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Frammenti della vita di Antonio Canova

Antonio Canova
Antonio Canova

Il 2022 sarà l'anno del bicentenario della morte di Antonio Canova: il 13 ottobre 1822, a Venezia, nella casa del caro amico Florian (Antonio Francesconi), si concludeva la storia dello scultore, del diplomatico, che era stato richiesto dai sovrani di tutta Europa.

Fotografiamo un momento di questa epopea in alcuni documenti, conservati dall'Archivio di Stato di Venezia, che possono aver determinato lo sviluppo della vicenda canoviana così come la conosciamo.

documento 1
documento 2
documento 3

Primi nell’apparato amministrativo della Repubblica Serenissima ad occuparsi del giovane scultore allora ventitreenne sono i Riformatori dello Studio di Padova, che «presiedono agli incrementi delle scienze e delle arti nello stato»[1]. Era l'anno 1781 e Antonio si trovava allora a Roma, determinato «malgrado la povertà sua a studiare piuttosto che ad operare; persuaso che nulla di veramente degno di lode possa farsi in scultura senza attingere alle fonti inesauribili dell’arte greca»[2] che puntellavano la città. Ma proprio «le opere ammirabili dell’antichità da lui studiate con avidità indefessa gli hanno fatto conoscere quanto gli resti prima di giungere, non solo, ma di avvicinarsi a loro» ed è per questo che, necessitando di mezzi di sussistenza, si è deciso a chiedere il sostegno dei Riformatori, così da non dover rinunciare «all'avanzamento in quell'arte»[3].

I Riformatori dello studio di Padova prima di muoversi s'informano e raccolgono opinioni uniformi, secondo le quali il giovane  supera «di gran lunga nella aspettazione li tanti altri delle diverse nazioni colà mantenuti da vari sovrani per simile studio e che questo era arrivato ad eseguire le sue opere assai abilmente, mancando ad esso soltanto quel grado di ripulimento nel quale consiste la differenza fra il mediocre artista e il perfetto»[4] e che si ottiene solamente continuando a studiare.

I magistrati quindi accolgono la supplica del Canova e la presentano al Senato il 20 agosto 1781, ancorandola a due ordini di considerazioni: da un lato ricordano che da qualche anno la cassa pubblica non era più aggravata dalle spese per i giovani che studiavano chirurgia in Francia; dall'altro prospettano l'utile che lo scultore avrebbe portato alla Serenissima una volta raggiunta la perfezione, quando con le «commissioni che sarà per ricevere da varie parti, richiamerà alla Dominante il denaro e trattenerà quello che in altro modo sarebbe per uscire»[5].

Il Senato delibera il 22 dicembre 1781, con 84 voti favorevoli, 4 contrari e 8 astenuti, affinché siano corrisposti al Canova per tre anni 300 ducati l'anno in valuta corrente, per tramite dell'ambasciatore pro tempore a Roma, «previo però autentiche fedi e legittime attestazioni di quegli artisti che comprovino il di lui progressivo profitto nella professione» e affidando ai Riformatori il compito, al compiersi del triennio, di assicurarsi che «abbia il Canova a stabilirsi nella Dominante e porre in pratica le cognizioni acquistate onde non inutile riesca il pubblico dispendio»[6].

Nel 1783, quando l'ambasciatore a Roma Girolamo Zulian scrive ai Riformatori dello studio di Padova, secondo la procedura, per ottenere il rimborso dei 150 ducati somministrati semestralmente ad Antonio, racconta che chiamati «i principali professori di questa capitale […] dopo aver esaminato il lavoro del gruppo, che sta per compiersi, rappresentante Teseo[7], tutti si combinarono come risulta dall’attestato medesimo a giudicarlo un lavoro degno de’ migliori scultori ed una delle migliori opere fatte ne’ secoli a questo vicini»[8] e aggiunge il plauso di Angelica Kaufman e Antonio Zucchi, la «celebrità dei quali nell’arte del disegno, tanto in Italia che fuori come è nota», interpellati approfittando della loro presenza a Roma.

Così la Serenissima inizia a sostenere il giovane Antonio negli anni che lo vedono raffinare la sua formazione e presentare il suo primo gruppo scultoreo. Commissioni, lavoro, successi, incarichi, viaggi, partenze e rientri, relazioni popoleranno la vita del Canova, ma Antonio continuerà a rappresentare una voce di spesa nei bilanci della Serenissima e anche una volta caduta la Repubblica.

Nel 1795, infatti, Canova ha terminato il monumento posto all’Arsenale ad onore del capitano estraordinario Angelo Emo, ma «si è costantemente astenuto da qualunque domanda di prezzo», chiedendo solo che fosse «convertita in un annuo assegno qualunque fosse la stabilita somma». La Serenissima si trova nella situazione di dover fissare un’equa ricompensa e segue il ragionare di Nicolò Erizzo, savio cassier[9], che per giungere ad una conclusione cita i 1000 zecchini, prezzo a cui è stato venduto il gruppo di Teseo e il Minotauro, i 2000 della copia di Amore e Psiche, ma anche di Adone e Venere commissionati dal marchese Francesco Berio di Napoli e i 3000 del  gruppo di Ercole e Lica, sottolineando che comunque, per motivi diversi, nessuna di queste opere è confrontabile con il monumento ad Angelo Emo. La proposta finale che il Senato approva con deliberazione 19 settembre 1795, prevede dunque la «mensuale corrisponsione netta da qualunque aggravio di ducati 100 valuta corrente da esigerli vita sua natural durante»[10].

E nemmeno l’amministrazione austriaca viene meno all’impegno: l’imperial regia Camera aulica di Vienna con nota 2 giugno 1815 stabilisce che sia fissata una pensione di 124 fiorini mensili allo scultore Antonio Canova, «in sostituzione al pagamento del da lui elaborato monumento dell'ammiraglio Emo ed anche già corrisposta all'epoca dell'anteriore regime austriaco [...], venendo quindi alla Tesoreria centrale ingiunto di effettuare tale pagamento col contare dal 20 aprile 1814 in poi, giorno del reingresso delle imperial regie truppe austriache nella città di Venezia»[11].

Che poi sia stato immediato il ricevere quanto stabilito è da vedere, ma questa è un altra storia.

Pezzi unici

Per vedere il video YouTube dell’Archivio di Stato di Venezia:

PEZZI UNICI N. 13

 

[1]Nella supplica che Canova rivolge ai Riformatori, s.d., inserta in deliberazione 22 dicembre 1781 in Senato, Deliberazioni, Terra, f. 2749.

[2]Idem.

[3]Idem.

[4]Nell'inserta dai Riformatori di Padova al Senato, 20 agosto 1781, in deliberazione 22 dicembre 1781 in Senato, Deliberazioni, Terra, f. 2749.

[5]Idem.

[6]Senato, Deliberazioni, Terra, reg. 401, c. 469v (= 185v).

[7]Diversamente Dizionario biografico degli italiani, Roma, 1975, vol. 18, p. 199 «il Teseo è terminato prima dell’aprile 1783», laddove la lettera dell'ambasciatore Zulian è del 17 maggio 1783.

[8]Riformatori allo Studio di Padova, b. 425, lettera 17 maggio 1783.

[9]Vedi nota 15 settembre 1795 di Nicolò Erizzo al Senato, inserta in deliberazione 19 settembre 1795, Senato, Deliberazioni, Terra, f. 3083

[10]Senato, Deliberazioni, Terra, f. 3083, alla data.

[11]In minuta del Governo alla Prefettura dell’Adriatico, in Presidio di Governo, Atti, b. 153, fasc. XV.2/13.