoroso mantenimento del principio del segreto di Stato, nel quale non possono interferire politici, giornalisti e tantomeno magistrati. Costoro hanno soltanto il diritto di far ricorso ad un Comitato di tre persone di grande competenza giuridica, che non abbiano alcun legame politico e siano al disopra di ogni sospetto. Costoro dovranno decidere sulla richiesta. Se sarà respinta, ogni altra richiesta del genere verrà considerata come turbativa dell’ordine pubblico.

Se sarà accolta e risulterà che il segreto di Stato veniva invocato per coprire fatti delittuosi, siano raddoppiate o triplicate le pene a carico dei responsabili.

 

Federico Umberto D’Amato e l’organizzazione dei servizi

2 - Messa in chiaro questa premessa, passiamo a parlare del tipo di organizzazione.

Uno, due, trino: non esiste problema più stupido ed inutile, eppure tanto evocato e sbandierato dagli incompetenti e deficienti (della materia) che pontificano in questi giorni. In tutti i Paesi civili (ammesso che l’Italia lo sia ancora), più o meno dalla fine del XVIII secolo e senza mai mettere in discussione cretinate di tipo italiano, i Servizi sono due.

Esempio KGB e GRU in URSS (oggi Russia); FBI e CIA in USA; M15 e M16 nel Regno Unito; SDEC e DST in Francia eccetera.

Dunque, uno militare e, come si dice, positivo ed offensivo (all’estero); l’altro, civile, difensivo (all’interno). Il primo Servizio, detto intelligence (parola di cui ora si fa un uso smodato) ma meglio ancora in francese renseignements (informazioni), è quello che con locuzione più brutale viene chiamato spionaggio militare. Mira a conoscere il potenziale offensivo e i più poderosi mezzi di armamento di altri Paesi, soprattutto quelli confinanti e possibili nemici; quindi, anche le notizie relative a quello che oggi viene indicato con la formula “complesso militare-industriale”.

Inoltre, in stretto accordo con il Ministero degli esteri, si appoggia alle Ambasciate ed ai Consolati, con i cosiddetti “agenti legali” (o “residenti”), protetti da immunità diplomatica, in primis lo stesso Addetto militare e, caso per caso, quello economico, quello culturale, eccetera.

Alla rete “legale” si aggiunge quella “illegale” che, operando clandestinamente, completa il quadro di informazioni sul Paese ove si opera. Quadro che deve essere in ogni momento a disposizione del Capo dello Stato.

Il Servizio numero due (appunto per questo indicato spesso come “secondo”: vedi ad esempio il Deuxiéme Bureau, vedi l’OSS-X2 eccetera) è civile e deve provvedere alla sicurezza interna nei confronti di minacce italiane e straniere e di tutti gli aspetti eversivi che oggi è di moda indicare come golpismo, stragismo eccetera.

Altra attività fondamentale che interessa la sicurezza interna è la lotta contro la ingerenza nel Paese da parte di Servizi di spionaggio stranieri e, quindi, il vero e proprio controspionaggio, che è pura e semplice azione di polizia.

3 - Poiché nell’esercizio di queste delicate funzioni può comunque occorrere l’aiuto di un uomo di legge, è consigliabile che l’uno e l’altro Servizio vengano assistiti, magari nella qualità di vicario, da un magistrato o giurista di sicura fama. In Belgio, per esempio, il capo del Servizio civile è un Procuratore del Re.

 

Federico Umberto D’Amato e le critiche alla riforma dei Servizi del 1979

4 - Ciò premesso è indispensabile che a capo del Servizio numero uno vi sia un ufficiale delle Forze Armate di grado elevato, pari a quello dello stesso Capo di Stato Maggiore, per evitare il problema della dipendenza, che tanti guai tragici e comici ha causato in Italia. Invece a capo del Servizio numero due dovrà esserci un esperimentatissimo funzionario (Prefetto o Questore non importa) di Polizia, che abbia dimostrato autentica ed approfondita conoscenza delle tecniche investigative.

5 - Ciò detto, è evidente coma sia inutile parlare di Servizi unificati ed ancor più della stupida formula adottata in Italia con la riforma del 1979 e la creazione di un terzo super-capo. I capi dei Servizi uno e due hanno da rispondere direttamente del loro operato e del loro rendimento, senza bisogno di un intermediario che, come dimostra l’esperienza ultradecennale, o è un costoso passacarte che mira a campare, o è un presuntuoso petulante che intriga ad imbrigliare l’azione altrui.

 

Federico Umberto D’Amato e la degenerazione dei Servizi in regno di Bengodi.

6 - Alcune norme finali

Il Servizio segreto non è un piccolo impero o un regno di Bengodi. Va soppressa la costosissima flotta di aerei che attualmente vengono usati per mandare i funzionari a spasso per il mondo e, sopratutto, per essere prestati ai politici. Viaggino come tutti gli agenti degli altri Servizi, ben più importanti, sugli aerei di linea. Per quelli della CIA, è addirittura obbligatorio servirsi di aerei delle linee nazionali.

Basta con le scorte di cui non dispone nemmeno Clinton e servizi di vigilanza attorno a dacie, come non ha nemmeno Eltsin.

Il Caposervizio non è che un funzionario come gli altri, e così i suoi dipendenti.

Basta con le assunzioni clientelari e nepotistiche. I due Servizi sono tuttora infarciti di nulla facenti, figli, nipoti, amanti di Prefetti, Questori, Generali e, sopratutto politici.

Basta con le insensate proposte di concorsi ad hoc per reclutare “Cacace ‘o spione” (ulteriore nota comica che verrebbe ad aggiungersi alla psico.commedia dei Servizi italiani).

Ogni Caposervizio all’altezza del compito deve essere in condizione di reclutare suo personale scegliendo nel meglio della società civile, nei suoi aspetti intellettuali, amministrativi, economici, militari, eccetera, come fanno gli altri Servizi in tutto il mondo.

Basta una volta per tutte col sistema di corrispondere, come avvenuto regolarmente con chicchessia dagli anni Sessanta in avanti, assegni “in nero” ad uomini politici in genere, e specialmente a ministri, sottosegretari o portaborse addetti ai Dicasteri interessati.

 

Federico Umberto D’Amato e la meritocrazia nei Servizi

7 - Infine, due punti fondamentali per valutare la capacità di un Caposervizio: 1) saper agire con audacia e coraggio e non da piccolo burocrate, con il solito bagaglio di opportunismo e prudenza; 2) saper mantenere, sia con l’altro Servizio, sia con altri Enti, sopratutto organismi di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza eccetera, rapporti che non siano furbescamente competitivi, ma leali, improntati alla comune fedeltà allo Stato.

Insisto sul fatto che queste due vere cancrene dei Servizi, la pavidità opportunistica e la furberia concorrenziale, appena riscontrate debbono comportare l’esonero. E inoltre, un Caposervizio deve saper perfezionare in se stesso e nei suoi dipendenti l’esame di giudizio e di valutazione delle fonti (che dovranno essere sempre segrete, e della cui valutazione il Direttore è responsabile nei confronti delle autorità destinatarie dell’informazione), e ciò anche ai fini delle retribuzioni, da adeguare rigorosamente al valore della o delle notizie.

Intanto, ed a conti fatti dopo ben 14 anni (da quando cioè, sotto la pressione di partiti politici che non sapevano quello che volevano ma lo volevano fortissimamente, furono costituiti quei baracconi che fino a ieri venivano indicati come “rinnovati Servizi democratici”), vi è da ringraziare la preveggenza di Francesco Cossiga, allora Ministro dell’Interno, che volle con apposito decreto salvaguardare la vecchia polizia politica.

Quella polizia che appartiene ad ogni Paese (in Francia, tanto per citare un solo caso, i famosi Renseignements Generaux) e che va avanti con quattro soldi, ma con vecchi e sperimentati poliziotti.

In pratica l’Ucigos (Ufficio Centrale Informazioni Generali Operazioni Speciali), Divisione alle dipendenze del Capo della Polizia; un tempo Divisione Affari Riservati, poi Sicurezza Interna, poi Antiterrorismo, con il compianto Emilio Santillo. I vecchi Uffici Politici hanno soltanto cambiato nome, diventando Digos.

L’Ufficio centrale per il quale Parisi ha sempre voluto un anziano Questore con trent’anni nella specialità, e quelli periferici, sono gli unici che hanno continuato a funzionare senza deviazioni o corruzione, in questo mondo di sigle bizzarre e di funzionari incapaci o distratti.

Si conclude così l’articolo “suggerimento” del Prefetto Federico Umberto D’Amato pubblicato sull’agenzia di stampa C.D. Cronache della Disinformazione del 24 ottobre 1993.

Ricordiamo il precedente articolo pubblicato da Filodiritto Federico Umberto D’Amato e le sue frequentazioni “amorali”: Federico Umberto D’Amato e le sue frequentazioni.

Nell’articolo abbiamo svelato che gli “appunti inediti” richiamati nel libro di Giacomo Pacini “La spia intoccabile”, non erano altro che una parte di una intervista del Prefetto Federico Umberto D’Amato aveva rilasciato all’agenzia Cronache della Disinformazione.

Nell’intervista D’Amato rivendica il suo modus operandi e parla dei contatti con Adriano Sofri: “Non voglio farla lunga e raccontare la storia della mia vita professionale; cito soltanto qualche caso di rapporti amichevoli con personaggi, o della opposizione, o della eversione. Come Giulio Caradonna, del quale oggi sono ottimo amico, quando era il più agitato degli agitatori missini; come Jacques Soustelle, capo dell'OAS in Italia, o il capo della rivolta algerina, noto come Feziz; come Adriano Sofri, con il quale ho fatto paurose e notturne bevute di bottiglie di cognac”.