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Fu Weimar la vera causa della dittatura?

Repubblica di Weimar
Repubblica di Weimar

In questo lavoro si affrontano riflessioni che non possono prescindere da come si è tragicamente conclusa l’esperienza della Repubblica di Weimar, con l’orrore che tutti conosciamo dalla storia. Ecco la sequenza degli eventi.

Dopo la caduta del cancelliere socialdemocratico Müller, nel marzo del 1930, non si riuscì a formare un esecutivo che avesse la maggioranza parlamentare. Il centrista Heinrich Brüning cercava di resistere con l’appoggio del Presidente della Repubblica, che aveva ben chiaro su quale pericolosa strada la politica si stava incamminando. Infatti, si procedeva con la decretazione d’urgenza da parte del governo, ed il Reichstag non poteva intervenire, dal momento che il partito socialdemocratico aveva accettato di appoggiare il governo di minoranza. Nel 1932, però, venne revocato Brüning per opera del Presidente Hindenburg, così cessò anche la possibilità di governare con atti aventi forza e valore di legge, cioè con decreti d’urgenza. La “forza” di legge sta a significare l’attitudine dell’atto a modificare un provvedimento legislativo precedente, mentre per “valore” s’intende la collocazione dell’atto nella gerarchia delle fonti primarie.

L’SPD non diede il suo appoggio al governo von Papen, così nel 1932 vennero indette le elezioni per rinnovare il Reichstag e il partito nazionalsocialista dei lavoratori (NSDAP) e il partito comunista (KPD) ottennero la maggioranza assoluta, che ebbe la conseguenza immediata di aggravare la crisi in atto. Infatti, paradossalmente, entrambi i partiti erano in grado di far cadere il governo, ma al tempo stesso non potevano costruire una coalizione per le evidenti differenze ideologiche.

Vi fu così, dal luglio del ’32, uno stallo totale, anche provando a sostituire von Papen con il generale von Schleicher. Questi cercò di formare una maggioranza parlamentare trasversale che avrebbe avuto necessità di una riforma costituzionale, impossibile da realizzare a causa dell’immobilismo del Reichstag. Furono tentati provvedimenti straordinari, ma senza esito. Vi è da dire che la Germania in quel periodo si trovava in una crisi economica profonda, che aveva esasperato il sistema occupazionale e di conseguenza aveva provocato una forte contrazione del sistema retributivo a tutti i livelli sociali. Questa fu la scintilla più forte che accese la miccia che avrebbe fatto esplodere il mondo, che il 30 gennaio 1933 portò alla nomina di Adolf Hitler a cancelliere da parte del Presidente.

Quindi, venne rispettato il principio di legalità, in base alle prescrizioni costituzionali sulla formazione del governo. Sempre in modo legale, in base all’interpretazione della Costituzione, a seguito delle elezioni del 5 marzo 1933, si trasferì la potestà legislativa dal Reichstag al governo, compresa la possibilità di smantellamento della Costituzione di Weimar, con l’astuzia di non abrogarla mai formalmente. Ciò portò alla considerazione comunemente condivisa che la Costituzione di Weimar abbia portato alla catastrofe tedesca, non avendo previsto il blocco del sistema parlamentare che avrebbe impedito a Hitler di arrivare al potere. Ma, come si vedrà più avanti, non è così.

Quindici anni più tardi, durante la preparazione del Grundgesetz si diffuse ancora la convinzione nel Parlamentarischer Rat che la Costituzione fosse proprio all’origine del fallimento della Repubblica di Weimar, oltre alla situazione economica in forte crisi.

Questo percorso ha condotto all’auto-distruzione della democrazia da un lato e il non rispetto dei valori costituzionali dall’altro, due conseguenze sovrapposte che hanno determinato l’avanzata della dittatura. I limiti reali o presunti della Costituzione di Weimar hanno giocato un ruolo fondamentale nell’elaborazione della nuova Costituzione tedesca, mentre quelli che rappresentavano gli elementi di continuità furono collocati in secondo piano. Si può dire che la Costituzione di Weimar ha dato un impulso negativo durante la stesura della nuova Costituzione, il Grundgesetz.

Il nuovo ordinamento giuridico doveva essere espressione di una volontà politica molto diversa, che si doveva distinguere dall’esperienza precedente; infatti, la preoccupazione maggiore era quella di non riprodurre le condizioni che avevano portato la Germania e gran parte del mondo in un disastro di matrice dittatoriale. Quindi, la Costituzione conteneva precisi e puntuali precetti idonei ad evitare tentativi rivoluzionari e sovversivi, come del resto si è visto con evidenza anche nella Costituzione italiana del 1948[1].

 

Le mancanze e le incongruenze che portarono alla dittatura dove possono essere individuate?

Una prima causa si può attribuire al rapporto tra il Reichstag e il Presidente, entrambi eletti dal popolo, quindi legittimati in modo diretto e per via democratica. Il ruolo del Presidente era stato pensato come bilanciamento delle eventuali degenerazioni del parlamentarismo e gli apparteneva anche la formazione del governo, non al Reichstag.

Il Presidente doveva tener conto dei rapporti di maggioranza all’interno del Reichstag, poiché quest’ultimo era in grado di far cadere il governo attraverso il voto di sfiducia. Da parte sua il Presidente poteva sciogliere il Parlamento, richiedendo l’intervento popolare contro le decisioni del Reichstag, grazie proprio alla Costituzione di Weimar che si basava su elementi di democrazia diretta.

Infatti, in situazioni di necessità ed urgenza la Costituzione affidava i poteri direttamente al Presidente[2]; infatti, in base all’art. 48 della Costituzione di Weimar, il Presidente poteva assumere il potere di legiferare e di sospendere i diritti fondamentali (e qui non posso tacere che la tentazione da parte dei governi di molti Paesi di usare questo potere anche oggi non viene meno, e l’unica garanzia contro questa distorsione democratica è valorizzare il ruolo del Parlamento, unico organo costituzionale sovrano, espressione della pluralità e della libertà democratica). Il Reichstag, in cambio, aveva il potere di richiedere l’abrogazione dei decreti di emergenza, avendo anche l’ultima parola sulle condizioni di necessità ed urgenza, sempre che la legislatura proseguisse per il tempo stabilito.

La critica più forte è stata quella di far confluire sul Presidente sia gli ampi poteri di emergenza, sia il potere di sciogliere il Parlamento. Ecco la causa del venir meno di quel principio di equilibrio formato da pesi e contrappesi che è alla base delle garanzie costituzionali attuali. Troppe volte il Reichstag si è sottratto alla propria responsabilità, sbilanciando i poteri verso il Presidente; infatti, per esempio, ogni atto del Reichstag deliberato a maggioranza qualificata poteva modificare la Costituzione senza i dovuti limiti sostanziali e procedurali, come quelli previsti dal nostro art. 138 Cost.

Vi era un sistema di “confusione giuridica”, che consentiva lo smantellamento della democrazia proprio attraverso strumenti legali ed era molto difficile liberarsi di partiti anti-sistema dal processo democratico. Poi vi fu anche la concausa di un sistema elettorale che favoriva la frammentazione dei partiti.

Lo strumento della delega parlamentare non aveva limiti, così nel 1933 il meccanismo Ermächtigungsgesetz consentì di prendere il potere in modo legale a Hitler e ai suoi seguaci. Quello che non era stato considerato, era la previsione di un potere di preminenza dei diritti fondamentali e di una giurisdizione costituzionale in grado di difendere il rispetto di questi diritti, dandone garanzia ad ogni persona.

Si può notare una certa distanza tra l’interpretazione della Costituzione di Weimar e quella del Grundgesetz, quando si tratta della valorizzazione dei diritti fondamentali sotto un profilo non solo giuridico ma anche simbolico. Infatti, questi diritti non sono più collocati nella parte finale della Costituzione, come in quella di Weimar, ma all’inizio, e ciò rafforza la loro importanza. Viene a modificarsi anche la concezione dello Stato di diritto, che non si esaurisce nel principio di legalità, cioè di conformità alla legge, ma si definisce sulla base del carattere sostanziale delle norme che contengono i principi dello Stato e i diritti fondamentali. Infatti, questi sono protetti dalla Costituzione e non sono modificabili.

Anche sul piano organizzativo, con il Grundgesetz è stato superato il dualismo tra Reichstag e Presidente, creando una vera democrazia parlamentare, in cui il Presidente federale mantiene solo poteri rappresentativi che non possono in alcun modo interferire con quelli legislativi. Anche i provvedimenti d’urgenza non sono più previsti come prima, ma inquadrati come potere eccezionale del governo.

Il vecchio art. 48 WRV non ha più avuto seguito nel Grungesetz e il Parlamento non si pone più come organo in concorrenza con il Presidente federale, né con il popolo, ma è espressione della volontà popolare e della sua sovranità. Il principio di separazione dei poteri si fa strada, delineando l’ambito governativo e legislativo, prevedendo anche un voto di sfiducia costruttivo, konstruktive Misstrauenvotum, che impedisce la revoca senza la formazione di un nuovo governo. Anche la delega del potere legislativo è possibile, ma con forti limitazioni dovute al periodo storico in cui queste trasformazioni istituzionali avvengono e a garanzia del processo democratico.

Nella Costituzione di Weimar emergeva una propensione al “relativismo”, che lascia il posto ad una democrazia nascente ma dai principi fermi e non negoziabili. La politica deve porre gli argini contro i poteri anti-sistema, attraverso l’azione politica che trova appoggio nei principi enunciati dalla Costituzione. Si istituisce un Tribunale costituzionale federale, Bunderverfassungsgericht, che con ampi poteri agisce a tutela della Costituzione, e che nell’atto fondativo ricorda il motto: Bonn ist nicht Weimar[3].

Ma a questo punto, analizzando le due Costituzioni, sorge un dubbio interpretativo di non poco conto. È proprio vero che il Grundgesetz sia migliore? La perplessità viene dal fatto che gli elementi della Costituzione di Weimar sono stati considerati la causa del fallimento della democrazia e la conseguente ascesa al potere di Hitler; ma ad un’attenta osservazione i principi di questa Costituzione sono simili e rintracciabili in molte Costituzioni dell’epoca, senza che abbiano costituito il presupposto per conseguenze disastrose, spianando la strada a velleità dittatoriali.

Anche nella Costituzione di Weimar ci si poneva il problema di bilanciare i poteri, soprattutto quelli d’urgenza del Capo dello Stato con quelli del Parlamento. Il dualismo Parlamento - Capo dello Stato, entrambi legittimati dal popolo, trae le sue origini dagli esempi degli Stati Uniti d’America, dove però il problema è stato risolto subito attraverso pesi e contrappesi negli Emendamenti costituzionali federali.

Nella Repubblica di Weimar, per esempio, i partiti politici potevano essere vietati, come del resto nel Grundgesetz ma in modo molto meno rigoroso. Tutte le Costituzioni dell’epoca, ad eccezione di quella americana, davano un rilievo scarso ai diritti fondamentali, mettendo le varie Corti in grado di difendere più le leggi che non i diritti, con grave pericolo per la democrazia.

Ricordiamo che il diritto nasce prima di ogni legge e la legge regola il diritto ma non lo crea. Nemmeno la Costituzione può creare il diritto, ma lo tutela attraverso i meccanismi di garanzia che bilanciano i poteri degli organi costituzionali, impedendo che un potere possa pregiudicare l’efficacia di un altro potere.

Solo gli USA avevano già una Corte Costituzionale, e dalla fine della prima guerra mondiale anche l’Austria (Hitler proveniva dall’Austria). Questi elementi di discussione non permettono di affermare che il fallimento della Repubblica di Weimar fosse da imputare in modo assoluto alle omissioni costituzionali, ma ad altre ragioni che proviamo ad approfondire.

Nel primo periodo della repubblica federale sono stati dichiarati illegittimi solo due partiti e solo le associazioni contrarie alla Costituzione sono proibite, in virtù dell’art. 9, 2c., GG. Non vi è mai stata la necessità di proteggere i poteri del Parlamento; il voto di sfiducia costruttiva è stato utilizzato due volte, una con successo e una senza successo, ma senza provocare il rischio di una maggioranza “distruttiva” che l’art. 76 GG doveva impedire nel caso fosse stato necessario. Non si è mai verificato il caso di governo vacante, non essendosi riprodotte le condizioni di Weimar. I poteri di emergenza, introdotti prima del 1968 dal GG per evitare il “pericolo Weimar”, non sono mai stati utilizzati. Tutto questo dimostra come il GG abbia messo in campo le risorse necessarie per difendersi dai pericoli che avevano sopraffatto la Repubblica di Weimar.

 

Fattori decisivi per il Grundgesetz (GG)

Anche altri fattori importanti incidono sul successo o meno della Costituzione.

La Costituzione di Weimar, approvata con ampia maggioranza nel 1919, fu messa in discussione già nelle elezioni del 1920, in cui i partiti che l’avevano sostenuta persero la maggioranza; la causa principale era dovuta alle misure restrittive contenute nel Trattato di pace di Versailles, che i partiti avevano dovuto accettare tout court e che comportarono un’impronta negativa sulla democrazia disegnata da Weimar. Il pericolo fu quello di arginare i tentativi da parte di una certa politica di seguire modelli come quello sovietico, con il desiderio di abbandonare del tutto lo spirito democratico repubblicano, che invece altra parte politica cercava di rafforzare.

Nei quattordici anni di Weimar si sono succeduti ben venti governi, che però duravano poco (i più lunghi furono solo due che durarono due anni, gli altri pochi mesi), avendo come obiettivo principale quello di appoggiare il Presidente nei suoi poteri di emergenza, rivelatisi poco efficaci e che hanno prodotto le condizioni favorevoli all’ascesa di Adolf Hitler.

Anche se all’inizio non si può dire che vi si stato un grande entusiasmo per il GG, successivamente la società civile prese coscienza della nuova Costituzione, fino a modificare completamente il giudizio sul GG, manifestando un vero e proprio “orgoglio” costituzionale[4].

Nel movimento del 1968 non fu messo in discussione il GG, ma vennero rivolte critiche alle promesse, idee o forse illusioni contenute nel GG che non erano ancora state realizzate; qualche partito politico, che aveva manifestato contrarietà al GG, non raggiunse mai i voti necessari per entrare nel Bundestag, ciò a garanzia del consolidato ordinamento giuridico-democratico che rappresentava il punto fermo per la politica del tempo. La crescente fiducia nella politica era in gran parte dovuta a partiti che non si ispiravano più a ideologie e dogmi, ma partiti “popolari”, cioè come diretta espressione della volontà del popolo.

Ma la repubblica federale non ha sempre avuto uno sviluppo omogeneo e armonico, facendo emergere negli anni contrasti tra i partiti e la soluzione di questi conflitti si è manifestata nella cornice costituzionale, che ha saputo governare con strumenti idonei le intemperanze della politica. Il Tribunale costituzionale federale è stato la sede istituzionale più autorevole per la risoluzione dei conflitti, dando stabilità alle procedure, cosa che è mancata nella Costituzione di Weimar.

Sorge un interrogativo.

Se ci fosse stato un GG in Weimar, sarebbero cambiate le cose? Otto Mayer scriveva nel 1924 nell’introduzione alla terza edizione del suo Diritto Amministrativo: “dalla seconda edizione del 1914 ad oggi non è accaduto niente di rilevante sul piano giuridico, il diritto costituzionale passa, il diritto amministrativo resta”[5]. Quindi, si può dire che la Costituzione di Weimar conteneva elementi di grande novità sul piano giuridico, ma non vi è stata la capacità interpretativa di leggere questi elementi nel modo corretto e soprattutto vantaggioso per la collettività.

I giovani docenti di diritto pubblico che si erano costituiti in un movimento si orientavano verso una lettura in senso materiale della Costituzione, ma la cosa non ha avuto seguito; infatti, dopo il 1933, loro che avevano conosciuto la Costituzione di Weimar solo alla fine, si sono addirittura dimostrati favorevoli ai principi del nazionalsocialismo, che con i suoi schemi rivoluzionari ha coinvolto il pensiero accademico dominante verso la scelta autoritaria. 

L’interpretazione formale differenziava la Costituzione rispetto alla legge ordinaria solo per la maggioranza richiesta dei due terzi per la sua revisione, non ponendosi il problema del procedimento aggravato, che invece avrebbe tutelato in modo più rigoroso i principi costituzionali dello Stato. Con una maggioranza qualificata era quindi possibile modificare gli articoli della Costituzione, in quanto la democrazia veniva, secondo quell’interpretazione, garantita in modo sufficiente dal semplice principio della maggioranza[6]. Questo consentiva in qualunque momento della vita politica di poter mettere in pericolo la democrazia, intervenendo proprio sulla Costituzione, che resta l’unica difesa che l’ordinamento giuridico di una nazione può esercitare per evitare conseguenze fuori controllo.

Anche la visione dello stato di diritto era formale. La dottrina positivistica del diritto pubblico si riduceva al solo principio di legalità, non prevedendo la possibilità di sollevare, di fronte ad un organo giurisdizionale e costituzionale di garanzia, questioni in contrasto con i principi costituzionali. La legge poteva limitare, in modo del tutto arbitrario, anche l’esercizio dei diritti fondamentali, come la libertà, la proprietà, … avendo una concezione di questo tipo, il diritto finiva per essere una conseguenza della legge anziché essere il suo presupposto naturale, svuotando di significato il precetto costituzionale.

Anche nei tempi in cui viviamo dobbiamo stare molto attenti ad usare il criterio dell’emergenza, perché un suo uso eccessivo, e a volte ingiustificato, può alimentare un senso condiviso di inutilità del Parlamento, con conseguenze non sempre gestibili nell’ambito della democrazia partecipativa.

Con l’avvento del GG queste interpretazioni rigidamente formali sono state, per fortuna, abbandonate. La giurisprudenza costituzionale si è orientata verso un’interpretazione in senso materiale della nuova Costituzione, facendo prevalere la visione sostanziale e sistematica del GG, in cui si ribadisce che sono le norme costituzionali a rappresentare l’espressione giuridica dei valori fondamentali. Il divenire continuo della realtà sociale deve trovare sempre una sua identificazione nei principi costituzionali, e questa deve essere l’impostazione metodologica che conferisce alla giurisprudenza costituzionale un carattere dinamico, indispensabile per far fronte ai continui mutamenti sociali.

L’esperienza di Weimar è stata letta in valore assoluto, senza contestualizzare il ragionamento che si è venuto a creare intorno ad essa, giustificando il fallimento della Repubblica di Weimar proprio come conseguenza diretta della sua Costituzione. Ma non è così[7]. Emerge, dopo queste osservazioni, un’opinione più neutrale, contestuale e direi reale dell’esperienza di Weimar; non è stata, come si voleva far credere, una Repubblica indifesa e debole, ma si fa strada l’idea più corretta di una Costituzione sfortunata[8]. Ancora oggi la Costituzione di Weimar gode di ammirazione, avendo operato in condizioni poco favorevoli e dagli esiti imprevedibili, come del resto è capitato al GG dopo il 1949. Le ragioni che ancora oggi sono a favore della Costituzione di Weimar possono essere individuate nella sua capacità di rafforzare l’unità, politica e sociale in un momento storico complesso com’era il 1919, dopo la prima guerra mondiale, che ebbe un esito nefasto per la Germania.

La giurisprudenza del Tribunale costituzionale federale ha aperto nuovi orizzonti più chiari e delineati di quelli di Weimar, che, sfruttando il contesto politico favorevole, ha attribuito ai diritti fondamentali una dogmatica molto più raffinata. Di quest’esperienza ne beneficiano altre realtà mondiali, che si sono ispirate ai principi di libertà e di democrazia sanciti e tutelati nelle più avanzate Costituzioni del quadro internazionale.

 

[1] Si veda in tal senso F. K. Fromme, Von der Weimarer Verfassung zum Bonner Grundgesetz: die verfassungspolitichen Folgerungen des Parlamentarischen Rates aus Veimarer Republik und nationalsozialistischer Diktatur, Tübingen, J.C.B. Mohr, 3 ed., 1999.

[2] Su tutto questo si rifletteva l’esperienza della guerra civile del 1918-1919, che aveva indirizzato la politica verso l’Assemblea nazionale, cioè verso il passaggio da Berlino a Weimar.

[3] Per uno spunto critico si veda F.R. Allemann, Bonn isti nicht Weimar, Köln und Berlin, Kiepenheuer & Witsch, 1956.

[4] A questo proposito si veda D. Sternberger, Verfassungspatriotismus, in FAZ, 23.05.1979; J. Habermas, Eine Art Schadensabwicklung, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1987.

[5] O. Mayer, Deutsches Verwaltungsrecht, Berlin, Duncker und Humblot, vol. 1, 3,  1924, prefazione.

[6] Guardando all’attualità dei nostri tempi, se così fosse saremmo costantemente in pericolo. Infatti, nella nostra Costituzione è stato previsto l’art. 138 che, attraverso una procedura aggravata ad hoc, consente di modificare una gran parte della Costituzione, salvaguardando però, ad esempio, la forma repubblicana, che non è modificabile in modo democratico, ma solo attraverso una rivoluzione che metta in atto dei meccanismi contro i principi stessi che la Costituzione difende e garantisce senza condizioni.

[7] Un interessante lavoro è quello di J. Ipsen, Der Staat der Mitte. Verfassungsgeschichte der Bundesrepublik Deutschland, München, Verlag C.H. Beck, 2009, p. 3.

[8] Così C. Giusy, Weimar-Die wehrlose Republik?, Tübingen, Mohr Siebeck, 1991; D. Grimm, Würdigung yum 80-jähringen Jubiläum, in FAZ, 14.08.1999.